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Anche in passato si era ipotizzato lo strumento del concordato preventivo fra Fisco e contribuente rispolverato dall’attuale progetto di Riforma fiscale. In questo contributo ci soffermeremo sulle differenze fra il fallito tentativo del 2003 e l’attuale formulazione legislativa che punta su un accordo biennale.

Introduzione al concordato preventivo

La Finanziaria 2003 (art. 6 legge 289/2002) aveva introdotto nel nostro ordinamento il concordato preventivo, per consentire ai contribuenti di definire – anticipatamente e per tre annualità consecutive – il reddito d’impresa e di lavoro autonomo.

 

Obiettivi e Accessibilità

riforma fiscale concordato preventivoLa relazione ministeriale inquadrava il nuovo l’istituto nell’ambito della tendenza verso una maggiore partecipazione del contribuente nel procedimento amministrativo di accertamento tributario, con l’obiettivo di individuare una giusta imposta che, seppur non condivisa, sia comunque accettata dal soggetto passivo dell’obbligazione tributaria.

A tale concordato potevano accedere i contribuenti titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, soggetti all’imposta sul reddito delle persone fisiche, nonché all’imposta regionale sulle attività produttive, che avevano realizzato, nel periodo d’imposta che immediatamente precede quello previsto dalla definizione concordata, ricavi o compensi non superiori a cinque milioni di euro, mentre ne restavano esclusi le società di capitali e gli altri soggetti IRPEG (rectius: IRES).

Gli eventuali maggiori imponibili, rispetto a quelli oggetto del concordato, non erano soggetti a ulteriore tassazione, ma l’imposta dovuta per effetto del concordato non era riducibile, in caso di imponibili inferiori alla soglia per la quale si accettava l’accordo.

La norma – che rappresentava soltanto una facoltà e non certo un obbligo del contribuente – manteneva gli obblighi di certificazione dei corrispettivi, di registrazione delle operazioni attive e passive e tutti gli altri adempimenti fiscale conseguenziali (ad es. le liquidazioni periodiche).

I benefici per il contribuente consistevano soprattutto nella certezza della base imponibile concordata e nella intassabilità di eventuali maggiori imponibili conseguiti, rispetto a quelli preventivamente concordati.

Per converso, il Fisco poteva contare su una soglia di incassi quantificata e certa per un triennio e non avrebbe dovuto restituire un’eventuale imposta pagata in più, nel caso in cui i ricavi/compensi del contribuente si fossero rivelati minori rispetto a quelli patteggiati.

 

Il concordato preventivo nella versione 2003

Per effetto dell’art. 33 del D.L. 269 del 30 settembre 2003, conv. con modif. in L. n. 326/2023 l’istituto del “concordato fiscale preventivo” è stato integralmente rivisitato, allontanandosi notevolmente dal modello originario tracciato dall’art. 6 della legge 289/2002 ed acquistando una propria individualità che lo rendeva – per certi versi e volendo forzare un po’ – quasi uno studio di settore su scala biennale.

In effetti, la lettura dei 18 commi che componevano l’art. 33 e l’esplicita dichiarazione contenuta all’inizio del comma 1 (“Al fine di anticipare l’avvio a regime del concordato triennale preventivo”), sembravano chiarire immediatamente che ci trovavamo davanti ad un istituto a carattere assolutamente temporaneo, che doveva servire per spianare la via ed agevolare l’entrata a regime del vero concordato preventivo, che doveva essere base triennale, un po’ come avvenne per l’accertamento con adesione (D. Lgs. n. 218/1997), preceduto dal “concordato di massa” (artt. 2, 2 bis e 3 del D.L. 546/1994), con il quale non presentava alcuna analogia e neppure vaga somiglianza.

Il concordato preventivo che emergeva dall’art. 33 del D.L. 269/2003 presentava notevoli somiglianze con gli studi di settore, ha base biennale e riguarda le annualità 2003 e 2004.

 

I soggetti ammessi

Erano ammessi al concordato i soggetti, titolari di reddito d’impresa e di lavoro autonomo, sempreché:

  • avessero iniziato l’attività antecedentemente al 31 dicembre 2000;
     
  • avessero dichiarato ricavi o compensi, per il periodo d’imposta in corso al 1° gennaio 2001, non superiori a 5.154,569 euro (tutti i soggetti che rientrano nei limiti dimensionali degli studi di settore);
     
  • non avessero applicato – per i periodi d’imposta 2001 ovvero 2003 – il regime forfetario minimo, ovvero i regimi fiscali previsti per le nuove attività produttive o per le attività “marginali”.

Per accedere all’istituto, i contribuenti interessati dovevano presentare, telematicamente, una comunicazione di adesione all’Agenzia delle Entrate, che impegnava i soggetti interessati a versare gli ammontari minimi indicati dalla norma, per ciascun periodo d’imposta oggetto di concordato.

