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Quali sono le normative locali e nazionali che disciplinano le regole di pagamento della Tari per i rifiuti. In questo caso ci occuperamo della Tari domestica ovvero per case singole (Villette) con relative pertinenze (box, garage, cantine, giardini) e appartamenti condominiali.

Introduzione alla TARI: Definizione e Principi Base

La TARI, acronimo di Tassa sui Rifiuti, è un tributo istituito con la Legge 27 dicembre 2013, n. 147, noto anche come Legge di Stabilità 2014. Questo tributo è destinato a coprire i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani e deve essere pagato da chiunque possieda o detenga, a qualsiasi titolo, locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani.

Il calcolo di tale imposta si basa sul principio della proporzionalità: l’importo dipende, infatti, dalla superficie dei locali e delle aree e dalla loro destinazione d’uso. Per le utenze domestiche, la tariffa si basa su una quota fissa e una quota variabile, quest’ultima dipendente dal numero di componenti del nucleo familiare.

Per le utenze non domestiche (ad esempio, negozi, uffici e attività commerciali), per il calcolo della TARI si considera, oltre alla superficie, la tipologia di attività svolta e la conseguente produzione di rifiuti. In questo caso, la tariffa è modulata sulle categorie merceologiche definite dal regolamento comunale, spesso basate sul modello del D.P.R. 158/1999.

Il regolamento per la TARI viene deliberato annualmente dai Comuni entro determinati termini, e ogni variazione deve essere adeguatamente pubblicata e comunicata ai cittadini. Ai sensi della normativa vigente, l’obbligo di pagamento si estende non solo ai proprietari di immobili, ma anche a coloro che li detengono per un periodo superiore a sei mesi.

Cosa è la TARI per proprietà private e perchè esiste

La TARI per le proprietà private è un tributo che interessa tutti i possessori o utilizzatori di case e altre immobili e si paga su tutti gli immobili, comprese le prime case, a condizione che siano suscettibili di produrre rifiuti. 

Il motivo principale di istituzione della TARI è quello di finanziare il servizio di raccolta, trasporto, riciclo e smaltimento dei rifiuti. La tassa garantisce le risorse necessarie per mantenere pulite e igieniche le città, coprendo i costi operativi e infrastrutturali di questo servizio essenziale. Inoltre, include l’acquisto e la manutenzione di attrezzature come bidoni e camion della nettezza urbana.

Per le abitazioni, la tariffa si basa sulla superficie dell’immobile e sul numero dei componenti del nucleo familiare. Questo sistema permette di suddividere i costi tra tutti gli utilizzatori del servizio, rendendolo sostenibile.

I Comuni possono prevedere riduzioni o esenzioni per particolari categorie di utenti, come le abitazioni con un unico occupante o quelle utilizzate a scopo stagionale.

La differenza tra Tari per case e utenze domestiche e la Tari per utenze commerciali

Da subito cerchiamo di comprendere cosa si intende per utenze domestiche e commerciali in riferimento alla Tari. Le prime comprendono tutte quelle superfici che sono predisposte ad abitazioni civili e pertinenze e che si applicano a case, villette, appartamenti, giardini, terrazze, e tutte le altre pertinenze.

Le utenze commerciali sono, invece, quelle legate alle varie attività industriali, professionali, artigianali e commerciali.

La tassa per le utenze domestiche e le utenze commerciali si differenzia principalmente per i criteri di calcolo e per la struttura tariffaria applicata. Quando si parla di utenze domestiche, la tariffa considera due componenti principali: la quota fissa e la quota variabile. La quota fissa viene calcolata in base alla superficie dell’abitazione e delle eventuali pertinenze (come box, cantine e soffitte), mentre la quota variabile dipende dal numero di componenti del nucleo familiare.

Per le utenze commerciali, invece, il calcolo della TARI si basa su parametri leggermente diversi. Anche in questo caso esistono una quota fissa e una quota variabile, ma queste vengono determinate in funzione della superficie dei locali e della categoria merceologica dell’attività. Ad esempio, un ristorante genererà una quantità di rifiuti diversa rispetto a un negozio di abbigliamento, e di conseguenza, avranno tariffe differenti. Le categorie merceologiche sono disciplinate dal D.P.R. 158/1999.

Anche le modalità di pagamento cambiano per le due tipologie di utenze. Se, infatti, le famiglie solitamente ricevono avvisi di pagamento annuali suddivisi in rate, con la possibilità di utilizzare bollettini postali, modelli F24 o sistemi di pagamento elettronico come PagoPA, per le utenze commerciali, si attivano le procedure di autoliquidazione e molti comuni offrono servizi online per agevolare questo processo.

Come funziona la Tari per le utenze domestiche

La TARI per le utenze domestiche si calcola principalmente su due elementi: la superficie dell’immobile e il numero di componenti del nucleo familiare. La tariffa è infatti suddivisa in una quota fissa e una quota variabile. La prima viene determinata moltiplicando la superficie calpestabile dell’immobile, comprensiva delle eventuali pertinenze come box, cantine e soffitte, per una tariffa al metro quadro stabilita dal comune.

La quota variabile dipende, invece, dal numero degli abitanti dell’immobile. Più alto è il numero di componenti del nucleo familiare, maggiore è l’importo dell’imposta da pagare.

Per effettuare il pagamento della TARI, i comuni inviano generalmente degli avvisi di pagamento annuali suddivisi in più rate. Gli avvisi contengono tutte le informazioni necessarie per effettuare il versamento, incluso il modello F24 precompilato. È possibile pagare tramite bollettino postale, presso gli sportelli bancari e postali o anche direttamente online utilizzando le piattaforme di pagamento, come PagoPA.

Il calcolo della TARI per le utenze domestiche può cambiare annualmente in base a quanto deliberato dai singoli Comuni, che decidere le aliquote di pagamento da applicare.

Da parte loro, i contribuenti devono sempre comunicare al Comune di residenza ogni variazione significativa che possa influire sul calcolo della tassa, come ad esempio una modifica nel numero degli abitanti o eventuali ristrutturazioni che comportino variazione della superficie tassabile.

Come simulare e calcolare la Tari prima dell’acquisto di una casa e pertinenze

Simulare e calcolare la TARI prima dell’acquisto di una casa, che sia la prima o la seconda, e delle relative pertinenze è un passo importante per stimare con precisione i costi futuri da sostenere. Per farlo, è necessario seguire alcuni passaggi fondamentali e fare riferimento alle delibere comunali che stabiliscono le tariffe vigenti.

Il primo passo consiste nel verificare la superficie imponibile dell’immobile, che comprende la superficie calpestabile dell’abitazione e delle pertinenze come box, garage, cantine e soffitte, che si ottiene dalla visura catastale della casa.

Dopodicchè bisogna consultare le tariffe TARI del Comune in cui si trova l’immobile, e che sono reperibili sul sito ufficiale del Comune di residenza o presso l’ufficio tributi; quindi si può procedere al calcolo. 

Per calcolare la quota fissa, si deve moltiplicare la superficie imponibile per la tariffa unitaria stabilita dal comune. Ad esempio, se la tariffa fissa è di 1 euro al metro quadro e la superficie totale è di 100 metri quadri, la quota fissa sarà pari a 100 euro.

Per la quota variabile, è necessario considerare il numero dei componenti del nucleo familiare. Se si sa, dunque, quanti membri vivranno in una casa, allora la simulazione si può effettuare. In caso contrario, si può effettuare solo una stima approssimativa del costo.

Si possono, comunque, utilizzare numerosi strumenti online messi a disposizione dai siti istituzionali dei Comuni o da siti specializzati che permettono di effettuare una simulazione del calcolo della TARI.

La tari si paga anche su pertinenze come box, cantina e giardino di una casa? E come si calcola in questi casi

La TARI si paga anche sulle pertinenze di una casa, come box, garage, cantine e giardini. In questi casi, il calcolo segue regole specifiche che possono variare leggermente da comune a comune. Le pertinenze, infatti, sono considerate come parte integrante dell’abitazione e la loro superficie viene sommata a quella della casa principale per determinare l’importo della TARI.

Per le pertinenze coperte, come box, garage, cantine, la superficie viene inclusa nel calcolo della quota fissa della TARI, per cui i metri quadri delle pertinenze si aggiungono a quelli dell’abitazione principale. Ad esempio, se la superficie della casa è di 80 metri quadri e quella del box è di 20 metri quadri, il totale su cui calcolare la quota fissa sarà di 100 metri quadri.

Anche le aree scoperte, se considerate pertinenziali all’abitazione, sono generalmente incluse nel calcolo della TARI, a meno che non siano inutilizzabili. 

La quota variabile, invece, si basa sul numero di componenti del nucleo familiare, compresi i conviventi.

Che cos’è la dichiarazione Tari?

La dichiarazione TARI è un documento amministrativo che ogni contribuente deve presentare al Comune dove si trova l’immobile in cui dimora in maniera abituale e serve a comunicare tutte le informazioni necessarie per calcolare l’importo dell’imposta. La presentazione della dichiarazione è obbligatoria, deve essere effettuata entro specifici termini previsti dalla normativa vigente e deve riportare:

  • i dati anagrafici del contribuente (nome, cognome, codice fiscale, residenza);
  • l’indirizzo dell’immobile soggetto alla TARI;
  • la tipologia di uso dell’immobile (abitazione principale, seconda casa, uso commerciale, ecc.);
  • la superficie calpestabile dell’immobile e delle eventuali pertinenze;
  • il numero dei componenti del nucleo familiare o degli utilizzatori dell’immobile;
  • le eventuali esenzioni o agevolazioni richieste (ad esempio, per abitazioni con un unico occupante).

