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Nota per aver restaurato il Colosseo nella città eterna, da oggi la società Aspera sarà riconosciuta per le irregolarità che avrebbero portato al fallimento. Almeno secondo la procura di Genova che contesta ai dirigenti un buco di 18 milioni di euro dovuto ai reati di bancarotta fraudolenta per distrazione e per dissipazione, false comunicazioni sociali, bancarotta impropria da false comunicazioni sociali e auto-riciclaggio.

L’azienda genovese, con sede in via Dassori ad Albaro, era attiva nella progettazione e nella realizzazione di edifici civili e industriali, ma anche nel recupero e nella conservazione di monumenti storici. Oltre alla sede centrale di Genova, aveva uffici a Roma, Milano, Torino e Pisa.

Il primo nome dietro al tracollo è quello del titolare Alex Amirfeiz, 51 anni, architetto e imprenditore di fama a Genova e non solo, conosciuto in politica per essere stato braccio destro di Sandro Biasotti quando questi era presidente della Regione. 

Questa mattina, il Nucleo operativo metropolitano della guardia di finanza diretto dal colonnello Giuseppe Di Tullio, lo ha messo agli arresti domiciliari; i militari hanno anche eseguito perquisizioni a carico di otto commercialisti, a loro volta indagati, nei confronti dei quali sono scattate interdizioni dalla professione: si tratta di Gianluca Accomazzo (63 anni), Paolo Grasso (60 anni), Carlo Moriani (59 anni), Luca Verdino (60 anni), Carlotta Testino (40 anni), Roberto Maria Benedetti (75 anni), Riccardo Costa (34 anni) e Carlo Laganà (58 anni); a diverso titolo amministratori, sindaci e revisori dei conti del gruppo. Il Nom, su disposizione del giudice Matteo Buffoni, ha inoltre eseguito sequestri per 3,3 milioni di euro.

Secondo il pm Patrizia Petruzziello, membro del pool specializzato in reati economici coordinato dal procuratore aggiunto Francesco Pinto, “le indagini svolte facevano emergere una spregiudicata attività di distrazione patrimoniale e anche di dissipazione posta in essere soprattutto ai danni di Aspera Spa e, quindi dei suoi creditori. In questo contesto, Amirfeiz rivestiva con evidenza il ruolo di dominus incontratasto”.

Per realizzare la sua strategia, senza destare troppi sospetti, secondo la procura, Amirfeiz si sarebbe servito di un meccanismo che gli consentisse di non comparire in prima persona. Così, sempre per gli inquirenti, l’architetto avrebbe creato una ‘cassaforte’ sotto forma di ente collettivo, dove far confluire le risorse delle società che facevano parte del ‘perimetro’, dietro le quali ci sarebbe stato sempre il beneficiario finale ovvero Amirfeiz. “Si verificavano inadempimenti dirompenti e gravemente prolungati nel tempo, con debiti trascinati in avanti, spesso malamente ‘tamponati’ attraverso comportamenti costituenti essi stessi reato, nell’ambito di un complessivo depauperamento del patrimonio sociale attraverso operazioni non giustificate e illeciti spostamenti di denaro. In tale contesto venivano esposti a bilancio fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero, al fine di indurre i terzi in errore sulla reale condizione debitoria di Aspera Spa. Negli anni successivi (2015, 2016 e 2017) i bilanci occultavano ulteriori perdite che, se non celate, avrebbero costretto i soci alla ricapitalizzazione della fallita”.

In particolare le operazioni di Amirfeiz avrebbero provocato “un enorme buco finanziario che a lungo andare determinava il collasso prima di Aspera Spa, poi delle altre società del ‘perimetro’, e quindi un vero e proprio crack finanziario”, che la procura ha calcolato essere intorno ai 22 milioni di euro.

L’indagine che ha impegnato le fiamme gialle e la procura per mesi, ha preso in analisi la copiosa documentazione acquisita sui rapporti commerciali intrattenuti dalla società per azioni fallita con le società collegate nel ‘perimetro’. In molti casi nei passaggi di denaro tra le società, non è stato possibile individuare valide ragioni economiche che giustificassero tali operazioni.

Gli investigatori hanno analizzato i bilanci e libri contabili societari, accertando numerose operazioni oggetto di contestazione, tra le quali: la completa svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati nell’ultimo bilancio prima del fallimento, l’effettuazione di pagamenti su conti transitori privi di giustificazione contabile, l’esecuzione di bonifici per finanziamenti infruttiferi e successiva rinuncia al credito maturato, la indebita svalutazione di rimanenze.

A partire dal 2015 Aspera non è stata in grado di far fronte in maniera regolare alle proprie obbligazioni a causa di un progressivo depauperamento del patrimonio sociale e, attraverso l’esposizione in bilancio di fatti rilevanti non rispondenti al vero, ha impedito ai terzi creditori di avere la piena consapevolezza sulla reale condizione debitoria.

 

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