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Il Comune riferisce che un edificio di sua proprietà (fondo dominante) possiede una servitù di veduta di fatto su altro edificio di proprietà privata (fondo servente) giacente a confine.

Detta servitù si è protratta per oltre venti anni pacificamente e senza interruzioni; peraltro non è stata accertata con sentenza del Giudice e quindi non è stata trascritta nei registri immobiliari. Posto che l’immobile privato è stato di recente venduto ad un terzo, il Comune chiede se è legittimato a pretendere nei suoi confronti il rispetto della servitù di cui si tratta.

Ai sensi dell’art. 1031 c.c., la costituzione delle servitù può avvenire:

a) in attuazione di un obbligo di legge (servitù coattive);

b) per volontà dell’uomo (contratto, testamento: si tratta delle c.d. servitù volontarie, art. 1058, c.c.);

c) per usucapione;

d) per destinazione del padre di famiglia (art. 1062 c.c.)

In particolare, poste le circostanze riferite dal Comune relative al protrarsi pacifico della servitù per oltre venti anni, si osserva che ove si tratti di servitù apparente, la stessa può sorgere anche per usucapione ventennale.

L’istituto dell’usucapione riguarda infatti la proprietà e i diritti reali di godimento, ad eccezione delle servitù non apparenti, che ricorrono quando non si hanno opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio (art. 1061 c.c.) [1].

Specificamente, le servitù apparenti sono quelle al cui esercizio sono destinate opere – anche formatesi naturalmente[2] –, visibili e permanenti, obiettivamente finalizzate all’esercizio della servitù: tali cioè da appalesare in modo non equivoco, per la loro struttura e funzione, l’esistenza di un peso gravante sul fondo servente[3], al proprietario di quest’ultimo[4].

Quanto all’usucapione, l’art. 1158 c.c., in tema di beni immobili e diritti reali immobiliari, prevede che il possesso continuato per venti anni fa acquisire al possessore – attraverso l’istituto dell’usucapione – la titolarità del diritto reale (proprietà, diritti reali di godimento) corrispondente alla situazione di fatto esercitata. L’usucapione costituisce, dunque, un modo di acquisto a titolo originario della proprietà e dei diritti reali minori, che avviene ex lege, nel momento stesso in cui matura il termine normativamente previsto.

Le peculiarità dell’istituto dell’usucapione si ripercuotono sull’atteggiarsi della trascrizione degli acquisti per usucapione, atteso che la trascrizione riguarda atti e dunque non si presta a rispecchiare vicende di acquisto a titolo originario.

Sono, invece, suscettibili di trascrizione, ai sensi dell’art. 2651 c.c., le sentenze da cui risulta acquistato per usucapione un diritto di proprietà o un diritto reale di godimento di cui ai nn. 1, 2 e 4 dell’art. 2643, tra cui, per quanto di interesse, il diritto di servitù.

Ed invero, l’usucapiente può avere interesse, per eliminare ogni incertezza in ordine al suo acquisto ovvero per ottenere un titolo utile per la trascrizione, a promuovere un giudizio di accertamento dell’intervenuta usucapione[5], che, in ogni caso, si concluderebbe con una sentenza avente valore dichiarativo e non già costitutivo.

La trascrizione di detta sentenza dichiarativa (ove vi sia), ai sensi dell’art. 2651 c.c. richiamato, ha funzione di sola pubblicità-notizia, cioè di rendere noti determinati fatti o atti ai terzi, ma non quella di risolvere i conflitti tra acquirenti a titolo derivativo e acquirenti a titolo originario[6].

In proposito, la giurisprudenza ha affermato il principio secondo il quale il conflitto tra l’acquisto a titolo derivativo e l’acquisto per usucapione è sempre risolto a favore del secondo, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e dell’anteriorità della trascrizione di essa o della relativa domanda rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo[7].

Calando questi principi nel caso di specie, ne conseguono alcune considerazioni per quanto riguarda l’(avvenuto) acquisto per usucapione del diritto di servitù e relativamente ai rapporti tra il Comune e il terzo acquirente che vorrebbe sopraelevare l’edificio di proprietà privata (fondo servente), impedendo così l’esercizio della servitù di veduta di cui trattasi.

Sotto il primo profilo, si osserva che il possesso ininterrotto del diritto reale di servitù per oltre venti anni – riferito dal Comune – è astrattamente idoneo a determinare in favore del Comune l’acquisto a titolo originario di detto diritto reale, ai sensi dell’art 1158 c.c., ove, beninteso, si tratti di una servitù apparente.

