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Non può essere negato il beneficio dell’esdebitazione sulla base di una percentuale di soddisfacimento dei creditori privilegiati del 13,8 per cento. Per la Cassazione, ordinanza n. 15246 della Prima sezione civile, depositata il 12 maggio, la definizione di soddisfacimento irrisorio deve essere ancorata piuttosto a percentuali minime, di portata tale da essere nella sostanza irrilevanti. La Corte d’appello, invece, aveva negato la liberazione dai debiti residui, sostenendo che, a fronte di quasi 3 milioni di crediti da catalogare a titolo privilegiato e di quasi 6 milioni al chirografo, la misura del 13,8% entro la quale avevano trovato soddisfacimento i soli privilegiati era irrisoria rispetto alla totalità del passivo.

La Cassazione annulla però il giudizio, ricordando innanzitutto che l’inesigibilità dei debiti residui nei confronti del fallito persona fisica richiede che ci sia stato il soddisfacimento almeno parziale dei creditori concorsuali. Una condizione, avverte ancora la pronuncia, che, tenuto conto del favore per l’istituto, si considera realizzata anche quando alcuni creditori non sono stati pagati affatto. Spetta però al giudice di merito una valutazione comparativa della percentuale di soddisfazione realizzata rispetto a quanto complessivamente dovuto, tuttavia seguendo sempre una linea interpretativa di dichiarato favore nei confronti del debitore.

Solo una valutazione di irrisorietà può impedire allora l’accesso al beneficio da parte dell’imprenditore. E in questa prospettiva sarebbe «non pertinente» associare un giudizio di irrisorietà ad una percentuale di soddisfacimento quasi del 14%, anche se solo nei confronti di una delle categorie dei creditori.

Sul punto quindi la Cassazione annulla con rinvio. No invece a un altro motivo di ricorso che contestava la tardività , rilevata dalla Corte d’appello, di una delle richieste presentate dal debitore, socio illimitatamente responsabile di due società in nome collettivo: per l’imprenditore la pendenza di un’altra procedura fallimentare avrebbe dovuto produrre l’allungamento dei termini per la presentazione della domanda relativa all’altra società.

La Cassazione invece ricorda che la domanda di esdebitazione deve fare riferimento alla sola circostanza dell’avvenuta chiusura del fallimento per il quale il debitore intende invocare il beneficio. Che ne sia aperto contemporaneamente un altro non può essere considerato rilevante: la domanda va sempre presentata con il decreto di chiusura del fallimento oppure su ricorso dell’imprenditore entro l’anno successivo.

 

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