I contribuenti che intendevano aderire al concordato e, quindi, beneficiare dei vantaggi previsti dalla legge, dovevano dichiarare:

  • per il periodo d’imposta 2003, ricavi o compensi non inferiori a quelli indicati nel periodo d’imposta 2001, maggiorati del 9%;
     
  • per il periodo d’imposta 2004, i ricavi o compensi concordati (già integrati, pertanto della maggiorazione del 9%), devono essere ulteriormente incrementati del 4,5%, rispetto al periodo d’imposta precedente.

 

Il concordato preventivo biennale versione 2023

Oggi, lo schema in bozza del decreto legislativo relativo al procedimento di accertamento prevede un nuovo concordato preventivo biennale 2023, al fine di razionalizzare gli obblighi dichiarativi e di favorire l’adempimento spontaneo.

 

Metodologia di calcolo e Adesione

Per l’applicazione del concordato preventivo biennale, l’Agenzia delle entrate formula una proposta per la definizione biennale del reddito derivante dall’esercizio d’impresa o dall’esercizio di arti e professioni e del valore della produzione netta, rilevanti, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.

L’Agenzia delle entrate, entro il 15 marzo di ciascun anno, mette a disposizione dei contribuenti o dei loro intermediari, anche mediante l’utilizzo delle reti telematiche, appositi programmi informatici per l’acquisizione dei dati necessari per l’elaborazione della proposta.

Per il primo anno di applicazione, i programmi informatici sono resi disponibili entro il mese di aprile.

La proposta di concordato è elaborata dall’Agenzia delle entrate, tenuto conto dei dati dichiarati dal contribuente, sulla base di una metodologia che valorizza le informazioni già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria.

Il contribuente può aderire alla proposta di concordato entro il 30 giugno. Per il primo anno di applicazione, il termine di cui al periodo precedente è posticipato di un mese.

L’indicazione nella dichiarazione dei redditi di dati non corrispondenti a quelli comunicati, ai fini della definizione della proposta di concordato, impedisce l’accesso al concordato stesso.

 

Requisiti di accesso al concordato preventivo biennale

I contribuenti esercenti attività d’impresa, arti o professioni ai quali si rendono applicabili gli indici sintetici di affidabilità di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, possono accedere al concordato preventivo biennale, se con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta:

  1. ottengono un punteggio di affidabilità fiscale pari almeno a 8 sulla base dei dati comunicati.
    A tali fini, ovvero per il conseguimento di un miglior punteggio di affidabilità fiscale, i dati comunicati possono essere integrati mediante l’indicazione di ulteriori componenti positivi non risultanti dalle scritture contabili ai sensi del comma 9 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96;
     
  2. non hanno debiti tributari ovvero hanno estinto quelli che tra essi sono d’importo complessivamente pari o superiori a 5.000 euro per tributi amministrati dall’Agenzia delle entrate, compresi interessi e sanzioni, ovvero per contributi previdenziali definitivamente accertati con sentenza irrevocabile o con atti impositivi non più soggetti a impugnazione.
    Non concorrono al predetto limite i debiti oggetto di provvedimenti di sospensione o di rateazione sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili.

 

Le cause di esclusione

Non possono accedere alla proposta di concordato preventivo biennale i contribuenti per i quali sussiste anche solo una delle seguenti cause di esclusione:

  1. mancata presentazione della dichiarazione dei redditi in relazione ad almeno uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato, in presenza dell’obbligo ad effettuare tale adempimento;
     
  2. condanna per uno dei reati previsti dal decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, dall’articolo 2621 del codice civile, nonché dagli articoli 648-bis, 648-ter e 648-ter 1 del codice penale, commessi negli ultimi 5 tre periodi d’imposta antecedenti a quelli di applicazione del concordato.
    Alla pronuncia di condanna è equiparata la sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti.

 

L’accettazione della proposta

L’accettazione da parte del contribuente della proposta impegna il contribuente a dichiarare gli importi concordati nelle dichiarazioni dei redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive relative ai periodi d’imposta oggetto di concordato.

L’accettazione della proposta da parte dei soggetti di cui agli articoli 5, 115 e 116 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, obbliga al rispetto della medesima i soci o gli associati.

L’Agenzia delle entrate provvede all’iscrizione a ruolo, previa comunicazione al contribuente, delle somme non versate relative alle imposte dovute a seguito della adesione al concordato, ferma restando l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Nei periodi d’imposta oggetto di concordato, i contribuenti sono tenuti:

  1. agli ordinari obblighi contabili e dichiarativi;
     
  2. alla comunicazione dei dati mediante la presentazione dei modelli per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale di cui all’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

 

Condizioni e Continuità

Decorso il biennio oggetto di concordato, permanendo i requisiti e in assenza di cause di esclusione, l’Agenzia delle entrate formula una nuova proposta di concordato biennale relativa al biennio successivo, a cui il contribuente può aderire.

Al fine di accedere alla nuova proposta di concordato per il biennio successivo, i contribuenti possono dichiarare eventuali ulteriori componenti positivi per migliorare il punteggio di affidabilità fiscale.

L’adesione al concordato non produce effetti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto, la cui applicazione avviene secondo le regole ordinarie.

 

Ma il concordato preventivo biennale conviene davvero?

 

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A cura di Gianfranco Antico

Martedì 21 novembre 2023

 

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