La dichiarazione per la TARI si deve generalmente presentare entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui è iniziato il possesso o la detenzione dell’immobile. Tuttavia, questa scadenza può variare leggermente in base ai regolamenti comunali, quindi è sempre consigliabile verificare le disposizioni locali.

Il mancato invio della dichiarazione TARI può comportare sanzioni amministrative. Inoltre, deve essere sempre aggiornata in caso di variazioni significative, come un cambio di residenza, l’acquisto o la vendita di un immobile, o la modifica del numero di componenti del nucleo familiare. Ogni variazione deve essere comunicata sempre entro il 30 giugno dell’anno successivo al cambiamento.

Molti comuni offrono la possibilità di presentare la dichiarazione TARI attraverso portali online, semplificando così il processo per i cittadini. 

Chi e quando si deve presentare la dichiarazione Tari

La dichiarazione TARI deve essere presentata da tutti coloro che posseggono o detengono a qualsiasi titolo un immobile o un’area assoggettabile al tributo, quindi da proprietari, usufruttuari, locatari e comodatari. È importante notare che l’obbligo di presentare la dichiarazione vale sia per le utenze domestiche e sia per quelle non domestiche, come negozi, uffici e attività commerciali.

Oltre alla dichiarazione iniziale, è obbligatorio presentare una nuova dichiarazione in caso di variazioni significative che possono influire sul calcolo della TARI, come una modifica del numero di componenti del nucleo familiare, o nel caso di lavori di modifica strutturale che incidono sulla superficie imponibile, o di cessazione del possesso o della detenzione dell’immobile.

La dichiarazione può essere presentata presso gli uffici tributi del Comune di competenza o sui siti degli stessi Comuni. 

Cosa succede se non viene fatta la dichiarazione Tari quando è obbligatoria? Rischi, multe e sanzioni

La mancata presentazione della dichiarazione TARI, nei casi in cui è obbligatoria, comporta diversi rischi e conseguenze per i contribuenti. Il primo è certamente rappresentato da multe e sanzioni amministrative. 

La sanzione per omesso o tardivo invio della dichiarazione TARI può variare a seconda dei regolamenti comunali, ma generalmente si attesta su una percentuale dell’importo dovuto o su un importo fisso. La sanzione minima prevista dalla legge nazionale è del 100% dell’importo non dichiarato, a partire da un minimo di 50 euro. Tuttavia, alcuni comuni possono applicare sanzioni aggiuntive.

Insieme alle sanzioni pecuniarie, la mancata dichiarazione Tari può portare ad accertamenti d’ufficio da parte di funzionari comunali proprio per determinare l’imposta dovuta. 

In casi estremi, la mancata presentazione della dichiarazione TARI e il mancato pagamento dell’importo dovuto possono portare all’iscrizione a ruolo coattivo, procedimento attraverso il quale il comune delega la riscossione a un agente della riscossione, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. L’agente della riscossione può avviare anche azioni esecutive come il pignoramento dei beni, il fermo amministrativo dell’auto o, in casi più gravi, l’ipoteca sull’immobile.

Chi deve fare la voltura della Tari? In quali casi? Costi, tempistiche e cosa si rischia se non si fa

La voltura della TARI è un’operazione obbligatorio quando cambia il soggetto responsabile del pagamento del tributo su un immobile. Questo avviene in vari casi, tra cui la vendita di un immobile, la cessazione o l’inizio di un contratto di locazione, il subentro in un immobile ereditato o qualsiasi altro trasferimento di possesso o detenzione del bene.

L’obbligo di effettuare la voltura spetta al nuovo detentore o possessore dell’immobile e prevede la compilazione di un modulo specifico disponibile presso gli uffici tributi del comune o scaricabile dal sito web comunale. Il modulo, una volta compilato con tutte le informazioni richieste (nuovo intestatario, dati catastali dell’immobile, ecc.), deve essere presentato entro il 30 giugno dell’anno successivo al cambiamento.

Per quanto riguarda i costi, la voltura della TARI è generalmente gratuita e, se non si effettua, si va incontro a sanzioni e multe, sia per il cedente sia per il subentrante.

Come comunicare il cambio di residenza per la Tari ed entro quanto tempo

Il cambio di residenza rappresenta una variazione significativa che deve essere tempestivamente comunicata al comune di riferimento per la corretta gestione della TARI. Il mancato aggiornamento dei dati può comportare errate imputazioni della tassa e potenziali sanzioni per omessa dichiarazione.

Per comunicare il cambio di residenza, bisogna procurarsi il modulo di dichiarazione specifico, che è generalmente disponibile presso l’ufficio tributi del comune o scaricabile dal sito web comunale, e poi inserirvi le informazioni richieste, come:

  • i dati anagrafici del contribuente (nome, cognome, codice fiscale);
  • l’indirizzo precedente e nuovo indirizzo di residenza;
  • il numero di componenti del nucleo familiare e loro variazioni;
  • la data effettiva del cambio di residenza.

Una volta compilato, il modulo deve essere generalmente presentato entro 90 giorni dal cambio di residenza. Precisiamo che è sempre importante conservare una copia della dichiarazione inviata e la relativa ricevuta di presentazione, in modo da avere delle prove in caso di contestazioni future.

Il Calcolo della TARI: Criteri e Modalità

Il calcolo della TARI si basa su criteri specifici e modalità definite dai regolamenti comunali. La tassa è composta da una quota fissa e una quota variabile. La quota fissa dipende dalla superficie dell’immobile, inclusa quella delle pertinenze, mentre la quota variabile è legata al numero di componenti del nucleo familiare per le utenze domestiche o alla categoria d’uso per le utenze non domestiche. Il comune può applicare tariffe diverse in base a questi criteri, prevedendo anche agevolazioni e riduzioni per determinate situazioni.

Determinare la superficie per il calcolo della TARI

La superficie assoggettata alla TARI è fondamentale per calcolare l’importo dell’imposta da pagare e viene determinata in base ai metri quadrati calpestabili dell’immobile, inclusi gli eventuali spazi accessori o pertinenziali, come box, cantine e soffitte utilizzate, se queste non sono esonerate dal regolamento comunale.

Per ottenere la superficie corretta, bisogna controllare la visura catastale dell’immobile, che riporta la superficie catastale utile ai fini TARI. In caso di discrepanze o se la superficie utile non è riportata, si può chiedere un aggiornamento catastale per assicurarsi che i dati siano corretti.

La superficie calpestabile include tutte le parti dell’immobile destinate a uso abitativo o lavorativo, comprese quelle aree interne che sono accessibili e utilizzabili; le pertinenze, come box auto o cantine; e le aree scoperte, come giardini, cortili o terrazze.

È importante che le misurazioni siano precise e in conformità con le norme comunali per evitare errori di calcolo che potrebbero portare a sanzioni o richieste di conguaglio.

Come si calcolano la superfice e i mq per la tari? E quali vengono definiti calpestabili?

Il calcolo della superficie e dei metri quadri di una casa o di altro immobile essenziale ai fini della TARI. Si definisce superficie calpestabile quella che può essere effettivamente utilizzata, escludendo le aree non accessibili o inutilizzabili secondo le specifiche disposizioni del D.P.R. n. 158/1999., e che risulta dalle visure catastali degli immobili.

Per la determinazione della superficie calpestabile, si devono considerare le aree interne all’immobile, escludendo le pareti perimetrali, le murature interne e le zone con un’altezza inferiore a 1,5 metri, come sottotetti e sottoscala, mentre si deve considerare anche qualsiasi area coperta accessibile e utilizzabile, quali stanze, corridoi, bagni e cucine.

Anche le pertinenze, come box e cantine, rientrano nel calcolo della superficie complessiva. Gli spazi aperti come giardini, cortili e terrazze possono essere esentati o tassato con riduzioni secondo i regolamenti comunali.

Un esempio pratico consiste nel misurare ogni stanza con precisione e calcolare la superficie netta. Se una stanza è di 4 metri per 5, la sua superficie sarà di 20 metri quadri. Lo stesso approccio va seguito per altre stanze e pertinenze, sommando poi tutti i valori ottenuti. Assicurarsi che tutti i dati siano coerenti con la planimetria dell’immobile registrata in catasto per evitare errori di calcolo.

La TARI si paga in base sulle persone abitanti in una casa o proprietà?

La TARI si paga non solo in base alla superficie e alla grandezza di un immobile ma anche in base al numero delle persone che abitano nello stesso, secondo il principio della proporzionalità della produzione di rifiuti. Il numero di componenti del nucleo familiare o degli occupanti di una casa servono a determinare la quota variabile per il calcolo totale della Tari da pagare. 

Le informazioni sul numero delle persone che vivono in un immobile vengono di solito acquisite tramite l’anagrafe comunale e devono essere aggiornate dai contribuenti in caso di variazioni significative come il cambio di domicilio, o di nascita di nuovi membri della famiglia, o di altri cambiamenti nella composizione del nucleo familiare.

Il numero di persone occupanti non è, invece, utile e importante ai fini del calcolo della Tari per le utenze non domestiche, come negozi e uffici, perchè si basa su altri parametri, come la tipologia di attività e la superficie utilizzata.

