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Pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati. Dopo un anno e mezzo così difficile le morosità degli inquilini nei confronti dei proprietari di casa si sono moltiplicate, così come gli sfratti esecutivi, che sono stati sospesi fino al 31 dicembre. Ma è una tregua che ovviamente è destinata a finire. Ed è per molti una nuova emergenza in arrivo. Potrebbe avere conseguenze pesanti per tante famiglie.

Cerchiamo di capire in questo articolo cosa accadrà, se sarà possibile subire il pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati, con quale iter si attiva questa procedura, come invece saranno attivati ed eseguiti gli eventuali sfratti, sia di appartamenti, sia di locali commerciali.

Le due emergenze pronte a esplodere

Senza dimenticare l’altra emergenza, spesso connessa e per ora solo rinviata, quella che riguarda il blocco dei licenziamenti. Anche in quel caso la tregua non potrà durare a lungo. La speranza in quel caso è che la ripresa del Paese dopo il Covid sia così dirompente da ridurre al minimo il numero delle persone che si ritroveranno senza un lavoro.

Ma torniamo all’argomento di questo pezzo: il pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati.

Quando scatta il pignoramento per un inquilino moroso

La giurisprudenza al riguardo è piuttosto chiara: si può subire un pignoramento per un affitto non pagato. In teoria sarebbe sufficiente anche un ritardo di 20 giorni per avviare questo tipo di procedura.

In teoria, nella pratica il discorso è un po’ più complicato.

Ci sono norme precise che impongono l’obbligo di individuare i beni da pignorare.

Se l’inquilino è nullatenente la procedura potrebbe inevitabilmente incontrare delle difficoltà importanti.

Morosità per locali commerciali

Se la morosità riguarda non un appartamento per civile abitazione ma un locale commerciale la situazione si complica ulteriormente. Anche perché il mancato pagamento del canone di locazione di un commerciante è spesso legata alla crisi dell’azienda. In questo periodo poi, ricondurre alla pandemia le difficoltà economiche di una attività commerciale è più che normale.

In questo caso rientrare dei fitti arretrati è quasi impossibile: per il proprietario sarebbe già un successo poter ritornare in possesso del locale per rimetterlo sul mercato.

La questione dei pignoramenti riguarda dunque gli inquilini che sono solvibili.

Del resto il discorso è piuttosto semplice: si può pignorare solo chi ha qualcosa da farsi pignorare. Che sia un immobile, uno stipendio, una pensione o un conto corrente, appunto.

Pignoramento con il fitto in corso

Il pignoramento può essere dunque applicato anche mentre il contratto di fitto è ancora in corso. E può essere disposto prima che si proceda con lo sfratto per morosità.

Come detto al proprietario basta un ritardo di 20 giorni sul pagamento di una singola mensilità. Neppure un mese.

Il proprietario può dunque notificare gli atti esecutivi e può essere disposto l’arrivo dell’ufficiale giudiziario che dovrà eseguire il pignoramento mobiliare.

Il sistema ha una sua efficacia, ma anche costi per chi lo attiva. Per ottenere un decreto ingiuntivo è necessaria la presenza di un avvocato (e della conseguente parcella).

In genere, in questi casi, quando ci si muove per ottenere lo sfratto, si chiede nello stesso momento anche il decreto ingiuntivo per le morosità. Una scelta per tagliare i costi processuali.

Si può arrivare al pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati, ma ora vediamo come, in quali casi e quando.

Procediamo con ordine.

Pignoramento dopo lo sfratto

Abbiamo visto che il pignoramento dei beni mentre il contratto è ancora in corso può essere per il proprietario di casa una strada perseguibile, ma che ha anche dei costi. In genere il pignoramento viene richiesto dopo lo sfratto.

La procedura è quasi sempre questa.

Il proprietario di una abitazione può chiedere lo sfratto di un inquilino dopo solo venti giorni di ritardo sul pagamento del fitto mensile. Si rivolge a un avvocato, e ottiene l’invito a comparire dell’inquilino davanti a un tribunale.

Come annullare la procedura

A questo punto l’inquilino può annullare l’intera procedura pagando l’arretrato durante la prima udienza. Il proprietario non potrà più chiedere la risoluzione del contratto di locazione. L’inquilino può anche chiedere al giudice un termine di 90 giorni per saldare il debito e rientrare dalla morosità. Un tipo di richiesta che viene sempre accordata dai magistrati (soprattutto in periodi come quello che stiamo vivendo).

Se dopo i 90 giorni l’inquilino non ha versato il fitto arretrato, il tribunale può emettere la sentenza di sfratto. All’inquilino sarà chiesto di versare tutti i canoni arretrati.

Se l’inquilino continua a non pagare il fitto, il proprietario dell’immobile può richiedere il pignoramento dei beni dell’affittuario. Ma deve prima capire quali sono i bene da pignorare.

Se l’inquilino è ancora nell’appartamento la procedura di pignoramento dei beni è piuttosto agevole, se invece ha cambiato casa la situazione potrebbe essere più ardua.

Se infatti l’inquilino non ha riferito al proprietario la nuova residenza (perché dovrebbe farlo?) e non ha aggiornato i registri di Stato civile all’anagrafe, risulta di fatto irreperibile.

In questo caso gli atti giudiziari finiscono in Comune e non sarà possibile portare a termine la procedura di pignoramento.

Pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati

Scatta a questo punto la possibilità del pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati. O anche, nel caso, della pensione o dello stipendio.

Per ottenerla però, il proprietario di casa deve accedere all’Anagrafe tributaria dell’Agenzia delle Entrate. Può farlo solo dopo l’autorizzazione del presidente del tribunale.

Ma comunque ci sono dei limiti.

Il pignoramento del conto corrente per gli affitti non pagati può essere esercitato, se sul conto viene accreditato lo stipendio, solo sugli importi depositati che superano il triplo dell’assegno sociale.

Pignoramento stipendio o pensione

Per quanto riguarda invece pensione non è possibile pignorare più di un quinto (e comunque non si può andare oltre il minimo vitale, che equivale a una volta e mezzo l’assegno sociale).

Se il proprietario di casa vuole agire con il pignoramento dello stipendio dell’affittuario moroso, non può andare oltre il quinto.

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