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Benvenuti su Outlook, la newsletter di Repubblica che analizza l’economia, la finanza, i mercati internazionali.

Quello che so sui mercati finanziari e l’economia l’ho imparato lavorando per una delle principali Sim di Piazza Affari, le società che comprano e vendono i titoli in Borsa per i grandi investitori. L’ho portato con me quando sono diventato giornalista di Repubblica dove, tra le altre cose, mi sono occupato di inchieste e grandi scandali come quello di Parmalat, contribuendo a smascherare i suoi bilanci falsi. Ogni mercoledì parleremo di società quotate e no, di personaggi, istituzioni, di scandali e inchieste legate a questo mondo. Se volete scrivermi, la mia mail è w.galbiati@repubblica.it. Buona lettura

Walter Galbiati, vicedirettore di Repubblica

Il fatto che il responsabile della Vigilanza della Federal Reserve, Michael Barr, ne abbia parlato mentre spiegava gli errori che hanno commesso nel vigilare sul caso della Silicon Valley Bank poi fallita, non lascia sonni tranquilli per il settore bancario.

Raccontando di come non sono stati veloci e incisivi nel segnalare i rischi relativi alla banca californiana, a un certo punto del discorso Barr introduce il tema dei prestiti che le banche elargiscono a quegli imprenditori che investono nel costruire, rivendere o affittare gli immobili ad uso commerciale, dagli uffici ai grandi magazzini, prestiti che il gergo finanziario anglosassone abbrevia in CRE, Commercial Real Estate debt.

Un nuovo rischio per il sistema bancario. Barr li indica come un settore finito sotto osservazione della vigilanza che vuole capire 1) “il modo in cui le banche segnalano il rischio” internamente e 2) se “accantonano in modo appropriato e dispongono di capitale sufficiente per tamponare potenziali perdite future sui prestiti CRE”.Come dire che la prossima mina che potrebbe nuovamente intaccare le fondamenta del sistema bancario statunitense, dopo la crisi di liquidità delle banche regionali, arriva ora dal settore immobiliare.

Elon Musk e Benko. I segnali, anche evidenti, ci sono già stati. A metà dello scorso anno, dopo i disastrosi conti seguiti all’acquisto di Twitter, Elon Musk ha smesso di pagare gli affitti per diverse sedi della rinominata X, tra New York e San Francisco, lasciando qualche buco nei conti di Jp Morgan e Goldman Sachs.

In Europa, ma con riflessi anche negli Usa, il caso più eclatante è stato quello dell’immobiliarista austriaco Rene Benko, finito in bancarotta, trascinando con sé il destino di immobili di prestigio come il grattacielo Chrysler di New York, Selfridges di Londra, il grande magazzino sulla Oxford Street, e il KaDeWe di Berlino.

Le cause della debacle immobiliare. Il rialzo dei tassi sta mettendo in ginocchio il settore immobiliare commerciale, soprattutto le società che hanno fatto ampio ricorso alla leva finanziaria. I margini si sono compressi per il rialzo degli interessi da pagare, ma anche per l’aumento dei costi prima energetici e poi di materiali legati all’inflazione, in un mercato in cui la domanda e la liquidità è andata assottigliandosi sempre più. Il calo delle compravendite ha reso difficile il disimpegno da situazioni in cui la tensione finanziaria ha iniziato a farsi sentire. E i primi fallimenti hanno bussato alla porta.

Il campanello d’allarme della Fdic. Tutto questo si riflette – e qui arrivano le preoccupazione dei regolatori – sulla salute delle banche, anche quelle sistemiche, capaci quindi di condizionare l’economia dei Paesi in cui operano. Negli Stati Uniti la fotografia della situazione è stata scattata dalla Federal Deposit Insurance Corporation, la società governativa che assicura i depositi bancari fino a 250mila dollari e svolge anche la sorveglianza sul settore.

E non ne è uscita una bella immagine perché i prestiti immobiliari commerciali in sofferenza hanno superato le riserve che le maggiori banche statunitensi hanno messo da parte per far fronte ad eventuali perdite, dopo un forte aumento dei ritardi di pagamento legati a uffici, centri commerciali e altre proprietà.