Come si calcola la Tari per utenze domestiche? Ed esempi concreti e reali

Il calcolo della TARI per le utenze domestiche consiste in una combinazione di una quota fissa e una quota variabile, applicate in base alla superficie dell’immobile e al numero di occupanti.

I passaggi da seguire sono, in particolare, i seguenti:

  • determinazione della superficie imponibile, che corrisponde ai metri quadrati calpestabili dell’abitazione, incluse eventuali pertinenze come box, cantine e soffitte, e che si può ottenere dalla visura catastale;
  • calcolo della quota fissa, che si ottiene moltiplicando la superficie imponibile per la tariffa fissa che viene stabilita da ogni singolo Comune ogni anno; 
  • calcolo della quota variabile. che dipende dal numero di componenti del nucleo familiare;
  • applicazione di eventuali riduzioni o agevolazioni, eventualmente stabilite dai Comuni;
  • somma delle quote, da cui si ottiene il totale annuale della TARI dovuta. 

Vediamo ora come si effettua il calcolo attraverso un esempio concreto.

Calcolo della Quota Fissa

Supponiamo di avere un’abitazione di 120 mq situata in un comune che ha deliberato una tariffa di 1,2 euro per mq. La quota fissa si calcola moltiplicando la superficie per la tariffa:

  • Superficie dell’immobile: 120 mq
  • Tariffa fissa: 1,2 euro per mq
  • Quota fissa = 120 mq * 1,2 euro/mq = 144 euro

Calcolo della Quota Variabile

Per la quota variabile, consideriamo un nucleo familiare di 4 persone. Supponiamo che il Comune abbia stabilito la seguente tariffa variabile per le utenze domestiche:

  • 1° componente: 50 euro
  • 2° componente: 40 euro
  • 3° componente: 30 euro
  • 4° componente: 20 euro

La quota variabile risulta quindi:

  • Quota variabile = 50 + 40 + 30 + 20 = 140 euro

Somma delle Quote

Per ottenere il totale della TARI, sommiamo la quota fissa e la quota variabile:

  • Quota fissa: 144 euro
  • Quota variabile: 140 euro
  • TOTALE TARI = 144+140 = 284 euro

Se il comune applica un’addizionale provinciale del 5%, dobbiamo aggiungere questa percentuale al totale:

  • Addizionale provinciale (5%) = 284 * 0.05 = 14,20 euro
  • TOTALE TARI ANNUALE = 284+14,20 = 298,20 euro

In questo esempio, per l’abitazione di 120 mq occupata da un nucleo familiare di 4 persone e sottoposta a un’addizionale provinciale del 5%, la TARI annua risulta di 298,20 euro.

Per le utenze non domestiche, il calcolo della quota variabile segue criteri differenti basati sulla categoria merceologica e sul volume di attività. Ad esempio, per un ristorante che occupa 200 mq e genera una quantità maggiore di rifiuti, le tariffe sono decisamente diverse rispetto a quelle per un negozio di abbigliamento di pari superficie. La quota fissa si calcola, invece, secondo le stesse regole previste per le utenze domestiche, vale a dire moltiplicando la superficie per la tariffa stabilita dal Comune per quella specifica categoria di attività.


 

Calcolo della quota fissa

Il calcolo della quota fissa della TARI si basa sulla superficie calpestabile dell’immobile e delle relative pertinenze. Questa quota è stabilita dal comune attraverso una delibera annuale che definisce le tariffe unitarie applicabili per metro quadro.

La superficie calpestabile può essere ottenuta tramite la visura catastale o la planimetria dell’immobile.

Una volta individuata la superficie, si procede moltiplicando i metri quadri calpestabili per la tariffa unitaria stabilita dal comune. Ad esempio, se il comune ha fissato una tariffa di 1,2 euro per metri quadro e l’immobile ha una superficie calpestabile di 120 mq, il calcolo sarà il seguente:

  • Superficie dell’immobile: 120 mq
  • Tariffa unitaria: 1,2 euro per mq
  • Quota fissa = 120 mq * 1,2 euro/mq = 144 euro

È importante tener presente che la tariffa unitaria può variare a seconda della tipologia d’uso dell’immobile (abitazione principale, seconda casa, uso commerciale, ecc.) e delle delibere comunali, per cui il consiglio è sempre quello di consultarle prima di procedere all’eventuale calcolo.

Inoltre, alcune pertinenze potrebbero essere soggette a tariffe ridotte o esentate dal calcolo della quota fissa, a seconda delle normative locali, e ogni singolo Comune può definire anche riduzioni e agevolazioni da applicare all’importo dell’imposta.

Calcolo della quota variabile

Il calcolo della quota variabile della TARI dipende dal numero di persone che abitano l’immobile e dalla quantità di rifiuti che presumibilmente producono. In questo caso, è, quindi, necessario conoscere il numero di componenti del nucleo familiare, quindi considerare le tariffe stabilite dai Comuni e procedere all’operazione.

Supponiamo che il comune abbia fissato le seguenti tariffe per la componente variabile:

  • 1° componente: 60 euro
  • 2° componente: 50 euro
  • 3° componente: 40 euro
  • 4° componente: 30 euro

Per una famiglia composta da quattro persone, il calcolo sarà il seguente:

  • 1° componente: 60 euro
  • 2° componente: 50 euro
  • 3° componente: 40 euro
  • 4° componente: 30 euro
  • Quota variabile totale: 60 + 50 + 40 + 30 = 180 euro

La somma delle singole tariffe per ogni componente fornisce l’importo totale della quota variabile che deve essere aggiunto alla quota fissa per determinare la cifra complessiva di imposta sui rifiuti da versare.

Per le utenze non domestiche, la quota variabile dipende dalla tipologia d’uso dell’immobile e dalle potenziali quantità di rifiuti prodotti dall’attività svolta. Anche in questo caso è importante verificare annualmente le delibere comunali, nonchè eventuali riduzioni o esenzioni.

Chi deve versare la Tari, chi può avere uno sconto o chi è totalmente escluso dalla tassa sui rifiuti

L’obbligo di versamento e liquidazione della TARI vale per chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo un immobile suscettibile di produrre rifiuti urbani. Sono esonerate le aree non suscettibili di produrre rifiuti e le aree comuni condominiali non detenute in via esclusiva. La normativa locale può, inoltre, prevedere ulteriori sconti con esenzioni o riduzioni.

I soggetti obbligati al pagamento e al versamento della Tari

I soggetti obbligati al pagamento e al versamento della TARI sono tutti coloro che possiedono o detengono a qualsiasi titolo locali o aree scoperte suscettibili di produrre rifiuti urbani.

Per quanto riguarda le utenze domestiche, l’obbligo vale per i proprietari delle abitazioni, o per gli inquilini, nel caso di contratti di locazione di durata superiore a sei mesi, perchè se il periodo di locazione è inferiore a sei mesi, l’obbligo resta del proprietario, o per comodatari o usufruttuari, nei casi di case date in comodato d’uso o in usufrutto. 

Quando si parla di utenze non domestiche, come negozi, uffici e attività commerciali, l’obbligo di pagamento della TARI è sempre del titolare dell’attività che utilizza i locali. Anche in questo caso, se l’immobile è locato, il pagamento spetta al locatario, a meno che il contratto di locazione non preveda diversamente.

In condominio, la TARI è dovuta dai singoli condomini in proporzione alle rispettive quote di proprietà o di utilizzo. Anche le associazioni, gli enti non-profit e altri soggetti particolari sono tenuti al pagamento dell’imposta se possiedono o detengono immobili suscettibili di produrre rifiuti ma possono anche beneficiare di eventuali agevolazioni o esenzioni previste dai regolamenti comunali.

Chi non deve pagare la Tari ed è esonerato

Esistono casi specifici di esenzioni e riduzioni del pagamento della Tari. Sono, in particolare, esenti dal versamento dell’imposta sui rifiuti:

  • le aree non suscettibili di produrre rifiuti, come le case vuote, del tutto disabitate e inagibili che non sono arredati e sono privi di utenze attive;
  • le aree comuni condominiali non detenute in via esclusiva, come androni, scale, portici interni e cortili condominiali che non sono utilizzati esclusivamente da un singolo condomino;
  • coloro che non risultano residenti in un determinato Comune;
  • gli immobili destinati esclusivamente a un uso agricolo; 
  • i fabbricati rurali a uso strumentale; 
  • particolari categorie di soggetti, come gli enti non-profit, le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale;
  • gli immobili che sono adibiti a usi temporanei o stagionali, come le abitazioni utilizzate solo durante l’estate o immobili adibiti ad attività stagionali.

Molti comuni prevedono, inoltre, esenzioni o riduzioni per le famiglie a basso reddito o per situazioni di disagio economico certificato. 

Se la casa è disabitata o vuota si deve pagare la Tari?

L’esonero dal pagamento della TARI per una casa disabitata o vuota dipende da specifiche condizioni. Per evitare di pagare la tassa, bisogna dimostrare la mancanza di arredi e la disattivazione delle utenze (gas, acqua, luce). 

Per legge, infatti, un immobile risulta disabitato se è privo di mobilio e se non sono attive le utenze di gas, acqua ed energia elettrica. In tal caso, il contribuente deve presentare al comune una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, accompagnata dalla documentazione che attesti la disattivazione delle utenze e l’assenza di arredi.

Alcuni comuni potrebbero, inoltre, concedere una riduzione parziale della TARI in presenza di immobili disabitati ma non del tutto privi delle condizioni per poterli abitare.

