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In questo contributo andremo ad analizzare i profili internazionali dell’imposta di successione, disciplinata dal D.Lgs. n. 346/1990 (“TUSD“). In particolare, esamineremo taluni aspetti della normativa domestica per i quali permangono profili di incertezza interpretativa ovvero rischi di incompatibilità con le disposizioni di diritto comunitario. È stata, inoltre, analizzata l’efficacia delle disposizioni delle convenzioni contro la doppia imposizione stipulate dall’Italia ai fini della risoluzione di alcuni casi di doppia imposizione.

L’analisi deve essere effettuata tenendo presente l’ambito territoriale dell’imposta di successione, per il quale devono essere tassati tutti i beni trasferiti, compresi quelli situati all’estero qualora il de cuius sia residente fiscalmente nello Stato al momento del decesso. Questo indipendentemente dalla sua cittadinanza. Al contrario, invece, l’imposta di successione è limitata invece ai beni esistenti in Italia, nel caso in cui il dante causa risieda fiscalmente all’estero.

Questo criterio, come vedremo di seguito è la regola principale su cui basare tutti i ragionamenti più complessi. In questo criterio generale non viene, invece, presa in considerazione dal legislatore la residenza del beneficiario della successione. Elemento che è forse criterio di collegamento migliore per una imposta, il cui presupposto è l’incremento patrimoniale che si verifica in capo a un soggetto a causa della sua successione ad altro soggetto. Di seguito tutte le informazioni per capire come applicare l’imposta di successione quando siamo di fronte a profili internazionali.

Imposta di successione: criteri di collegamento personali e reali

Il criterio personale: la residenza del “de cuius

A titolo preliminare, si è ricordato che in base all’articolo 2 del TUSD, l’imposta sulle successioni si applica:

  • Su base mondiale e, dunque, su tutti i beni e diritti “ancorché esistenti all’estero” se il de cuius, alla data del decesso, è residente fiscalmente in Italia;
  • Su base territoriale, quindi, sui soli beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato se il de cuius, alla data del decesso, non è residente fiscalmente in Italia.

Il TUSD non reca, tuttavia, una propria definizione di residenza. Si pone, quindi, il dubbio se possa estendersi anche all’imposta di successione la nozione di residenza stabilita, ai fini Irpef, dall’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86 o se ci si debba riferire alla sola nozione civilistica di residenza, quindi alla “dimora abituale” prevista dall’articolo 43, secondo comma, c.c. Si ritiene sicuramente preferibile l’applicazione della nozione civilistica, essendo non applicabile per estensione il criterio definito nell’ambito delle imposte sul reddito personale.

Contrariamente all’IRPEF, il presupposto impositivo dell’imposta di successione non matura nel corso del periodo d’imposta, ma viene ad esistenza al momento del decesso. Non sarebbe, dunque, appropriato abbinare ad un’imposta “momentanea” come quella di successione un criterio di residenza che richiede di essere commisurato alla “maggior parte del periodo d’imposta” come nel caso dell’art. 2, comma 2, del DPR n. 917/86. Conseguenze ulteriori di tale orientamento sono:

  • L’iscrizione anagrafica non riveste il carattere di presunzione assoluta; e
  • Nel caso di trasferimento della residenza anagrafica in uno Stato a regime fiscale privilegiato, non trova applicazione l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente previsto dal comma 2-bis dell’art. 2 del DPR n. 917/86.

Successione per residente all’estero

Sulla base di quanto indicato fino a questo momento la successione di un soggetto residente all’estero, interessa l’Italia soltanto se tra il suo patrimonio vi sono beni presenti sul territorio nazionale. Non rileva, a questi fini la residenza degli eredi del de cuius.

Il criterio reale: i beni esistenti nel territorio dello Stato

Si è detto che laddove il de cuius, al momento del decesso, risulti non residente nel territorio dello Stato, l’asse ereditario a lui riconducibile sarà assoggettato ad imposta sulle successioni nei limiti dei beni e diritti esistenti nel territorio dello Stato. A completamento di tale disposizione, il comma 3 dell’articolo 2 del TUSD stabilisce una presunzione assoluta di localizzazione in Italia per un elenco tassativo di beni e diritti, da considerarsi “in ogni caso esistenti nello Stato” tra i quali si annoverano quelli indicati di seguito.

