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La normativa di riferimento in materia di pignoramento presso terzi è contenuta nel Libro III del codice di procedura civile (R.D. n. 1443 del 28 ottobre 1940), dedicato al processo di esecuzione.

Si tratta in particolare: degli artt. da 474 a 512 c.p.c., contenenti i principi generali in materia di esecuzione forzata; degli artt. da 543 a 554 p.c., dedicati specificamente al pignoramento presso terzi.

Salvo le ipotesi di adempimento immediato previste dall’art. 482 c.p.c., per poter procedere al pignoramento occorre attendere che siano trascorsi almeno 10 giorni (ma non più di 90) dalla notifica dell’atto di precetto al debitore.

l pignoramento può essere “bloccato” anche a seguito di opposizione.

Esistono diverse tipologie di opposizione, distinte a seconda del soggetto che le propone e soprattutto dei motivi su cui sono fondate: opposizione all’esecuzione; opposizione agli atti esecutivi; opposizione di terzo all’esecuzione.

Va comunque chiarito che l’opposizione, di qualunque tipo sia, non sospende automaticamente il pignoramento ma è il giudice a doversi pronunciare in tal senso se ritiene verosimili le contestazioni sollevate dall’opponente.

In tal caso la sospensione può essere disposta sia prima dell’udienza (se ricorre una situazione di urgenza) sia a seguito di quest’ultima.

Con l’opposizione all’esecuzione il debitore contesta il diritto della parte istante a intraprendere il pignoramento, ritenendo che non ne sussistano le condizioni (difetto di titolo esecutivo, impignorabilità dei beni esecutati, difetto di legittimazione passiva dell’esecutato).

Il secondo comma dell’art. 615 c.p.c. prevede che l’opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita, salvo sia fondata su fatti sopravvenuti o l’opponente dimostri di non averla potuta proporre tempestivamente per causa a lui non imputabile.

Il termine ultimo per proporre opposizione all’esecuzione è quindi quello di pronuncia dell’ordinanza di vendita da parte del giudice dell’esecuzione.

Per quanto riguarda la forma: se l’esecuzione non è ancora iniziata l’opposizione si propone come opposizione a precetto, con citazione dinanzi al giudice competente che, su istanza di parte, può sospendere l’efficacia esecutiva del titolo concorrendo gravi motivi; se l’esecuzione è iniziata l’opposizione si propone invece con ricorso al giudice dell’esecuzione.

Con l’opposizione agli atti esecutivi il debitore non contesta il diritto dell’istante a procedere all’esecuzione bensì le modalità con cui è stata intrapresa, lamentando quindi l’esistenza di vizi formali degli atti del processo esecutivo (vizi di notificazione del titolo o del precetto).

Il termine perentorio per proporre opposizione è di 20 giorni dal compimento del singolo atto o dal momento in cui il soggetto ne ha avuto conoscenza.

Anche in tal caso le modalità di proposizione differiscono a seconda che l’esecuzione sia già iniziata o meno: se l’opposizione precede la notifica del pignoramento si propone con atto di citazione dinanzi al giudice territorialmente competente indicato nell’atto di precetto; se l’opposizione interviene ad esecuzione iniziata si propone con ricorso al giudice dell’esecuzione.

Ad ulteriore tutela del terzo, l’ultimo comma dell’art. 548 c.p.c. prevede quindi che questi possa impugnare l’ordinanza, nelle forme e nei termini di cui all’art. 617 c.p.c. (opposizione agli atti esecutivi), se prova di non averne avuto tempestiva conoscenza per: irregolarità della notificazione; caso fortuito; forza maggiore.

La Cassazione, a Sezioni Unite Civili, si è pronunciata sul riparto di giurisdizione tra giudice tributario e civile in ordine all’esecuzione di una cartella esattoriale, con l’ordinanza 14 aprile 2020, n. 7822

La pronuncia in esame trae origine dalla contestazione proposta dinanzi al Tribunale ordinario da una società, avverso l’atto di pignoramento ricevuto, avente ad oggetto il credito per imposte regionali sulle concessioni demaniali. Il Giudice dell’Esecuzione, dopo avere revocato la sospensione disposta con provvedimento inaudita altera parte e rigettato l’istanza di sospensione dell’esecuzione proposta, aveva concesso un termine perentorio per l’introduzione della causa di merito dinanzi alla Commissione Tributaria competente.

