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In qualsiasi epoca diventare milionario รจ un destino riservato a una piccola minoranza dotata di attitudini singolari e con pochi scrupoli. Roma non fece eccezione. Anzi, divenne addirittura il modello di coloro che in epoche successive hanno inseguito questo destino nella nostra civiltร occidentale. Le strade per diventare ricchi nellโantica Roma erano diverse. Senza dubbio, la piรน rapida era la guerra, che poteva far ottenere bottini molto ingenti ai generali vittoriosi. Non meno proficuo era ottenere il governo di una provincia conquistata, che un proconsole o un propretore potevano sfruttare in maniera arbitraria per accrescere la loro fortuna personale. Vi fu anche chi divenne immensamente ricco mediante lโaccaparramento di proprietร agrarie, con i commerci e gli affari derivati dai grandi contratti con lo stato o, per finire, come banchiere o prestasoldi a usura.
Tra saccheggi, abusi di autoritร , prevaricazioni e usura, molti romani si arricchirono a piene mani. Alcuni, semplici furfanti, non seppero amministrare il patrimonio e finirono per perdere capitale e dignitร , ma i piรน astuti riuscirono a far aumentare proprietร e fortuna con il prestito di denaro, gli investimenti immobiliari e lโincremento di residenze e latifondi.
Crasso il Ricco
Verso la fine della repubblica, nel I secolo a.C., vi furono numerosi casi di rapido arricchimento personale. Non per nulla, agli occhi di molti contemporanei, quella fu unโepoca dominata da una passione irrefrenabile per il denaro, come riconobbe lo storico Tito Livio: ยซDa qualche tempo la ricchezza ha introdotto lโaviditร . E piaceri sempre piรน sfrenati hanno generato la smania di rovinarsi e di sperperare ogni cosa nel lusso e nella libidineยป.
Lโuomo piรน ricco di Roma in quegli anni era Marco Licinio Crasso (115-53 a.C.), soprannominato ยซil riccoยป (dives). Secondo Plutarco, il suo patrimonio, che allโinizio della sua carriera era di trecento talenti, aveva raggiunto i 7100 prima della morte, mentre per Plinio possedeva terre per un valore di 200 milioni di sesterzi. Crasso era convinto che nessuno si potesse considerare milionario se non era in grado di mantenere un esercito. Se teniamo conto che il mantenimento di un paio di legioni consolari costava circa 2,5 milioni di sesterzi lโanno, รจ chiaro che Crasso poteva permettersi facilmente quella spesa. E in effetti, durante le lotte politiche a Roma, Crasso non esitรฒ ad armare un esercito personale e a mettere la sua fortuna e il suo potere a disposizione di terzi, come fece con Giulio Cesare, suo alleato nel triumvirato che governรฒ Roma tra il 60 e il 53 a.C.
Pur avendo ereditato dalla famiglia una fortuna considerevole, Crasso la accrebbe enormemente con diversi mezzi. Si aggiudicรฒ a prezzi simbolici i beni che il dittatore Silla confiscรฒ ai suoi nemici dopo le proscrizioni dellโ81 a.C. Successivamente creรฒ unโimpresa immobiliare per acquistare per somme irrisorie gli edifici in cui si ammassavano le abitazioni popolari (insulae) che erano state preda di frequenti incendi o crolli a Roma. Comprรฒ fino a cinquecento schiavi perchรฉ lavorassero come architetti e capomastri nel restauro degli immobili e continuare cosรฌ a godere delle rendite.
La maggior parte degli edifici in affitto della capitale passรฒ per le sue mani, e in questo modo Crasso divenne il maggior proprietario di beni immobiliari di Roma. Il facoltoso triumviro morรฌ vittima della sua cupidigia nel 53 a.C., quando alla guida del proprio esercito intraprese unโazzardata offensiva contro lโimpero dei parti. Sconfitto a Carre (lโattuale Harran, in Turchia), Crasso fu catturato dai parti che, secondo le fonti antiche, lo assassinarono versandogli in gola oro fuso, metafora dellโaviditร che aveva caratterizzato tutta la sua vita.
Bottino di guerra
Anche la parabola di Giulio Cesare illustra bene la stretta interconnessione tra denaro e politica nellโantica Roma. Cesare apparteneva a una famiglia romana di antica stirpe ma di scarsa fortuna, il che lo costrinse a indebitarsi per finanziare la sua carriera politica. Secondo Appiano, prima di compiere quarant’anni Cesare aveva accumulato debiti per 25 milioni di sesterzi, e quando fu eletto propretore della Hispania Ulterior i suoi creditori minacciarono di bloccare i fondi che riceveva dallo stato se non avesse restituito i prestiti.
Fu Crasso ad accorrere in suo aiuto facendo da garante con i creditori, il che permise a Cesare di recarsi come propretore nella Hispania e usare i guadagni della carica per estinguere i debiti. In seguito il bottino ottenuto nelle guerre galliche (58-51 a.C.) lo rese finalmente il milionario che aveva sempre desiderato essere. La gloria militare e lโarricchimento personale erano indispensabili a Roma per raggiungere il successo politico e le alte cariche istituzionali, e Cesare fu lo statista che meglio seppe vedere ed esemplificare lโindispensabilitร del denaro per raggiungere il potere.