Beni iscritti in pubblici registri

I beni e i diritti iscritti in pubblici registri dello Stato e i diritti reali di godimento ad essi relativi, quali ad esempio immobili, navi e aerei, marchi e brevetti. Con specifico riferimento alle società immobiliari, l’Amministrazione finanziaria riconduce la residenza delle società immobiliari allo Stato ove è situato l’immobile. Ciò che rileva a questi fini è che il de cuius ottiene il possesso del bene non in modo diretto ma tramite la partecipazione al capitale della società che ha nell’immobile il suo oggetto principale.

Azioni o quote di società

Le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale. Ai fini dell’imposta di successione, tali requisiti devono essere verificati in capo alle entità al cui capitale sociale il defunto risulta essere partecipante alla data del decesso; di conseguenza, rilevando unicamente il luogo in cui l’entità ha la propria sede legale od amministrativa o svolge il proprio oggetto sociale nel momento in cui si verifica il presupposto impositivo.

Obbligazioni o titoli

Le obbligazioni e gli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti di cui alla lettera b). Si nota tuttavia come qualsiasi bene o diritto si consideri esistente in Italia se si trova effettivamente nello Stato.

Titoli rappresentativi di merce

I titoli rappresentativi di merci esistenti nello Stato. Si nota come rilevi la localizzazione della merce, anziché quella del titolo.

I crediti e le cambiali

I crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato. Nel caso in cui il debitore sia una società o un ente, non potendosi invocare l’art. 2, comma 1, del TUSD, ai fini dell’identificazione dello Stato di residenza dovrebbe rilevare lo Stato ove si trova la sede dell’Amministrazione o quello in cui è svolto l’oggetto principale.

I crediti garantiti su beni esistenti nello Stato

I crediti garantiti su beni esistenti nello Stato fino a concorrenza del valore dei beni medesimi, indipendentemente dalla residenza del debitore. Tale presunzione assoluta, se applicata nel caso di debitore non residente, fa sì che il credito venga ad esistenza (e che, quindi, si realizzi il presupposto impositivo dell’imposta di successione) nei limiti del valore del bene esistente in Italia posto a garanzia del credito transnazionale ed indipendentemente dallo Stato estero di residenza del debitore.

Beni in temporanea esportazione

I beni viaggianti in territorio estero con destinazione nello Stato o vincolati al regime doganale della temporanea esportazione. Non si considerano esistenti nel territorio dello Stato i beni viaggianti con destinazione all’estero o vincolati al regime doganale della temporanea importazione.

Determinazione della base imponibile

I debiti del de cuius e l’asse ereditario

In base all’articolo 1, comma 1, del TUSD, oggetto dell’imposta sulle successioni sono i trasferimenti di “beni e diritti per successione a causa di morte. Il successivo articolo 20, comma 1, ammette a decremento dell’asse ereditario così determinato i “debiti del defunto esistenti alla data di apertura della successione. Questo, senza precisare se tale disposizione si applichi allo stesso modo anche al de cuius non residente in Italia al momento del decesso.

I debiti esistenti in capo al defunto non residente al momento del trapasso dovrebbero essere deducibili solo nella misura in cui si possano ricondurre a beni e/o diritti esistenti in Italia. Questo alla luce dell’assoggettamento ad imposta di successione di tali soggetti su base territoriale. La totale indeducibilità di tali debiti sarebbe, invece in aperto contrasto con i principi comunitari (primo fra tutti, la libertà di stabilimento) oltre che palesare un’incompatibilità con le regole di diritto convenzionale.

Determinazione presuntiva del valore di gioielli e denaro inclusi nell’asse ereditario (art. 9, comma 2, del TUSD)

Laddove non sia stato effettuato l’inventario (in base alle norme applicabili del codice di procedura civile) dei beni inclusi nel patrimonio del de cuius, si presume che il 10% del valore complessivo netto dell’asse ereditario sia riferito a gioielli e denaro. È orientamento ormai consolidato presso la Corte di cassazione e la Commissione tributaria centrale ritenere la presunzione in parola non applicabile al de cuius non residente, sulla scorta della volatilità dei beni quali il denaro ed i gioielli per i quali, in altri termini, non si può ritenere soddisfatto il requisito di esistenza nel territorio dello Stato.