Come si deve dimostrare che la casa non è abitata per non pagare la Tari

Per dimostrare che una casa non è abitata e inagibile e quindi ottenere l’esonero dal pagamento della TARI, il contribuente deve fornire prove concrete, come specifici documenti che devono essere presentati al Comune per attestare che l’immobile non viene utilizzato e non è in grado di produrre rifiuti.

Bisogna innanzitutto presentare una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà in cui il contribuente dichiara, sotto la propria responsabilità, che l’immobile è disabitato, corredata da ulteriori prove documentali.

Una delle principali prove richieste è l’assenza di arredi nell’immobile. Per certificare questo aspetto, è utile allegare fotografie degli interni che dimostrino l’assenza di mobili e suppellettili. Alcuni comuni potrebbero richiedere un sopralluogo da parte di un funzionario comunale per verificare l’effettiva mancanza di arredi.

Un altro elemento fondamentale è la disattivazione delle utenze. Il contribuente deve presentare le certificazioni di chiusura dei contratti di fornitura di energia elettrica, gas, acqua e altre utenze domestiche, che vengono rilasciati dai fornitori di servizi e attestano che le utenze sono state definitivamente disattivate.

Alcuni comuni possono richiedere, inoltre, la presentazione delle bollette degli ultimi mesi per dimostrare l’assenza di consumi energetici, idrici e di riscaldamento. Tutta la documentazione deve essere presentata all’ufficio tributi del Comune, rispettando le modalità e i termini indicati nel regolamento comunale. 

Quando una casa viene venduta, chi deve pagare la Tari tra il nuovo e il vecchio proprietario?

Quando una casa viene venduta, la responsabilità del pagamento della TARI viene suddivisa tra il nuovo e il vecchio proprietario in base al periodo di possesso dell’immobile. La normativa stabilisce che l’obbligo di pagamento della tassa sui rifiuti si riferisce al periodo di effettivo possesso o detenzione del bene.

Il vecchio proprietario è tenuto a pagare la TARI fino alla data di stipula dell’atto di compravendita, che segna il passaggio di proprietà. Da quel momento in poi, la responsabilità del pagamento del tributo passa al nuovo proprietario. È essenziale che entrambe le parti comunicano tempestivamente al Comune il cambiamento avvenuto.

Per formalizzare il passaggio, il vecchio proprietario deve presentare una dichiarazione di cessazione all’ufficio tributi del comune, indicando la data esatta in cui ha cessato di detenere l’immobile. Allo stesso modo, il nuovo proprietario deve presentare una dichiarazione di inizio possesso, specificando la data a partire dalla quale ha acquisito l’immobile. Queste dichiarazioni permettono al comune di aggiornare i dati catastali e ripartire correttamente la TARI tra i due soggetti.

Nel caso di mancato pagamento del tributo da parte del vecchio proprietario, il comune può rivalersi su entrambi i soggetti se non è stata presentata la comunicazione di cessazione e di inizio possesso. 

Chi la paga la Tari per una casa in affitto, proprietario o inquilino?

La TARI per una casa in affitto è generalmente a carico dell’inquilino. L’inquilino è considerato il soggetto che utilizza l’immobile e, di conseguenza, produce rifiuti. Pertanto, la normativa prevede che sia lui a dover pagare la tassa sui rifiuti durante il periodo del contratto di locazione.

Se il contratto di locazione è di durata inferiore ai sei mesi, l’obbligo di pagamento rimane, però, a carico del proprietario. Questa soluzione deve, però, essere chiaramente esplicitata nel contratto della casa in affitto per evitare eventuali controversie future. In assenza di un accordo specifico, la responsabilità resta all’inquilino.

Chi deve pagare la Tari del defunto, in caso di morte del proprietario della casa? E il ruolo degli eredi

In caso di morte del proprietario di un immobile, l’obbligo di pagamento della TARI passa agli eredi. Essi subentrano nei diritti e negli obblighi del defunto, compreso il pagamento dei tributi locali come la tassa sui rifiuti sin dal momento del decesso del proprietario e fino a quando non avviene il trasferimento della proprietà o la modifica dell’utilizzo dell’immobile.

Gli eredi devono comunicare tempestivamente al comune il decesso del proprietario e il subentro nella titolarità dell’immobile. Questa comunicazione può essere effettuata tramite una dichiarazione sostitutiva da inviare all’ufficio tributi del comune. È importante indicare chiaramente i dati relativi al defunto, compresa la data della morte, nonché le generalità degli eredi e l’eventuale nuovo intestatario della TARI.

Nel caso in cui l’immobile rimanga disabitato dopo il decesso del proprietario, gli eredi possono richiedere una riduzione o l’esonero parziale del tributo, dimostrando l’assenza di utilizzo dell’immobile e l’inattivazione delle utenze. La procedura richiede la presentazione di documenti come certificati di chiusura delle utenze e dichiarazioni attestanti la non abitabilità dell’immobile.

In presenza di più eredi, il pagamento della tassa sui rifiuti sulla casa ereditata può essere suddiviso proporzionalmente e, nel caso di inadempienza, il Comune può rivalersi su uno qualsiasi degli eredi. 

Chi paga la Tari in caso di divorzio o separazione

In caso di divorzio o separazione, la responsabilità del pagamento della TARI dipende dai termini dell’accordo di separazione o della sentenza di divorzio, stabilendo chi rimane nell’abitazione coniugale. Di solito, deve pagare l’imposta chi resta a vivere nella casa coniugale, indipendentemente che sia il proprietario, comproprietario o semplicemente assegnatario della casa.

Dunque, il coniuge a cui viene riconosciuto il diritto di abitare nella casa coniugale ha l’obbligo di pagare la TARI. Se l’accordo di separazione preveda che l’immobile venga venduto e il ricavato diviso tra i coniugi, entrambi potrebbero essere solidalmente responsabili del pagamento della tassa fino al momento della vendita. 

Il coniuge che lascia l’abitazione deve comunicare all’ufficio tributi del comune il cambio di residenza per informare della variazione della composizione del nucleo familiare e interrompere l’obbligo di pagamento dal momento della cessazione dell’occupazione dell’immobile. 

È importante che la relativa dichiarazione venga presentata entro 90 giorni dal cambio di residenza, per evitare addebiti errati e potenziali sanzioni.

Nel caso in cui entrambi i coniugi continuano a risiedere nello stesso immobile anche dopo la separazione, la responsabilità del pagamento della TARI resta congiunta e solidale, per cui entrambi i coniugi sono ritenuti debitori verso il Comune di competenza per l’intero importo della tassa.

Chi paga la Tari tra conviventi che abitano nella stessa casa o in due case diverse

Nel caso di conviventi che abitano nella stessa casa, il pagamento della TARI è condiviso, ma è necessario che uno di essi sia formalmente intestatario del tributo presso l’ufficio tributi del Comune. Solitamente, il titolare del contratto di affitto o di proprietà dell’immobile è anche il soggetto a cui è intestato il pagamento della tassa. 

Il convivente intestatario della TARI deve, però, indicare nella dichiarazione all’ufficio tributi tutti i componenti del nucleo familiare residenti nell’immobile, in modo da permettere al Comune di calcolare correttamente la quota variabile della tassa.

È importante sottolineare che, anche se i conviventi condividono spese comuni, la responsabilità legale del pagamento della TARI ricade su chi è formalmente intestatario presso l’ufficio tributi.

Scadenze di Pagamento e modalità

Le scadenze di pagamento della TARI sono stabilite dai Comuni e solitamente suddivise in rate trimestrali o semestrali. Per quanto riguarda le modalità di pagamento, l’imposta si può versare con bollettino precompilato inviato dal proprio Comune di residenza, o con modello F24, o con MAV, bollettini postali e tramìte PagoPA. 

Quando si deve pagare la Tari durante l’anno? Le date e i periodi

Il pagamento della TARI può avvenire in un’unica soluzione o in diverse rate che, però, variano, sia nel numero e sia nelle date di scadenza. Entrambi vengono, infatti, stabiliti da ogni singolo Comune. In particolare, le rate di versamento possono essere trimestrali, semestrali o in alcuni casi annuali.

Per  esempio, un Comune può prevedere un primo pagamento ad aprile, un secondo pagamento a luglio e un terzo pagamento entro dicembre. 

Generalmente, però, in molti comuni, la prima rata viene fissata intorno al mese di aprile o maggio, la seconda rata a luglio o settembre e la terza rata a dicembre.

In ogni caso, le comunicazioni relative alle scadenze e agli importi da pagare vengono inviate ai contribuenti tramite avvisi di pagamento, che includono i dettagli delle rate, le modalità di pagamento accettate e le specifiche scadenze. È importante controllare attentamente questi avvisi per non incorrere in pagamenti tardivi e sanzioni.

Come pagare la Tari online su Internet

Effettuare il versamento della TARI online è una soluzione comoda e veloce offerta da molti comuni. Questa modalità consente di evitare code agli sportelli e di effettuare il pagamento in qualsiasi momento. Per procedere basta semplicemente accedere al sito istituzionale del proprio comune e cercare la sezione dedicata ai tributi locali, che riporta le informazioni dettagliate sulle modalità di versamento e i link ai portali di pagamento online.

