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La pronuncia del Tribunale di Salerno in commento (testo in calce) costituisce precedente rilevante in tema di opposizione alla esecuzione.

Infatti, dalla sentenza si delinea il seguente quadro: il debitore che abbia ottenuto la sospensione da parte del Giudice della esecuzione, non ha diritto di chiedere, nel susseguente (ipotetico) giudizio di merito, l’accertamento definitivo dell’inesistenza del diritto altrui, non avendo un interesse concreto ed attuale alla pronuncia.

Il fatto

Nel caso di specie l’Agente per la riscossione agiva nei confronti di Tizio notificandogli atto di pignoramento diretto ex art. 72-bis – D.P.R. n. 602/73, avverso il quale insorgeva l’asserito debitore eccependo, tra le altre cose, l’avvenuta prescrizione dell’asserito credito; chiedeva, altresì, il risarcimento dei danni patiti, da valutarsi in via equitativa, atteso il discredito che stava subendo agli occhi del datore di lavoro, terzo pignorato.

In sede di opposizione alla esecuzione il G.E. accertando, in via sommaria, la fondatezza delle eccezioni sollevate dall’asserito debitore, accoglieva l’istanza di sospensione e fissava il termine per l’introduzione del giudizio di merito.

Lo stesso debitore, dunque, volendo ottenere una pronuncia definitiva, nonché per ottenere il risarcimento dei danni, introduceva giudizio di merito, così ribadendo le richieste già effettuate nella fase sommaria e, quindi, insisteva per l’accertamento definitivo della insussistenza della sua posizione debitoria, nonché per il risarcimento del danno.

Questa, in sintesi la vicenda.

La decisione

Il Tribunale, dunque, ha deciso che il debitore non avrebbe nessun interesse concreto ed attuale, una volta ottenuta la sospensiva, di coltivare il giudizio di merito.

Anzi, il Tribunale muove dall’ottica deflazionistica della riforma processuale, sicché, la successiva fase di merito, meramente eventuale, non può essere utilmente coltivata allorquando sia intervenuta “soddisfazione” nella pregressa fase “cautelare”.

Orbene, il Tribunale di Salerno, considerando insussistente l’interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., ha dichiarato inammissibile la domanda di merito introdotta dall’asserito debitore, con la precisazione che la declaratoria di inammissibilità incide sulla stabilizzazione degli effetti ottenuti in sede sospensiva, con pedissequa estinzione del pignoramento.

La decisione del Tribunale di Salerno, certamente interessante, pone degli interrogativi in ordine alla tutela giuridica concreta consentita al debitore all’esito della riforma processuale in tema di opposizione alla esecuzione (L. 52/2006).

Una volta ottenuta la sospensione in sede di opposizione (nella prima delle due fasi della struttura bifasica risultante dalla riforma), la mancata introduzione del giudizio di merito da parte di chi ne ha interesse, fa sì che il giudice dell’esecuzione dichiari, anche d’ufficio, con ordinanza, l’estinzione del processo (ndr. esecutivo) e ordini la cancellazione della trascrizione del pignoramento.

In altri termini, l’unico effetto della mancata introduzione del giudizio di merito è quello di provocare l’estinzione della procedura esecutiva, senza nessuna definitività circa la situazione giuridica concreta.

Il debitore che desideri ottenere l’accertamento definitivo della sua posizione e, quindi, ottenere una sentenza che accerti che l’Agente per la riscossione non abbia nessun titolo (cartella esattoriale) per procedere esecutivamente, per quanto sostenuto dal Tribunale di Salerno, non potrà avvalersi del giudizio di merito.

Si tratta di una effettiva tutela o di una tutela dimezzata, pur di dar soddisfazione alle necessità deflattive ordinamentali?

L’interesse del debitore che, pur ottenuta la sospensiva, decidesse di introdurre il giudizio di merito, non potrebbe che coincidere con l’interesse ad ottenere una pronuncia di accertamento definitivo sulla situazione giuridica (esistenza / inesistenza del credito). Alla luce della sentenza in commento, dunque, è opportuno chiedersi se la richiesta finalizzata ad ottenere l’accertamento definitivo circa, come nel caso in esame, la avvenuta prescrizione del diritto dell’Agente della riscossione, possa costituire interesse concreto ed attuale.

Il debitore aveva proposto, nel merito, una domanda di mero accertamento dell’avvenuta prescrizione del diritto.

Per giurisprudenza costante, “l’interesse ad agire con un’azione di mero accertamento non implica necessariamente l’attuale verificarsi della lesione d’un diritto o una contestazione, essendo sufficiente uno stato di incertezza oggettiva sull’esistenza di un rapporto giuridico o sulla esatta portata dei diritti e degli obblighi da esso scaturenti, non superabile se non con l’intervento del giudice” (cfr. Cass. n. 13791/16; Cass. n. 16262/15; Cass. n. 13556/08; Cass. n. 17026/06).

Il principio generale dell’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c. conduce ad ammettere l’azione di mero accertamento in tutti i casi in cui sussistano vanti, contestazioni o comportamenti tali da compromettere la certezza nelle relazioni giuridico sociali di proprie situazioni soggettive.

L’introduzione del giudizio di merito per l’accertamento dell’inesistenza del credito vantato dall’Agente della riscossione era l’unico strumento (salvo introdurre separato processo) attraverso il quale il debitore potesse tutelarsi definitivamente anche da eventuali futuri «attacchi» pignoratizi sul proprio patrimonio.

Del resto, la mera circostanza per cui l’interesse del debitore sarebbe soddisfatto dalla declaratoria di estinzione del processo esecutivo sarebbe quantomeno discutibile, in quanto quest’ultima (l’estinzione del processo esecutivo) comporterebbe degli effetti certamente favorevoli all’attore medesimo, ma meramente processuali e certamente non equiparabili all’accertamento definitivo ed irretrattabile avente ad oggetto l’inesistenza del diritto del creditore.

Alla luce di tanto non vi è dubbio che l’interesse del debitore alla introduzione del giudizio di merito e, dunque, ad ottenere una pronuncia di mero accertamento, pur configurandosi come “astratto” dal punto di vista formale, non lo è dal punto di vista sostanziale, in quanto dovrebbe costituire diritto sacrosanto del debitore quello di vedere accertata, una volta per tutte, l’inesistenza del diritto vantato dal creditore procedente, sì da evitare che in futuro possano essere predisposte nuove azioni esecutive nei suoi confronti sulla base di quei titoli dichiarati prescritti.

Il giudizio potrà essere instaurato dal creditore procedente, laddove questi lo ritenga opportuno, e dovrà esserlo al fine di evitare l’estinzione del processo esecutivo (ferma restando la possibilità che vi provveda anche lo stesso debitore opponente, laddove intenda conseguire gli effetti del giudicato sull’opposizione)” (Tribunale Bari, 21 Novembre 2019).

Per assurdo, quindi, laddove il debitore non avesse ottenuto la sospensione dell’esecuzione e, quindi, avesse introdotto il giudizio di merito, nel caso di sentenza positiva avrebbe ottenuto un risultato più incisivo con una sentenza definitiva di accertamento della inesistenza del credito dell’Agente per la riscossione; risultato che, secondo il Tribunale di Salerno non è ottenibile nella ipotesi di avvenuta sospensiva in suo favore.

Alla luce di quanto esposto, la decisione del Tribunale di Salerno impone un interrogativo: è piena tutela?

TRIBUNALE DI SALERNO, SENTENZA N. 1448/2020 >> SCARICA IL TESTO IN PDF

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