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Deputato Lomuti (M5s): “Perchè la Zes unica di Fitto ammazza la Basilicata. Di seguito la nota integrale.

La polvere sotto il tappeto è l’ultima strategia rimasta al sistema del centrodestra per sopravvivere.

Chiariamo subito che la ZES unica penalizza la Basilicata più di tutte le altre regioni. Sfidiamo chiunque voglia fare impresa, a scegliere, a parità di agevolazioni, se investire nelle  nelle regioni dove sono presenti le infrastrutture (strade, ferrovie, porti e aeroporti), oppure venire in Basilicata dove semplicemente non esistono.

Nel frattempo, nella sua informativa alla camera dei deputati, slla ZES unica e i crediti d’imposta nel mezzogiorno, il ministro Fitto racconta un successo fantasma che solo lui e la sua maggioranza vede. In realtà, la sua informativa nasconde scenari molto lontani dal senso della parola “successo”, specialmente se ci riferiamo al mondo delle piccole e medie imprese.

Ma andiamo per ordine. Nel bonus Mezzogiorno c’erano dei limiti di investimento e c’erano delle percentuali diverse a seconda delle regioni. Tutto era automatico: le imprese compravano i macchinari, tutte avevano il credito e non si sforava mai la spesa. I limiti consistevano in 3 milioni di euro di investimento per le piccole imprese, 10 milioni di euro per le medie imprese, 15 milioni di euro per le grandi imprese e infine 100 milioni di euro per le imprese insediate nelle 8 aree ZES. Fitto, con la sua Zes Unica, ha esteso il massimale di 100 milioni di euro a tutte le imprese, indistintamente. E così le domande sono aumentate in modo incontrollabile. Se prometti il 60% di credito d’imposta dell’investimento, con il massimale di spesa di 100 milioni, è chiaro che tutti faranno domanda (tra l’altro se aumenti le risorse da 1,4 miliardi a 1,6, possiamo parlare sostanzialmente di invarianza del fondo di risorse). E infatti l’ammontare degli investimenti richiesti dalle aziende è arrivato a circa 9 miliardi di euro.

E arriviamo all’agenzia delle entrate che, su richiesta dello stesso Fitto, ha diviso le risorse per le domande fatte, abbassando la percentuale (come prevedibile) al 17% su quanto chiesto (60%), riducendo il tutto al 10%. Quindi, chi, sulla base delle promesse di Fitto, ha chiesto i finanziamenti confidando di prendere il 60% della spesa, si ritroverà con un misero 10%

Ma la criticità principale è un’altra: i soldi per i lavori devono essere anticipati dalle aziende. Non è un elemento di poco conto, dato che le piccole imprese non hanno la capacità finanziaria delle grandi e pertanto la stragrande maggioranza delle nostre PMI saranno costrette sin da subito a rinunciare all’investimento e al credito.

Il vantaggio per le grandi imprese è evidente sotto due profili. In primis, vincono ab origine la concorrenza con le piccole. In secondo luogo, la rinuncia delle piccole, farà crescere le risorse a favore delle grandi e le PMI, come ad esempio quelle lucane, rimarranno con un pugno di mosche in mano. Eppure per Fitto e il governo, questo scenario sarebbe un grande successo. A noi sembra più l’ennesima presa in giro nei confronti dei piccoli imprenditori del sud, per mezzo dei soliti giochetti finanziari che vanno a privilegiare ancora una volta le grandi aziende a discapito di quelle più piccole.

E se guardiamo alla Basilicata, le PMI interessano la maggior parte del tessuto imprenditoriale lucano.

In più oggi siamo difronte alla reticenza informativa del governo. Abbiamo chiesto una serie di dati per capire a fondo la situazione ma gli unici dati che ci sono arrivati sono il numero delle imprese richiedenti. 13000 piccole e 487 grandi. Peccato che noi abbiamo chiesto anche altro, ad esempio conoscere gli importi. Perchè, ad esempio, se 400 grandi imprese chiedono investimenti elevati (es 6 miliardi su 9) e le piccole per importi nettamente inferiori (per esempio 3 miliardi), sarebbe utile capire il meccanismo di ripartizione anche per capire chi eventualmente, in base a questo meccanismo, molto probabilmente dovrà rinunciare. Se una piccola impresa deve fare investimenti per 100 mila euro per lavori immediati e ne riceve solo il 10%, cioè soltanto 10mila (dopo aver anticipato tutti i lavori) è chiaro che potrebbe rinunciarvi e quei 10mila restano nell’ammontare del credito che andrà probabilmente alle grandi imprese che hanno liquidità per anticipare i lavori. Infine, questo meccanismo incentiva il nero, perchè l’impresa più piccola che ha chiesto e rinunciato al 10% sa benissimo che non fatturando, invece, avrà un risparmio (guadagno) del 22% dell’IVA.

Insomma, siamo dinanzi all’ennesimo pasticcio determinato da ignoranza e supponenza mascherati dalla solita propaganda.

 

 

 

 

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