Le sei grandi banche Usa. Le riserve medie di JPMorgan Chase, Bank of America, Wells Fargo, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley sono scese da 1,60 a 90 centesimi di dollari per ogni dollaro di debito immobiliare commerciale su cui il mutuatario è in ritardo di almeno 30 giorni. Nel 2023 il debito immobiliare commerciale in ritardo per le sei grandi banche è quasi triplicato, raggiungendo i 9,3 miliardi di dollari.

L’intero settore. In tutto il settore bancario statunitense il debito immobiliare è più che raddoppiato raggiungendo i 24,3 miliardi di dollari, rispetto agli 11,2 miliardi dell’anno precedente. Secondo i dati della FDIC, le banche statunitensi detengono attualmente 1,40 dollari di riserve per ogni dollaro di prestiti immobiliari commerciali in sofferenza, rispetto ai 2,20 dollari di un anno fa, e si tratta della copertura più bassa che le banche hanno avuto per assorbire potenziali perdite di prestiti immobiliari commerciali in più di sette anni.

Il caso della New York Community Bank. Il primo istituto a farne le spese è stata la New York Community Bank, che all’inizio di febbraio ha dimezzato il suo valore in Borsa dopo aver dichiarato centinaia di milioni di perdite potenziali non rivelate in precedenza nel suo portafoglio di prestiti immobiliari commerciali. Moody’s l’ha declassata a junk, spazzatura. Giusto un anno fa, il 10 marzo la Silicon Valley Bank arrivò al fallimento in una settimana dopo aver annunciato la fuga di molti correntisti. Al momento non sta avvenendo nulla di tutto questo, ma le perdite sui bilanci delle banche potrebbero diventare significative nei prossimi mesi, soprattutto se non sono stati fatti gli accantonamenti necessari.

Accantonamenti e morosità. Il timore degli osservatori è che le banche non siano state sufficientemente prudenti, perché in genere le riserve vengono costituite basandosi sui tassi di perdita storici, che per il real estate sono bassi, mentre in questo caso ci si sarebbe dovuto basare sul tasso di morosità.

Bank of America ha dichiarato in un documento della Fdic che le morosità sui prestiti legati a uffici, appartamenti e altri edifici non residenziali sono aumentate del 50% nell’ultimo trimestre dello scorso anno, raggiungendo i 2,1 miliardi di dollari.

Richard Barkham, capo economista globale della società immobiliare commerciale CBRE, ha dichiarato al Financial Times che nei prossimi cinque anni le banche potrebbero perdere fino a 60 miliardi di dollari sui prestiti immobiliari commerciali deteriorati, circa il doppio dei 31 miliardi di dollari che, secondo BankRegData, sono stati messi a riserva per queste perdite.

E in Europa? Anche la Bce è preoccupata della situazione, ma non crede che si possa arrivare a una crisi sistemica, sebbene il rischio che il contagio si ampli ad altri settori esista. “Le banche – scrivono gli esperti di Francoforte nel Financial Stability Review dello scorso novembre – hanno circa il 10% dei prestiti esposti al settore CRE. Benché la dimensione relativamente limitata dei portafogli CRE delle banche implichi che è improbabile che da soli portino a una crisi sistemica, potrebbero tuttavia svolgere un ruolo di amplificazione significativo in caso di stress di mercato più ampio”.

Chi rischia. Secondo i dati dell’Autorità bancaria europea relativi al terzo trimestre 2023, sono le banche francesi e tedesche ad avere il maggior numero di prestiti immobiliari commerciali nell’Unione Europea, mentre sono quelle tedesche ad avere la quota più alta di esposizione transfrontaliera.

Qualche nome. La tedesca Deutsche Pfandbriefbank ha visto crollare le sue obbligazioni dopo aver dichiarato di aver aumentato gli accantonamenti a causa della “persistente debolezza dei mercati immobiliari”, mentre Deutsche Bank ha registrato accantonamenti per perdite nel settore immobiliare commerciale statunitense più che quadruplicate rispetto all’anno precedente. L’istituto ha avvertito che il rifinanziamento rappresenta il rischio maggiore per il settore in difficoltà, in quanto il valore degli asset è in calo. La Bce stima una perdita del valore del Nav (Net asset value) del 30%.

 

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