Eliminazione della doppia imposizione

Il credito per le imposte estere

L’art. 26, comma 1, lett. b), del TUSD stabilisce che dall’imposta di successione dovuta in base alla disciplina italiana, sono detraibili “le imposte pagate ad uno Stato estero, in dipendenza della stessa successione ed in relazione a beni esistenti in tale Stato, fino a concorrenza della parte dell’imposta di successione proporzionale al valore dei beni stessi, salva l’applicazione di trattati o accordi internazionali“. Tale meccanismo ricalca nella sostanza quello previsto dall’articolo 165 del DPR n. 917/86 per le imposte sui redditi.

Requisiti del credito per imposte estere

I requisiti richiesti dall’art. 26 del TUSD per poter beneficiare del credito d’imposta si possono sintetizzare come segue:

  • La natura similare dell’imposta estera;
  • La localizzazione di beni nello Stato estero;
  • Il pagamento dell’imposta nello Stato estero.

Esempi concreti

Per quanto riguarda il primo requisito, ovvero la natura similare, questo è necessariamente soddisfatto dalle cd. “estate taxes“. Si tratta, in sintesi, di imposte prelevate al momento del decesso, indipendentemente dai rapporti di parentela esistenti tra il de cuius e gli eredi designati nell’atto testamentario. L’imposta è prelevata sull’intero importo dell’asse ereditario. La struttura di queste imposte riprende, di fatto, i presupposti soggettivi ed oggettivi inclusi all’articolo 2, co. 2 e 3, del TUSD. Pertanto, le estate taxes possono essere assimilabili all’imposta di successione italiana.

Deve potersi dire altrettanto, ad esempio, per quanto riguarda le c.d. “probate fees” di diritto canadese. Si tratta di imposte corrisposte allo Stato di residenza del de cuius per la realizzazione, tramite la competente autorità giudiziaria, dell’effettiva distribuzione del patrimonio ereditario. Questo tipo di fees sono state qualificate dalla giurisprudenza canadese come imposte, non quindi come tasse. Le probate fees sono calcolate come percentuale del valore lordo del patrimonio ereditario, senza cioè considerare a decremento dello stesso gli eventuali debiti esistenti in capo al de cuius al momento del decesso. Contrariamente, quindi, all’imposta italiana che aggredisce il valore netto del patrimonio ereditario. Tale differenza, tuttavia, non compromette l’assimilazione sostanziale delle due imposte, sintetizzata principalmente nell’insorgenza del presupposto impositivo al momento del decesso.

Applicazione a specchio dei criteri di collegamento

Per il secondo requisito, ai fini della localizzazione degli asset ereditari nello Stato estero si è suggerita l’applicazione a specchio dei criteri di cui all’articolo 2, comma 2, del TUSD: in altri termini, si applica la disposizione da ultimo richiamata con riferimento non all’Italia, ma allo Stato estero, al fine di determinare se il situs di un bene incluso nell’asse ereditario sia in tale Stato; in caso contrario, l’eventuale imposta non è accreditabile.

Tale applicazione dell’art. 2 del TUSD fa, comunque, salve le presunzioni assolute di localizzazione in Italia previste dal comma 3 del medesimo articolo. Permane, a tale proposito incertezza circa il riconoscimento del credito per l’imposta di successione assolta all’estero anche al soggetto passivo italiano avente controparte debitoria estera, laddove il credito sia garantito da un bene esistente in Italia, stante il principio di attrazione del credito nel territorio italiano per un valore pari a quello dei beni posti a sua garanzia.

Eliminazione della doppia imposizione in base alla norma convenzionale

Degli Stati esteri con cui l’Italia ha stipulato convenzioni contro le doppie imposizioni, nessuno applica l’imposta di successione solo in base alla residenza dell’erede, mentre può darsi il caso di una doppia territorialità: la Francia ammette infatti la tassazione su base mondiale se il de cuius o l’erede sono residenti in Francia; in questo caso, la convenzione – che in base al modello OCSE considera rilevante la sola residenza del de cuius – non consente alla Francia di tassare su base mondiale l’erede francese di de cuius italiano (mentre rimarrà ovviamente possibile un’eventuale tassazione su base territoriale). In particolare, l’abrogazione dell’imposta di successione intervenuta nel periodo 2001 – 2006 aveva fatto insorgere la questione in merito all’inapplicabilità delle convenzioni alle successioni di de cuius italiani dato che, abrogando l’imposta, si elimina anche il relativo requisito di residenza (di soggettività fiscale passiva), condizione necessaria per invocare il regime convenzionale.