E’ possibile pagare la tassa online anche tramite il portale PagoPA, una piattaforma digitale standardizzata per i pagamenti verso le pubbliche amministrazioni italiane. In questo caso, bisogna inserire i dati di versamento, che sono il codice avviso o il numero di bollettino riportati sull’avviso di pagamento ricevuto dal comune.

In alternativa, si può usare il servizio di home banking della propria banca sempre tramite la sezione dedicata ai pagamenti PagoPA o tributi locali. 

Alcuni comuni utilizzano poi servizi online dedicati proprio per la gestione dei tributi, come Mytax o i portali tributi comunali, che offrono funzionalità analoghe a PagoPA, permettendo di visualizzare i tributi dovuti e pagare direttamente online.

Come pagare la Tari negli uffici preposti e quali sono quelli dove si può versare

La TARI si può versare presso gli uffici preposti che sono, nel dettaglio, i seguenti:

uffici Postali, utilizzando i bollettini precompilati che il comune invia annualmente e in questo caso basta recarsi allo sportello, presentare il bollettino e pagare in contanti, con carta di debito o altri metodi di pagamento accettati;

sportelli Bancari, sempre usando il bollettino precompilato o il modello F24, per cui basta presentare il documento all’operatore bancario e scegliere di pagare in contanti, o con carte di debito, di credito e altre modalità di pagamento previste dalle normative;

uffici Tributi Comunali, dove, oltre a effettuare il pagamento, si possono ricevere informazioni dettagliate sul calcolo della tassa, eventuali agevolazioni e assistenza nella compilazione dei moduli;

tabaccherie e punti vendita abilitati, che utilizzano il circuito SisalPay, Lottomatica o altri sistemi analoghi e dove serve presentare il codice avviso o il numero del bollettino per saldare l’importo dovuto.

Ogni metodo di pagamento prevede comunque il rilascio al cittadino di una ricevuta ufficiale, che deve essere conservata come prova dell’avvenuto pagamento.

Come pagare la Tari con il bollettino

La modalità più semplice di pagamento della Tari sui rifiuti è certamente il bollettino che si riceve direttamente a casa dal proprio Comune e già precompilato con l’importo da pagare, la scadenza e il codice tributo specifico. Prima di effettuare il pagamento, è importante verificare attentamente i dati riportati e che l’importo indicato sia corretto. Nel caso di discrepanze o errori, bisogna contattare l’ufficio tributi del comune per chiarimenti e correzioni.

Il bollettino deve essere pagato presso gli uffici postali o anche presso tabaccherie e punti abilitati, che utilizzano il circuito SisalPay o Lottomatica. Molte banche offrono la possibilità di pagare il bollettino della TARI direttamente tramite il servizio di home banking, accedendo alla sezione dedicata al pagamento dei bollettini, inserendo i dati riportati, confermando la transazione e salvando la ricevuta dell’avvenuto pagamento.

Come pagare la Tari con F24

Pagare la TARI con il modello F24 è una modalità comoda che permette di effettuare il versamento del tributo in maniera sicura e tracciabile. Ecco come procedere.

Il comune invia generalmente un modello F24 precompilato con i dati del contribuente, l’importo da pagare, il codice tributo specifico e le scadenze. Bisogna controllare accuratamente i dati riportati per verificare che siano corretti. In alternativa all’F24 precompilato, si può avere un modulo da compilare e in tal caso bisogna inserire nelle sezioni dedicate i seguenti dati:

  • nella sezione identificativa, codice fiscale e dati anagrafici del contribuente;
  • nella sezione IMU e altri tributi locali, il codice del tributo (3944 per la TARI), l’anno di riferimento, il codice del comune e l’importo da pagare;
  • nella sezione Totali, il totale degli importi a debito versati.

Il pagamento con il modello F24 si può effettuare o direttamente online, o presso le banche o gli uffici postali. È, comunque, importante pagare entro la scadenza indicata per evitare sanzioni e interessi di mora e conserva tutte le ricevute per almeno cinque anni. 

Come pagare la Tari con il Mav

La TARI si può pagare anche tramite MAV (Pagamento Mediante Avviso). Il comune di competenza invia in tal caso un bollettino MAV precompilato che contiene tutte le informazioni necessarie per il versamento, l’importo dovuto e la scadenza del pagamento.

Il Mav si può pagare presso gli sportelli bancari, presso gli uffici postali, tramite home banking, o usando l’App e servizi di pagamento digitali.

Cosa fare se non arriva il bollettino per il pagamento della Tari? Come pagare lo stesso o come fare ad averlo

Se non ricevi il bollettino per il pagamento della TARI, è importante attivarti rapidamente per evitare sanzioni e interessi di mora. Bisogna, infatti, contattare l’ufficio tributi del comune, telefonicamente, tramite email o recandoti direttamente agli sportelli, chiedere informazioni sullo stato dell’invio del bollettino e, se necessario, emetterne un duplicato. 

In alternativa, molti Comuni offrono portali online dove è possibile scaricare direttamente il bollettino TARI. Basta accedere al sito ufficiale del proprio comune e cercare la sezione dedicata ai tributi locali. Dopo aver effettuato il login (spesso utilizzando il codice fiscale e una password o tramite SPID), si può scaricare il bollettino e procedere al pagamento.

In alternativa al bollettino, si può pagare la TARI con il modello F24, disponibile presso gli sportelli bancari e postali o scaricabile dal sito dell’Agenzia delle Entrate, compilandolo inserendo il codice tributo 3944, il codice del comune e l’anno di riferimento e indicando l’importo esatto da pagare.

Inoltre, alcuni comuni inviano il bollettino TARI anche via email, per cui si deve controllare la casella di posta, inclusa la cartella spam, per accertare che il bollettino non sia stato inviato in formato digitale.

Come verificare che l’importo da pagare sia giusto? A chi ci si deve rivolgere?

Verificare che l’importo della TARI sia corretto è un passaggio fondamentale per evitare pagamenti errati e contestazioni future. Ecco come procedere per accertarsi che l’importo da pagare sia giusto e a chi rivolgersi in caso di dubbi:

  • controllare la documentazione ricevuta, quando ricevi l’avviso di pagamento, esamina attentamente tutte le informazioni fornite. Verifica che i dati anagrafici, la superficie dell’immobile e il numero di occupanti corrispondano esattamente alle tue condizioni;
  • consultare il regolamento comunale, perchè ogni comune pubblica annualmente il regolamento e le delibere che stabiliscono le tariffe della TARI e si tratta di documenti che sono solitamente disponibili sul sito ufficiale del comune nella sezione dedicata ai tributi;
  • eseguire un calcolo autonomo, utilizzando i dati forniti nell’avviso e le tariffe presenti nel regolamento comunale. Molti comuni offrono anche strumenti di calcolo online sui loro siti web, dove è possibile inserire i dati dell’immobile e ottenere una stima del tributo dovuto;
  • contattare l’ufficio tributi del comune e fornire il numero di avviso di pagamento e dettagliati resoconti dei tuoi dati catastali in modo che gli operatori possano verificare le informazioni e chiarire eventuali errori;
  • richiedere una verifica ufficiale, che potrebbe includere l’invio di documenti aggiuntivi come visure catastali aggiornate o certificati di residenza per dimostrare eventuali variazioni che potrebbero influire sull’importo della tassa.

Cosa fare se si sbaglia a pagare importo della Tari? Sia di più che meno di importo. Soluzioni

Pagare la TARI con un importo errato può avvenire, sia che si ecceda l’importo dovuto, sia che si versi meno del necessario. Ecco come affrontare entrambe le situazioni e le soluzioni disponibili.

Se hai pagato di più dell’importo dovuto:

  • verifica il pagamento, assicurati di aver realmente pagato un importo superiore a quello indicato nell’avviso di pagamento verificando la ricevuta e confrontandola con l’importo dovuto;
  • contatta l’ufficio tributi, fornendo tutte le prove del pagamento e spiegando l’accaduto. L’ufficio può confermare l’errore e suggerire i passaggi successivi;
  • richiedi il rimborso o, in alternativa, il comune potrebbe proporre di compensare l’importo pagato in eccesso con futuri pagamenti della TARI o di altri tributi locali. 

Se è stato, invece, pagato un importo inferiore rispetto al dovuto, bisogna effettuare un pagamento integrativo entro i termini comunicati per minimizzare eventuali sanzioni.

Se l’errore non viene scoperto immediatamente, si può ricorrere al ravvedimento operoso, una procedura che consente di regolarizzare in modo spontaneo il pagamento tardivo o insufficiente con la riduzione delle sanzioni. Basta contattare l’ufficio tributi per maggiori dettagli e per ottenere il calcolo esatto delle sanzioni ridotte.

Quali sono le agevolazioni e a chi spettano per non pagare la Tari o versarla in modo ridotto

La normativa prevede diverse agevolazioni, esenzioni e riduzioni della TARI per specifiche categorie di contribuenti. Sono, in particolare, previste:

  • agevolazioni per famiglie e persone a basso reddito, e l’importo della riduzione dipende dal valore dell’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) della famiglia richiedente;
  • esenzioni per le abitazioni con un unico occupante, che spesso possono usufruire di una tariffa ridotta, presentando apposita richiesta al comune, solitamente allegando documentazione che provi la residenza singola;
  • riduzioni per utilizzo stagionale, che valgono per le abitazioni utilizzate solo per periodi limitati nell’anno, come le case vacanza, e in tal caso per ottenere la riduzione, bisogna presentare una dichiarazione al comune specificando i periodi di utilizzo dell’abitazione;
  • agevolazioni per compostaggio domestico, alcuni comuni incentivano la riduzione dei rifiuti mediante compostaggio domestico, offrendo sconti sulla TARI ai contribuenti che dimostrano di smaltire autonomamente i rifiuti organici;
  • esenzioni per immobili dichiarati inagibili o inutilizzabili, e in questi casi è necessario presentare un certificato di inagibilità rilasciato dall’ufficio tecnico comunale o da un professionista abilitato;
  • riduzioni per enti no-profit e associazioni di volontariato.

