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Tre anni, 2 mesi e 15 giorni per alcuni episodi di false fatturazioni. È la condanna emessa dal Tribunale di Firenze nei confronti di Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli. Il padre e madre del leader di Italia Viva Matteo Renzi sono stati invece assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta delle cooperative Delivery Service Italia […]

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Tre anni, 2 mesi e 15 giorni per alcuni episodi di false fatturazioni. È la condanna emessa dal Tribunale di Firenze nei confronti di Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli. Il padre e madre del leader di Italia Viva Matteo Renzi sono stati invece assolti dall’accusa di bancarotta fraudolenta delle cooperative Delivery Service Italia ed Europe Service. Matilde Renzi, sorella dell’ex presidente del consiglio, è stata assolta dall’accusa di false fatture perché il fatto non sussiste e per la particolare tenuità del fatto.

Le accuse e le richieste dei pm – Nel processo erano imputate altre 12 persone. Lo scorso dicembre, al termine della requisitoria, il pm Luca Turco aveva chiesto 5 anni a testa per Renzi senior e Bovoli, dieci mesi per la figlia Matilde Renzi. La procura aveva inoltre chiesto condanne da 1 anno a 4 anni e 8 mesi per altri sette imputati. L’inchiesta era nata dal fallimento delle cooperative di volantinaggio e servizi pubblicitari Delivery Service, Marmodiv, Europe Service, collegate alla Eventi 6 srl, la società dei genitori dell’ex leader del Pd. Il cuore del processo è stata la gestione delle coop di servizi dedite alla distribuzione di materiale pubblicitario. Secondo le indagini, condotte dalla Guardia di Finanza, Renzi senior e la moglie erano amministratori di fatto delle cooperative, tramite persone di fiducia o comunque condizionando le decisioni prese all’interno delle stesse società. Per il pm Turco i Renzi avevano provocato “il fallimento della società per effetto di un’operazione dolosa consistita nell’aver omesso sistematicamente di versare gli oneri previdenziali e le imposte, o comunque, aggravando il dissesto”.

Le dichirazioni spontanee – In sostanza, secondo gli investigatori, i Renzi avrebbero usato le cooperative, di cui sarebbero stati amministratori di fatto, per avere dipdendenti da usare nella società di famiglia, la Eventi 6. Poi le avrebbero portate al fallimento, omettendo di versare gli oneri previdenziali e le imposte. Accuse infondate secondo il collegio difensivo della coppia, che nell’ultima udienza prima aveva rilasciato dichiarazioni spontanee. Dopo la condanna Tiziano Renzi ha diffuso un comunicato in cui scrive: “La sentenza di oggi è una sentenza ampiamente positiva per tanti aspetti: sono infatti azzerate tutte le infamanti accuse che in questi anni abbiamo ricevuto sulle bancarotte. Ci hanno persino arrestato per quell’accusa e oggi il Tribunale di Firenze ci ha assolto disintegrando l’impianto accusatorio della procura. Non abbiamo fatto nessuna bancarotta. Punto. La condanna per le quattro presunte false fatture mi sorprende perché noi in quella specifica vicenda non avevamo alcun ruolo. Ma con immutata fiducia nella verità, andremo in appello dove avremo modo di mostrare tecnicamente come siamo estranei anche da questa contestazione, peraltro marginale, per un valore inferiore a centomila euro”.

La difesa: “Assolti dalla bancarotta”- È nell’ambito di quest’inchiesta che nel febbraio 2019 Renzi senior e la moglie erano finiti agli arresti domiciliari: la misura venne poi revocata dal Tribunale del Riesame dopo 18 giorni. “Era il processo delle bancarotte e sono stati assolti, voglio ricordare che se chi ha chiesto la misura e chi l’ha disposta avesse avuto previsione di questa sentenza, la misura cautelare non avrebbe potuto essere somministrata ai coniugi Renzi”, ha detto l’avvocato Federico Bagattini, spiegando che attende di leggere le motivazioni della condanna per poi presentare ricorso in Appello. Esattamente un anno fa, invece, i genitori dell’ex premier avevano ottenuto l’assoluzione definitiva in un altro processo in cui erano accusati di false fatture. Insieme ai Renzi era imputato anche l’imprenditore Luigi Dagostino, per il quale la Cassazione ha ordinato un Appello bis.

 

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