Anche Gaio Sallustio Crispo (86-34 a.C.), storico e fedele sostenitore di Cesare, si arricchรฌ grazie alle estorsioni praticate nel suo ruolo di propretore della provincia dellโAfrica Nova. Con il bottino proveniente dai suoi saccheggi si fece costruire a Roma il favoloso complesso conosciuto come Horti Sallustiani, i ยซgiardini di Sallustioยป, unโopulenta villa suburbana dotata di splendidi giardini, templi, padiglioni porticati, terme, criptoportici, statue, fontane e ninfei. La villa occupava una vasta area situata tra i colli del Viminale e del Quirinale e il Campo Marzio, terreni che in precedenza erano appartenuti a Cesare e che negli anni successivi sarebbero passati nelle mani degli imperatori.
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Banchieri e usurai
In un elenco delle tipologie dei ricchi dellโantica Roma non possono mancare i banchieri. Chiamato in latino argentarius o nummularius, il banchiere romano svolgeva diverse funzioni: cambio della moneta, deposito di fondi, intermediario nelle vendite allโasta e, naturalmente, prestasoldi. Gli interessi sui prestiti erano assai elevati, e sebbene una legge della metร del I secolo a.C. li limitasse al dodici per cento, talvolta veniva richiesto un interesse superiore, una pratica usuraria che i tribunali non poterono sradicare e che era esercitata da importanti membri del senato, latifondisti e accaparratori di terre statali.
Attraverso il politico e oratore Cicerone ci possiamo fare unโidea del grande potere che avevano gli usurai nella Roma del I secolo a.C. Quando era allโapice della sua carriera Cicerone decise di andare a vivere sul Palatino, la zona esclusiva delle classi dirigenti, ma poichรฉ non aveva una genealogia aristocratica nรฉ una cospicua fortuna familiare dovette ricorrere ad astuzie legali e allโusura.
Nel 62 a.C. ricevette la donazione di un cliente per comprare la casa che era appartenuta a Crasso sul colle del Palatino, un fatto per il quale fu molto criticato, giacchรฉ la legge proibiva agli avvocati di ricevere compensi economici dai clienti. Per pagare lโimmobile Cicerone dovette ricorrere a un prestito a usura. Alla fine di quellโanno si lamentava cosรฌ in una lettera allโamico che gli aveva consigliato lโacquisto: ยซHo comprato la casa [di Crasso] e lโho pagata tre milioni e mezzo di sesterzi. E cosรฌ, sappi che ho tanti debiti che ho voglia di partecipare a una congiura, se qualcuno mi vorrร ยป. Qualche giorno dopo Cicerone confessรฒ allโamico Pomponio Attico che stava ancora cercando credito presso alcuni senatori usurai, tentando di trovare un tasso di interesse che non superasse il massimo del dodici per cento stabilito dalla legge.
Molti degli usurai che facevano affari redditizi alle spese di personaggi come Cicerone che avevano bisogno di denaro appartenevano a un gruppo sociale che aveva un grande potere economico: i liberti, ex schiavi emancipati. Parecchi di loro prosperarono alla corte dell’imperatore Augusto e dei suoi successori. Abili amministratori, approfittavano della loro situazione privilegiata per accumulare fortune straordinarie, molto piรน ingenti di quella di Crasso il Ricco, a quanto sostiene Plinio. Accadde cosรฌ a Callisto, liberto di Caligola, a Narciso, liberto dellโimperatore Claudio e incaricato della sua corrispondenza imperiale, successivamente condannato a morte da Nerone, o a Pallante, che con Agrippina, la moglie di Claudio, tenne le redini dellโimpero romano per un certo periodo e finรฌ per essere avvelenato, anchโegli per ordine di Nerone.
Fuori dallโambito della corte, i liberti furono uno dei gruppi piรน dinamici dellโeconomia romana ed ebbero un ruolo importante come banchieri. A questo proposito ricordiamo uno dei personaggi del Satyricon di Petronio, Trimalcione, il liberto che organizza un sontuoso banchetto nel quale si comporta con la volgaritร di un nuovo ricco. Nel testo si spiega che Trimalcione si arricchรฌ grazie a un investimento che gli portรฒ un beneficio di dieci milioni di sesterzi, il che gli permise di dedicarsi da quel momento in poi allโattivitร di usuraio.
Non era comunque necessario essere un ex schiavo per fare lโusuraio. Lโuomo piรน facoltoso di Roma a quellโepoca era il filosofo Seneca, servitore di fiducia sia di Claudio sia di Nerone, che secondo Tacito e Cassio Dione accumulรฒ un capitale di trecento milioni di sesterzi grazie allโusura.
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Per saperne di piรน
Economia e finanza a Roma. A. Marcone, F. Carlร . Il Mulino, Bologna, 2011
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