Per conoscere le agevolazioni specifiche disponibili nel proprio comune e le modalità per richiederle, è consigliabile consultare il regolamento comunale sulla TARI o rivolgersi direttamente all’ufficio tributi.

Che cos’è il Bonus Tari? Esiste davvero? E a chi spetta e come funziona?

Il Bonus TARI è un’agevolazione destinata a supportare le famiglie in condizioni economiche disagiate nel pagamento della tassa sui rifiuti. Introdotto con il Decreto Legge n. 124/2019 e attuato dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente), il bonus mira a ridurre l’onere della TARI per i nuclei familiari che soddisfano determinati requisiti.

Il Bonus è destinato alle famiglie che soddisfano specifici requisiti che sono:

  • avere un Isee entro i 9.530 euro che sale a 20mila euro per le famiglie numerose con almeno 4 figli a carico;
  • avere nel nucleo familiare componenti in condizioni di perdita o grave riduzione del reddito per cause particolari, come malattie o disoccupazione.

La misura prevede una riduzione diretta sull’importo da pagare che varia in base al regolamento comunale e può coprire fino al 100% del tributo, a seconda della situazione economica della famiglia richiedente e delle risorse disponibili nel bilancio comunale.

Per ottenere il Bonus, bisogna presentare l’apposita domanda all’ufficio tributi del comune accompagnata dall’attestazione ISEE e da qualsiasi altra documentazione richiesta per dimostrare la situazione economica e familiare. Le scadenze per la presentazione delle domande variano da comune a comune, quindi è importante verificare le date specifiche stabilite dal proprio comune.

Dopo aver presentato la domanda, l’ufficio tributi del comune effettua le verifiche necessarie e comunica l’esito al richiedente. In caso di accettazione, l’importo ridotto della TARI viene riportato direttamente nell’avviso di pagamento.

Se il servizio di raccolta rifiuti e pulizia del Comune non viene fatto bene, si può non pagare la Tari?

In presenza di un servizio di raccolta rifiuti e pulizia del comune inefficiente o non espletato correttamente, i contribuenti devono comunque pagare l’imposta, non possono decidere autonomamente di non pagare. Tuttavia, esistono delle modalità per richiedere una riduzione o un’esenzione parziale del tributo in queste situazioni.

In particolare, per grave violazione del servizio, è prevista una riduzione della TARI fino al 20% che può essere richiesta quando il disservizio è riconosciuto e certificato dall’autorità competente. Per esempio, se il servizio di raccolta rifiuti è interrotto per un lungo periodo senza comunicazioni o giustificazioni adeguate;

Anche per il mancato svolgimento del servizio, è possibile richiedere una riduzione ma il disservizio deve essere documentato e riconosciuto dalle autorità;

Per attivare la procedura di riduzione della TARI dovuta a inefficienze nel servizio, si deve presentare una richiesta formale all’ufficio tributi del comune, accompagnata da prove documentali, come foto, segnalazioni scritte del disservizio, e qualsiasi documento che attesti l’inefficienza del servizio.

In casi estremi dove l’interruzione del servizio di raccolta dei rifiuti provoca danni o pericoli per la salute pubblica, l’autorità sanitaria può intervenire. Se viene riconosciuto un danno o un pericolo di danno alle persone o all’ambiente, l’ufficio tributi può concedere una riduzione significativa o un’esenzione della TARI per il periodo interessato.

Le modalità precise per richiedere la riduzione della tassa in caso di disservizio variano da comune a comune, per cui bisogna sempre consultare il regolamento comunale o contattare l’ufficio tributi per avere tutte le informazioni necessarie e seguire la procedura corretta.

Riduzioni Obbligatorie da parte dei Comuni

I comuni sono obbligati per legge a concedere specifiche riduzioni sulla TARI in determinate circostanze. Queste riduzioni sono stabilite a livello nazionale per garantire equità e scattano per:

  • per mancato svolgimento del servizio;
  • per immobili inagibili o inabitabili;
  • le abitazioni si trovano in zone periferiche non servite dal servizio di raccolta o in aree dove il servizio non viene espletato con regolarità;
  • per la parte variabile in caso di compostaggio domestico;
  • per donazioni agli indigenti, la legge prevede una riduzione della TARI per le utenze non domestiche che donano beni e prodotti ritirati dalla vendita agli indigenti o agli enti di beneficenza. Questa riduzione è proporzionale alla quantità di beni donati e debitamente certificata da documentazione ufficiale.

Per beneficiare di queste riduzioni obbligatorie, i contribuenti devono presentare un’istanza formale al comune, corredata da tutta la documentazione necessaria.

Riduzioni Facoltative che i singoli Comuni e città possono decidere se applicare

Oltre alle riduzioni obbligatorie, i comuni hanno la facoltà di applicare ulteriori riduzioni facoltative per la Tari che sono essenzialmente le seguenti:

  • riduzione per abitazioni con unico occupante;
  • riduzione per utilizzo stagionale degli immobili;
  • riduzione per le attività non continuative;
  • riduzione per il compostaggio domestico;
  • riduzione per soggetti non residenti per la maggior parte dell’anno, come nel caso di immobili posseduti da pensionati che vivono all’estero;
  • riduzione per il numero di figli a carico.

Anche per richiedere una riduzione facoltativa, è necessario presentare una domanda formale all’ufficio tributi del comune, allegando sempre tutta la documentazione richiesta che dimostri la sussistenza della condizione necessaria per usufruire di sconti dell’imposta.

I COMUNI POSSONO APPORTARE MODIFICHE ALLE AGEVOLAZIONI E ALLE RIDUZIONI TARI?

I comuni hanno la facoltà di apportare modifiche alle agevolazioni e alle riduzioni della TARI tramite deliberazioni consiliari. Queste modifiche possono riguardare sia l’introduzione di nuove agevolazioni sia l’aggiornamento o l’abolizione di quelle esistenti, in base alle esigenze locali e alle risorse disponibili nel bilancio comunale.

Ogni anno, i comuni possono, infatti, rivedere il regolamento TARI e le tariffe tramite la delibera del bilancio di previsione. In questa sede, possono essere introdotte nuove agevolazioni o modifiche a quelle esistenti. Ad esempio, un comune potrebbe decidere di aumentare le riduzioni per le famiglie a basso reddito o di introdurre nuove agevolazioni per il compostaggio domestico.

La possibilità di modificare agevolazioni e riduzioni è in buona parte a discrezione del consiglio comunale. Questo significa che, in base alle esigenze e alle priorità locali, il comune può decidere di adottare misure specifiche che meglio rispondano alle necessità della propria comunità.

Prima di apportare modifiche significative, alcuni comuni potrebbero avviare processi di consultazione pubblica per raccogliere feedback dai cittadini e dalle associazioni del territorio e ciò può avvenire tramite incontri pubblici, sondaggi online o la partecipazione dei comitati di quartiere.

Le modifiche alle agevolazioni e alle riduzioni devono essere pubblicate sul sito ufficiale del comune e comunicate in modo adeguato ai contribuenti.

La TARI dei non residenti calmierata: la giurisprudenza

La questione della TARI per i non residenti ha dato luogo a diverse interpretazioni giurisprudenziali, volte a tutelare i diritti dei contribuenti e garantire l’equità del tributo. La giurisprudenza ha spesso evidenziato che i comuni non possono applicare tariffe eccessive per i non residenti rispetto ai residenti, non giustificate dalla produzione effettiva di rifiuti.

Il principio di proporzionalità è centrale nella determinazione della TARI. I contributi devono essere commisurati alla quantità di rifiuti effettivamente prodotti. Per i non residenti, che utilizzano l’immobile solo temporaneamente o per brevi periodi, la produzione di rifiuti è inferiore rispetto a chi vi risiede stabilmente. La giurisprudenza ha sancito che le tariffe applicate devono riflettere questa differenza.

Diverse sentenze hanno, infatti, chiarito come la TARI debba essere equa per i non residenti. Ad esempio, la Commissione Tributaria Regionale della Toscana, nella sentenza n. 4223/2017, ha stabilito che le tariffe per i non residenti non possono essere sproporzionate rispetto ai residenti. Il principio di proporzionalità deve essere rispettato e i comuni devono dimostrare che i costi sostenuti per il servizio di raccolta rifiuti siano effettivamente correlati alla produzione dei rifiuti nell’immobile non abitato permanentemente.

Per garantire una tariffazione equa, i comuni possono adottare metodi di calcolo specifici che tengano conto dell’utilizzo effettivo dell’immobile da parte dei non residenti. Alcuni comuni prevedono, infatti, tariffe ridotte o agevolazioni per gli immobili utilizzati solo stagionalmente o per brevi periodi dell’anno. Le modalità di calcolo possono includere l’applicazione di una quota fissa ridotta e una proporzionalità più bassa della quota variabile.