In proposito, con specifico riferimento all’acquisto per usucapione di una servitù di veduta, la Corte di cassazione ha affermato che la visibilità delle opere destinate all’esercizio della servitù deve far capo ad un punto d’osservazione non necessariamente coincidente col fondo servente – ipotesi normale, ma non per questo esclusiva – ma anche esterno al fondo servente, purché il proprietario di questo possa accedervi liberamente, come nel caso in cui le opere siano visibili da una pubblica via[8].

Per converso, per giungere a ritenere la non visibilità delle finestre che si aprono sul fondo oggetto della veduta (fondo servente), deve essere dimostrata l’esistenza di una situazione di fatto tale che il proprietario di detto fondo non abbia avuto possibilità alcuna di vederle dal suo fondo e da alcun luogo viciniore[9].

L’accertamento delle circostanze che integrano l’usucapione di una servitù di veduta è da farsi caso per caso[10] ed in ipotesi di contestazione l’eliminazione di ogni incertezza al riguardo può derivare da una sentenza che accerti un tanto, che il Comune riferisce non esservi stata.

Il Comune, che ritenga di aver acquistato il diritto di servitù sull’edificio (fondo servente) per usucapione, può lo stesso far valere detto diritto nei confronti del terzo acquirente[11]: ed invero – come suesposto – il conflitto tra l’acquisto a titolo derivativo e l’acquirente per usucapione è sempre risolto a favore dell’acquirente per usucapione, indipendentemente dalla trascrizione della sentenza che accerta l’usucapione e della sua anteriorità rispetto alla trascrizione dell’acquisto a titolo derivativo.

E questo poiché, come detto sopra, la trascrizione della sentenza da cui risulti acquistato un diritto per usucapione, ex art. 2651 c.c., ove vi fosse, avrebbe solo funzione di pubblicità – notizia, e non quella di risolvere il conflitto tra acquirente a titolo originario e acquirente a titolo derivativo[12].

Pertanto, a fronte della domanda del Comune se sia legittimato a pretendere il rispetto della servitù di veduta nei confronti del terzo acquirente, si osserva che il Comune può far valere detto diritto reale per il fatto della sua venuta ad esistenza, ex lege, al ricorrere dei presupposti di legge, ai sensi dell’art. 1158 c.c., non necessitando a tal fine la trascrizione.

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[1] V. Cass., sez. un., 21 novembre 1996, n. 10285, secondo cui il requisito dell’apparenza è necessario per l’acquisto della servitù per usucapione.

[2] Ad es. un sentiero creatosi per effetto del calpestio, v. Cass. 27 maggio 2009, n. 12362.

[3] V. Cass. 31 maggio 2010, n. 13238.

[4] Cass. civ., sez. II, 24 settembre 2014, n. 24401.

[5] V. Cass. 26 aprile 2011, n. 9325.

[6] La sentenza avente contenuto dichiarativo non rientra, infatti, tra gli atti costitutivi di diritti reali, di cui all’art. 2643. c.c. – che al n. 14 menziona specificamente le sentenze che operano la costituzione, il trasferimento o la modificazione del diritto di proprietà e di diritti reali di godimento – soggetti a trascrizione, al fine di renderli opponibili a terzi, ai sensi dell’art. 2644 c.c.

In particolare, quest’ultima norma codicistica prevede che gli atti (costitutivi di dritti reali) soggetti a trascrizione, di cui all’art. 2643 c.c., non hanno effetto riguardo ai terzi che a qualunque titolo hanno acquistato diritti sugli immobili in base a un atto trascritto anteriormente alla trascrizione degli atti medesimi.

[7] Cass. civ., sez. II, 6 dicembre 2000, n. 15503; Cass. civ., sez. II, 28 gennaio 1985, n. 443.

[8] Cass. civ. n. 24401/2014 cit.

[9] Cass. civ. n. 24401/2014 cit.

[10] Cass. civ. n. 24401/2014 cit.

[11] Ove questi contesti il fatto dell’avvenuto verificarsi dell’usucapione, si renderà, peraltro, necessario l’accertamento del Giudice.

[12] Come, invece, avviene per la trascrizione degli atti costitutivi di diritti reali, ai sensi del combinato disposto degli artt. 2643 e 2644 c.c. (v. nota 12).

 

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