L’esiguità del network convenzionale italiano dovrebbe suggerire, a detta del relatore, una riflessione sull’utilità dei trattati nel risolvere i casi di doppia imposizione che la normativa domestica non è in grado di dirimere.

Profili di contrasto della normativa italiana con i principi di diritto comunitario

Vediamo, infine, alcuni profili di incompatibilità della normativa successoria interna con alcuni dei principi fondanti del diritto comunitario per l’imposta di successione:

a) Eventuale diniego di esenzione per partecipazioni di controllo in società di capitali non residenti e partecipazioni in società di persone non residenti

L’art. 3, comma 4- ter, del TUSD stabilisce che “I trasferimenti (…) a favore dei discendenti e del coniuge, (…) di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’art. 73, comma 1, lett. a), del T.U.I.R. il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito o integrato il controllo“.

La negazione dell’esenzione in commento ai casi di partecipazioni di controllo in società di capitali non residenti e di detenzione di quote di partecipazione in società di persone non residenti presenterebbe profili di incompatibilità con il principio della libertà di stabilimento nonché con quello della libera circolazione dei capitali.

Il relatore ha rammentato, a tale proposito, la posizione del Consiglio Nazionale del Notariato, secondo cui tali trasferimenti risultano sempre esenti, anche in assenza di integrazione del controllo, ma a condizione che essi siano effettuati a favore dei discendenti del cedente.

b) Diniego di esenzione totale o parziale per beni esteri di interesse storico e artistico

La Corte di giustizia della Comunità europea si è pronunciata, con riferimento al trasferimento mortis causa di un patrimonio forestale, contro la disposizione di diritto interno tedesco che riconosce l’esenzione da imposta di successione se il patrimonio forestale si considera esistente in Germania negandola, invece, laddove tale patrimonio non sia riconducibile al territorio dello Stato tedesco. Nella sentenza C-256/06 – Jäger, la Corte di giustizia della Comunità europea ha stabilito che tale disposizione è contraria alla libertà di stabilimento. Nella stessa sentenza, la Corte ha anche stabilito la irrilevanza dell’iscrizione al catasto locale di beni situati al di fuori del territorio dello Stato come condizione per riconoscere l’esenzione dall’applicazione dell’imposta di successione.

c) Rivalutazione del costo fiscale di un bene soggetto ad imposta di successione estera (art. 68, comma 6, del T.U.I.R.)

Si è rammentato come, ai fini Irpef, nel caso di acquisto per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione (quindi un valore calcolato al momento del decesso). Tale valore fiscale, tuttavia, non può essere invocato nel caso di partecipazioni assoggettate ad imposta di successione in uno Stato estero: il che appare in contrasto con la libertà di stabilimento sancita dai principi di diritto comunitario.

Il caso della donazione di beni esteri da donante non residente a beneficiario residente

La donazione, effettuata all’estero, dal donante non residente in Italia (iscritto AIRE), a favore del beneficiario residente in Italia, avente ad oggetto una somma di denaro (non di modico valore) depositata su un conto deposito estero, non è soggetta ad obbligo di registrazione (art. 55 comma 1-bis del D.Lgs. n. 346/90) né al pagamento dell’imposta di donazione (art. 2 comma 2 del D.Lgs. n. 346/90). Questo è quanto ha affermato l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 310/E/2019.

Nella risposta in commento viene chiarito, infatti, che l’art. 55 del D.Lgs. n. 346/90 disciplina le regole legate alla registrazione delle donazioni, rinviando alle norme sull’imposta di registro. Per effetto di queste disposizioni, quindi, devono essere registrati in Italia esclusivamente gli atti di donazione formati all’estero aventi ad oggetto beni immobili o aziende esistenti in Italia (art. 2 comma 1 lett. d) del DPR n. 131/86). Tuttavia, occorre tenere presente che non formalizzare un atto di donazione estero potrebbe essere problematico per la giustificazione dell’operazione (incasso del denaro proveniente dall’estero) per il soggetto beneficiario residente. Pertanto è opportuno valutare bene l’operazione sotto diversi profili.

Conclusioni

È opinione dello scrivente che, al fine di ridurre conflitti tra norme locali e principi comunitari, si debba innescare un processo tale da portare ad un’armonizzazione dell’imposta di successione a livello europeo o almeno all’individuazione di un level playing field.

 

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