Alcuni comuni hanno adeguato i propri regolamenti per conformarsi ai principi espressi dalla giurisprudenza. È fondamentale per i non residenti verificare periodicamente le delibere e i regolamenti TARI locali per assicurarsi che le tariffe applicate siano eque e proporzionate.

Riduzione per i pensionati residenti allâ€ââ€Â¢estero

I pensionati residenti all’estero possono beneficiare di specifiche riduzioni sulla TARI, grazie a misure previste per agevolare coloro che possiedono immobili in Italia ma che vi risiedono solo occasionalmente. Queste agevolazioni tengono conto del fatto che i pensionati residenti all’estero utilizzano gli immobili per periodi limitati, generando meno rifiuti rispetto ai residenti permanenti.

L’art. 1, comma 48, della Legge n. 178/2020, nota come Legge di Bilancio 2021, ha, infatti, introdotto un’importante riduzione pari a due terzi per l’unica unità immobiliare a uso abitativo posseduta in Italia, non locata né data in comodato d’uso.

Per beneficiare della riduzione della TARI, è necessario soddisfare i seguenti requisiti:

  • il beneficiario deve essere titolare di una pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia;
  • l’immobile agevolato deve essere adibito a uso abitativo e situato in Italia;
  • l’immobile non deve essere locato né dato in comodato d’uso.

Per richiedere la riduzione, i pensionati residenti all’estero devono presentare una domanda formale all’ufficio tributi del comune dove è ubicato l’immobile. La domanda deve essere corredata dalla seguente documentazione:

  • certificato di pensione estera maturata in regime di convenzione internazionale;
  • documentazione che attesti la residenza all’estero;
  • dichiarazione di non locazione né comodato dell’immobile;
  • copia di un documento di identità valido.

La richiesta di riduzione deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di riferimento. È importante, comunque, verificare le scadenze specifiche del proprio comune per evitare di perdere l’opportunità di beneficiare dell’agevolazione.

Una volta presentata la domanda correttamente, l’ufficio tributi effettua le verifiche necessarie e comunica l’esito al richiedente. In caso di accettazione della richiesta, la riduzione della TARI viene automaticamente applicata e riportata negli avvisi di pagamento successivi.

La riduzione della TARI per pensionati residenti all’estero rappresenta un’opportunità significativa per alleggerire il carico fiscale sui contribuenti che utilizzano gli immobili in Italia solo saltuariamente, garantendo un trattamento più equo e conforme alla reale produzione di rifiuti.

Verifica del Pagamento e Sanzioni per Mancato Pagamento

La verifica del pagamento della TARI spetta agli uffici tributi comunali, che possono emettere avvisi di accertamento in caso di mancato pagamento. Le sanzioni per inadempienza includono interessi di mora e penalità, aumentando il carico fiscale per il contribuente inadempiente.

Cosa succede se non pago la Tari una o più volte? Rischi e procedure di recupero coattivo

Il mancato pagamento della TARI comporta una serie di conseguenze amministrative e finanziarie per il contribuente. La sanzione base per omesso o ritardato pagamento TARI è fissata al 30% dell’importo dovuto, valore che può aumentare con l’aggiunta di interessi di mora, calcolati su base annua, a partire dal giorno successivo alla scadenza del pagamento, fino al giorno dell’effettivo versamento.

Se il pagamento non viene effettuato, l’ufficio tributi del comune invia un avviso di accertamento. Questo documento notifica formalmente l’importo dovuto, comprese le sanzioni e gli interessi maturati, e richiede il saldo entro un termine specifico. L’avviso di accertamento viene generalmente notificato al contribuente tramite posta raccomandata con ricevuta di ritorno o posta elettronica certificata (PEC).

Se il contribuente continua a non pagare, il debito può essere iscritto a ruolo. Questo significa che l’importo dovuto viene affidato a un agente della riscossione, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che procede al recupero forzato del credito. L’iscrizione a ruolo comporta ulteriori spese di riscossione a carico del contribuente.

L’agente della riscossione può avviare procedure di recupero coattivo, come il pignoramento di beni mobili e immobili, il blocco del conto corrente, il fermo amministrativo del veicolo e, nei casi più gravi, l’ipoteca sull’immobile di proprietà.

Per evitare l’aggravio delle sanzioni, il contribuente può ricorrere al ravvedimento operoso per regolarizzare la propria posizione spontaneamente, pagando in ritardo ma con una riduzione delle sanzioni.

Se pago la Tari in ritardo, come devo fare per pagare meno sanzioni e interessi

Se paghi la TARI in ritardo, puoi ridurre l’onere delle sanzioni e degli interessi avvalendoti del ravvedimento operoso, per cui sono previste diverse modalità e pagamenti che sono, nel dettaglio:

  • ravvedimento spint, se si paga quanto dovuto entro 14 giorni dalla scadenza e prevede una sanzione solo dello 0,1% del valore dell’imposta per ogni giorno di ritardo più gli interessi giornalieri calcolati sul tasso di riferimento annuale;
  • ravvedimento breve, se si paga quanto dovuto tra i 15 e i 30 giorni e prevede una sanzione fissa dell’1,5% del valore dell’imposta più i dovuti interessi;
  • ravvedimento medio, se si paga quanto dovuto dal 30esimo giorno di ritardo ed entro il 90esimo giorno rispetto alla data di pagamento e prevede una sanzione fissa dell’1,67% più gli interessi; 
  • ravvedimento lungo, se si paga quanto dovuto dopo il 90esimo giorno di ritardo e prevede una sanzione fissa pari al 3,75% dell’importo da versare più gli interessi;
  • ravvedimento lunghissimo, se il pagamento viene effettuato dopo l’anno ma entro 2 anni dal termine previsto, la sanzione ordinaria del 30% viene ridotta ad 1/7, risultando quindi pari al 4,29%, mentre se il pagamento viene effettuato oltre i due anni, la sanzione sale al 5% e arriva fino al 6% se il pagamento avviene dopo aver ricevuto il verbale di constatazione ma prima di ricevere la cartella esattoriale.

La procedura per il pagamento del ravvedimento operoso prevede i seguenti passaggi;

  • calcolo dell’importo dovuto, considerando l’importo della TARI, la sanzione ridotta e gli interessi di mora;
  • compilazione del modello F24 per effettuare il pagamento, specificando i relativi codici tributo 3944 per l’imposta, 8906 per le sanzioni pecuniarie e 1989 per gli interessi di mora, e l’Anno di riferimento, dove chiaramente indicare l’anno per cui è dovuto il tributo.

Nel caso di difficoltà, è possibile contattare l’ufficio tributi per ulteriori chiarimenti e per ricevere assistenza.

Le multe e sanzioni per chi non paga la Tari, sbaglia importo o la versa in ritardo

Il mancato pagamento della TARI, il pagamento parziale o il versamento in ritardo comportano diverse multe e sanzioni, stabilite dalla normativa vigente e applicate dagli uffici tributi comunali. Ecco le principali sanzioni previste in tali casi.

Sanzioni per omesso pagamento: Se non si effettua il pagamento della TARI entro i termini stabiliti, si applica una sanzione amministrativa pari al 30% dell’importo dovuto. A questa sanzione si aggiungono gli interessi di mora, calcolati giornalmente a partire dal giorno successivo alla scadenza fino al momento dell’effettivo pagamento. Il tasso di interesse è determinato annualmente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Sanzioni per pagamento parziale: Nel caso in cui l’importo versato sia inferiore a quello dovuto, la sanzione è sempre pari al 30% dell’importo non versato. Anche in questo caso, si aggiungono gli interessi di mora calcolati giornalmente sul debito residuo, fino alla regolarizzazione del pagamento.

Sanzioni per pagamento tardivo: Se il pagamento viene effettuato in ritardo, la sanzione si applica proporzionalmente ai giorni di ritardo:

  • 1,5% dell’importo per ogni mese o frazione di mese di ritardo, entro un massimo del 15% per un ritardo di un anno.
  • Se il ritardo supera l’anno, la sanzione diventa del 30% dell’importo dovuto, oltre agli interessi di mora.

Avviso di accertamento: In tutti i casi di mancato o insufficiente pagamento, l’ufficio tributi invia un avviso di accertamento. Questo documento notifica ufficialmente l’importo dovuto, comprese sanzioni e interessi, e stabilisce un termine entro il quale regolarizzare la posizione. Se il contribuente non risponde all’avviso o non effettua il pagamento, il comune procederà con l’iscrizione a ruolo del debito.

Iscrizione a ruolo e recupero coattivo: In caso di inadempimento persistente, il debito sarà iscritto a ruolo e affidato a un agente della riscossione, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Gli agenti della riscossione possono avviare azioni esecutive per il recupero delle somme dovute, tra cui il pignoramento di beni mobili e immobili, il fermo amministrativo dei veicoli e l’ipoteca sugli immobili di proprietà.

Ravvedimento operoso: Per ridurre l’impatto delle sanzioni, è possibile avvalersi del ravvedimento operoso, una procedura che consente di regolarizzare spontaneamente la propria posizione pagando una sanzione ridotta. Questa opzione è tuttavia disponibile solo se il pagamento viene effettuato prima che l’ufficio tributi notifichi l’avviso di accertamento.

Rateizzazione: In alcuni casi, il comune può concedere una rateizzazione del debito, permettendo al contribuente di dilazionare l’importo dovuto in più rate mensili. Tuttavia, la concessione della rateizzazione dipende dalla politica del comune e dalla situazione economica del contribuente.

