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Divieto di nuove installazioni fotovoltaiche con moduli a terra in zone classificate agricole e produttive, salvi gli impianti agrivoltaici e CER

Il D.L. 63/2024 – decreto Agricoltura – pone fine all’installazione incontrollata di impianti fotovoltaici a terra.

Il provvedimento recante “disposizioni urgenti per le imprese agricole, della pesca e dell’acquacoltura, nonché per le imprese di interesse strategico nazionale” ha ottenuto il via libera della Camera l’11 luglio 2024; la legge di conversione 101/2024 è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 163 del 13 luglio 2024.

Obiettivo della misura è tutelare le aree vocate alla produzione agricola limitando le installazioni fotovoltaiche con moduli a terra nei terreni produttivi.

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Impianti a terra solo in caso di interventi di modifica o potenziamento di installazioni già esistenti

Il blocco di nuove installazioni fotovoltaiche con moduli a terra nei terreni produttivi è bilanciato dalla necessità di consentire il raggiungimento degli obiettivi di generazione da energia rinnovabile entro il 2030 previsti da RepowerEu.

Infatti, l’articolo 5 del Decreto agricoltura recante “disposizioni finalizzate a limitare l’uso del suolo agricolo” aggiunge all’art. 20 del Decreto Red II (D.Lgs. 199/2021), il comma 1.bis stabilendo che “l’installazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra di cui all’articolo 6-bis, lettera b), del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, in zone classificate agricole dai piani urbanistici vigenti, è consentita esclusivamente nelle aree di cui alle lettere a), limitatamente agli interventi per modifica, rifacimento, potenziamento o integrale ricostruzione degli impianti già installati, a condizione che non comportino incremento dell’area occupata, incluse le cave già oggetto di ripristino ambientale e quelle con piano di coltivazione terminato ancora non ripristinate, nonché le discariche o i lotti di discarica chiusi ovvero ripristinati.”

In pratica, non si potranno installare nuovi impianti a terra né aumentare l’estensione di quelli esistenti su tutti i terreni potenzialmente agricoli e coltivabili. Viene invece ammesso il revamping degli impianti.

Altra modifica al D.Lgs. 199/2021 riguarda la durata dei contratti, anche preliminari, di concessione del diritto di superficie su terreni ricadenti nelle aree di cui all’articolo 20, comma 1, lettera a), per l’installazione e l’esercizio di impianti da fonti rinnovabili: essa non può essere inferiore a sei anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori sei anni.

Con il Decreto agricoltura cambia anche il trattamento fiscale della produzione di energia da impianti fotovoltaici con moduli a terra nuovi. Infatti, il comma 2-ter dell’articolo 5 prevede, con l’aggiunta del comma 423-bis all’articolo 1 della Legge Finanziaria 2006 (Legge n. 266 del 2005), che le attività di produzione e cessione di energia elettrica e calorica svolte tramite impianti fotovoltaici con moduli a terra per la parte eccedente il limite di agrarietà previsto dal comma 423, primo periodo, determinano il reddito d’impresa nei modi ordinari.

Le disposizioni si applicano solo agli impianti entrati in esercizio dopo il 31 dicembre 2025.

Pertanto, la norma che consente al contribuente di scegliere l’opzione, per la parte eccedente il limite di agrarietà (sino a 260mila kWh anno), di determinare il reddito applicando ai corrispettivi un coefficiente di redditività del 25% resta in vigore per i vecchi impianti e per quelli costruiti entrando in esercizio fino al 31 dicembre del 2025.

Fotovoltaico in agricoltura: salvi gli investimenti Pnrr, le CER e gli impianti agrivoltaici

Il blocco degli impianti a terra nei terreni agricoli non riguarda:

  • gli impianti agrivoltaici, ovvero gli impianti fotovoltaici sospesi 1,3 metri nel caso di attività zootecnica (altezza minima per consentire il passaggio con continuità dei capi di bestiame) o 2,1 metri nel caso di attività colturale (altezza minima per consentire l’utilizzo di macchinari funzionali alla coltivazione);
  • i progetti che prevedano impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra finalizzati alla costituzione di una comunità energetiche rinnovabili (CER);
  • i progetti attuativi delle altre misure di investimento del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);
  • i progetti per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, sia stata avviata almeno una delle procedure amministrative, comprese quelle di valutazione ambientale, necessarie all’ottenimento dei titoli per la costruzione e l’esercizio degli impianti e delle relative opere connesse ovvero sia stato rilasciato almeno uno dei titoli medesimi.

Ricordiamo che il percorso autorizzativo del fotovoltaico a terra, in particolare per quelli di potenza superiore al megawatt, prevede una procedura abilitativa semplificata per impianti di una dimensione non elevata e un’autorizzazione unica per quelli di grandi dimensioni, che devono anche ottenere la Via, valutazione di impatto ambientale.

Qual è la differenza tra impianti fotovoltaici a terra e impianti agrivoltaici?

Mentre nel caso di impianti fotovoltaici a terra il suolo viene reso impermeabile e viene impedita la coltivazione e la crescita della vegetazione, (ragioni per le quali il terreno agricolo perde tutta la sua potenzialità produttiva).

Nell’agrivoltaico l’impianto è invece posizionato direttamente su pali più alti, e ben distanziati tra loro, in modo da consentire alle macchine da lavoro la coltivazione agricola.

Leggi l’approfondimento sugli impianti agrivoltaici.

Nessun vincolo per il fotovoltaico a terra in cave, miniere cessate, autostrade e impianti industriali

La norma consente, invece, l’utilizzo del fotovoltaico a terra se installato:

  • in cave e miniere non in funzione, abbandonate o in condizioni di degrado ambientale;
  • porzioni di cave e miniere non suscettibili di ulteriore sfruttamento;
  • siti e impianti nelle disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e dei gestori di infrastrutture ferroviarie nonché delle società concessionarie autostradali;
  • siti e impianti nella disponibilità delle società di gestione aeroportuale all’interno dei sedimi aeroportuali;
  • aree adiacenti alla rete autostradale entro una distanza non superiore a 300 metri;
  • aree interne agli impianti industriali e agli stabilimenti.

Ti allego il testo del D.L. 63/2024 coordinato con la legge di conversione 101/2024, come pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 

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