Se ho dimenticato di pagare la Tari, cosa devo fare per mettermi in regola

Se hai dimenticato di pagare la TARI, è importante agire prontamente per mettersi in regola e ridurre l’impatto delle sanzioni e degli interessi di mora. Bisogna innanzitutto verificare la data di scadenza del pagamento e il numero di giorni di ritardo, poi calcolare l’importo delle sanzioni e degli interessi di mora che si aggiungono all’importo della TARI dovuta.

Per la regolarizzazione della posizione si può ricorrere al ravvedimento operoso, per pagare con sanzioni ridotte e quindi usare il modello F24 per il pagamento dell’importo risultante. Una volta effettuato il pagamento, si deve inviare una copia della ricevuta all’ufficio tributi del comune, accompagnata da una breve comunicazione che spiega l’uso del ravvedimento operoso, 

Come verificare se ho pagato la Tari regolarmente? Dove controllare e vedere

Per verificare se hai pagato la TARI regolarmente, ci sono diversi strumenti e modalità che puoi utilizzare. La prima verifica da fare è quella di controllare le ricevute di pagamento di ogni rata che riportano dettagli come data, importo pagato e codice tributo, permettendo di verificare immediatamente se i pagamenti sono stati effettuati correttamente.

Molti comuni offrono portali online dedicati ai tributi locali. Accedendo al sito ufficiale del tuo comune, nella sezione Tributi o Servizi Online, si può, infatti, visualizzare la propria posizione TARI, controllare i dettagli dei pagamenti effettuati, le rate pagate e quelle ancora dovute.

In alternativa, ci si può recare personalmente all’ufficio tributi del comune di residenza per chiedere informazioni e verifiche sullo stato dei propri pagamenti del tributo.

Come dimostrare che ho pagato la Tari?

Dimostrare di aver pagato la TARI è fondamentale per evitare contestazioni da parte del comune e possibili sanzioni e per farlo è sempre necessario conservare i documenti che attestano l’avvenuto pagamento, come:

  • le ricevute bancarie, se il pagamento viene effettuato tramite bonifico o modello F24 presso uno sportello bancario, le ricevute postali, se il pagamento avviene tramite bollettino postale;
  • le conferme di pagamento online, se si usa il servizio di home banking, il consiglio è di stampare o salvare in formato digitale la conferma del pagamento;
  • gli estratti conto bancari o postali che riportano tutte le transazioni effettuate. 

Inoltre, accedendo al portale tributi del proprio comune, si può sempre visualizzare lo stato dei pagamenti e stampare un riepilogo delle transazioni effettuate. 

Agenzia delle Entrate: Anche accedendo al sito dell’Agenzia delle Entrate, tramite SPID o CIE, puoi visualizzare e stampare il riepilogo dei pagamenti effettuati tramite modello F24. Questo riepilogo può essere utilizzato come prova di pagamento.

Dichiarazioni formali: In caso di contestazione del pagamento, puoi presentare una dichiarazione formale all’ufficio tributi del comune, allegando le copie delle ricevute e degli estratti conto. Nella dichiarazione, spiega dettagliatamente il periodo e l’importo del pagamento, fornendo tutte le prove documentali in tuo possesso.

Contattare l’ufficio tributi: In caso di necessità, recati di persona all’ufficio tributi del comune o contattalo tramite email o telefono per chiarire la tua situazione. Porta con te tutte le prove di pagamento. Gli operatori potranno verificare la tua posizione e chiarire eventuali errori o discrepanze.

Archivio personale: Mantieni un archivio ordinato di tutte le ricevute, conferme di pagamento e dichiarazioni relative alla TARI per almeno cinque anni. Questo è il termine di prescrizione entro il quale l’amministrazione comunale può effettuare controlli o richiedere documentazione aggiuntiva per i tributi locali.

Seguendo questi passaggi e conservando attentamente tutti i documenti rilevanti, sarai in grado di dimostrare efficacemente di aver pagato la TARI, proteggendoti da eventuali contestazioni e sanzioni.

Dopo quanto tempo la Tari va in prescrizione e non la devo più pagare?

La TARI, come altri tributi locali, è soggetta a prescrizione. Questo significa che, trascorso un determinato lasso di tempo, il comune non potrà più richiedere il pagamento del tributo non versato. La normativa italiana stabilisce che il termine di prescrizione per la TARI è di cinque anni.

Il periodo della prescrizione inizia a decorrere dal giorno successivo alla scadenza del pagamento del tributo. Per esempio, se la scadenza della TARI era il 31 dicembre 2020, il termine di prescrizione inizia il primo gennaio 2021 e termina il 31 dicembre 2025. Trascorso questo periodo, il comune non può più esigere il pagamento del tributo per quell’anno specifico.

La prescrizione può essere interrotta. Alcuni atti interruttivi della prescrizione includono:

  • la notifica di un avviso di accertamento, che interrompe il termine di prescrizione che riprende poi a decorrere nuovamente dalla data di notifica dell’avviso.
  • l’invio di una richiesta di pagamento;
  • eventuali azioni legali, se, infatti, il comune avvia un’azione legale per recuperare il tributo non pagato, la prescrizione viene interrotta e il termine ricomincia a decorrere dalla data dell’atto interruttivo.

In sintesi, la TARI va in prescrizione dopo cinque anni dalla scadenza del pagamento, salvo interruzioni, e una volta prescritto, il tributo non è più esigibile dal comune di competenza.

Chi controlla se la Tari è stata pagata e dopo quanto tempo

La verifica del pagamento della TARI viene effettuata dall’ufficio tributi del comune di residenza. Gli operatori dell’ufficio tributi hanno, infatti, il compito di monitorare costantemente i pagamenti effettuati dai contribuenti e di accertarsi che tutte le somme dovute vengano effettivamente versate nei tempi stabiliti.

Il controllo del pagamento della TARI può avvenire durante l’anno fiscale corrente o nei cinque anni successivi, entro i termini di prescrizione. Infatti, l’ufficio tributi può emettere avvisi di accertamento fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo doveva essere pagato. Ad esempio, per la TARI dovuta per l’anno 2020, il comune ha tempo fino al 31 dicembre 2025 per effettuare controlli e inviare eventuali avvisi di accertamento.

Se durante i controlli emergono situazioni di mancato pagamento, pagamento parziale o ritardo, l’ufficio tributi invia al contribuente un avviso di accertamento. Per evitarlo, è sempre consigliabile controllare regolarmente la propria situazione tributaria accedendo ai portali online del comune o contattando l’ufficio tributi in modo da effettuare i dovuti pagamenti, pur se in ritardo, ma senza avere alcun debito con l’amministrazione.

Controlli e conseguenze della mancata conformità

I controlli sulla TARI da parte degli uffici tributi comunali sono fondamentali per garantire che tutti i contribuenti rispettino gli obblighi di pagamento del tributo. La mancata conformità ai pagamenti può comportare diverse conseguenze, sia dal punto di vista amministrativo che finanziario.

Gli uffici tributi utilizzano vari strumenti per monitorare i pagamenti della TARI, tra cui l’incrocio dei dati con altre banche dati fiscali e catastali, l’analisi dei registri elettronici dei pagamenti e la verifica delle dichiarazioni presentate dai contribuenti. I controlli possono riguardare sia i pagamenti correnti sia quelli relativi agli anni precedenti, entro i limiti del periodo di prescrizione di cinque anni.

Se gli uffici tributi rilevano irregolarità, come il mancato pagamento, il pagamento parziale o ritardato, inviano al contribuente un avviso di accertamento, che specifica l’importo dovuto, comprese le sanzioni e gli interessi, e stabilisce un termine per la regolarizzazione della posizione. L’avviso di accertamento è un atto formale e costituisce il primo passo del processo di recupero delle somme dovute.

Se il contribuente non regolarizza la propria posizione entro il termine stabilito nell’avviso di accertamento, il debito può essere iscritto a ruolo e affidato a un agente della riscossione, come l’Agenzia delle Entrate-Riscossione. In questa fase, gli agenti della riscossione possono avviare azioni esecutive come il pignoramento di beni mobili e immobili, il fermo amministrativo dei veicoli e l’ipoteca sugli immobili di proprietà.

Il contribuente può sempre, comunque, presentare ricorso contro l’avviso di accertamento alla Commissione Tributaria Provinciale entro 60 giorni dalla data di notifica. Durante questo periodo, è possibile fornire ulteriori prove del pagamento o contestare eventuali errori presenti nell’avviso.

Per evitare le conseguenze sopra descritte, è sempre preferibile regolarizzare tempestivamente la propria posizione tramite il ravvedimento operoso.

Le novità della Tari 2024 introdotte ufficialmente per legge, ecco cosa è cambiato

Le novità introdotte per la TARI nel 2024 hanno apportato alcune modifiche alla gestione e al calcolo del tributo, tra cui l’introduzione di nuovi parametri per rendere le tariffe più eque e proporzionali alla reale produzione di rifiuti e, a tal fine, i comuni adottano metodologie di calcolo più precise e trasparenti; riduzioni per chi adotta pratiche sostenibili, come il compostaggio domestico e la raccolta differenziata per incentivare comportamenti eco-compatibili e ridurre la quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico; e la possibilità di ricevere e pagare la TARI tramite fatturazione elettronica, per semplificare le operazioni di pagamento, ridurre i costi per i comuni e garantire una maggiore tracciabilità per i contribuenti. 

 

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