Dopo che il Tribunale aveva declinato la giurisdizione in favore del Giudice Tributario, e la conseguente riassunzione del procedimento, l’adita Commissione Tributaria aveva elevato conflitto di giurisdizione ai sensi della L. n. 69 del 2009, art. 59, comma 3, sul presupposto che la ricorrente avesse censurato la nullità della notifica delle cartelle di pagamento presupposte all’atto di pignoramento impugnato.

La questione controversa. La questione di giurisdizione sulla controversia oggetto di causa è stata rimessa alle SS.UU. Civili della Corte di Cassazione.

Il Supremo Consesso ha chiarito che, la soluzione della controversia in esame, esige l’applicazione dei principi dettati in tema di riparto di giurisdizione, che si correlano all’esistenza nell’ordinamento di una giurisdizione speciale relativa alle controversie riguardanti le pretese tributarie, e di una ordinaria relativa alla giurisdizione sulle pretese esecutive, cioè l’esecuzione forzata di detta pretesa. In ordine al riparto di giurisdizione, la Cassazione ha richiamato l’ordinanza n. 13913 del 2017, in cui le Sezioni Unite avevano precisato che: “le cause concernenti il titolo esecutivo, in relazione al diritto di procedere ad esecuzione forzata tributaria, si propongono davanti al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2, comma 1, secondo periodo; art. 9 c.p.c., comma 2); 2) le opposizioni all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c., concernenti la pignorabilità dei beni si propongono davanti al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 3) le opposizioni agli atti esecutivi di cui all’art. 617 c.p.c., ove siano diverse da quelle concernenti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo, si propongono al giudice ordinario (art. 9 c.p.c., comma 2); 4) le opposizioni di terzo all’esecuzione di cui all’art. 619 c.p.c., si propongono al giudice ordinario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 58; art. 9 c.p.c., comma 2)”.

Dopo un lungo excursus normativo, le Sezioni Unite hanno rilevato che, secondo il combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 2 e del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 49 e segg., il discrimine tra giurisdizione ordinaria e tributaria, in ordine all’attuazione della pretesa tributaria espressa con un atto esecutivo, va così definito:

a) alla giurisdizione tributaria spetta la cognizione di ogni questione con cui si risponde ad una pretesa tributaria adducendo fatti su di essa incidenti, nonché rilevanti sul piano normativo fino alla notificazione della cartella esattoriale o dell’intimazione di pagamento se validamente avvenuti, oppure fino al momento dell’atto esecutivo, in caso di notificazione mancata o invalida o inesistente. Ciò si applica sia per fatti relativi a profili di forma che di contenuto quanto se si tratti di fatti inerenti all’esistenza ed al modo di essere di tale pretesa in senso sostanziale, cioè di fatti costitutivi, modificativi od impeditivi di essa;

b) alla giurisdizione ordinaria spetta la cognizione delle questioni relativi alla forma dell’atto esecutivo; sia se esso fosse conseguito ad una valida notifica della cartella o dell’intimazione, non contestate come tali, sia se fosse conseguito in situazione di mancanza, inesistenza o nullità della notificazione di tali atti, nonché di fatti incidenti sulla pretesa sostanziale tributaria azionata in executivis successivi al momento della valida notifica della cartella o dell’intimazione, o successivi – nei casi di nullità, mancanza o inesistenza della detta notifica – all’atto esecutivo che avesse assunto la funzione di mezzo di conoscenza della cartella o dell’intimazione.

Dunque, se la tutela concerne un atto esecutivo viziato per assenza o invalidità della notificazione della cartella o dell’intimazione di pagamento, o per vizi inerenti al contenuto o alla forma, l’azione va proposta davanti al giudice tributario non come opposizione agli atti esecutivi di cui all’art. 617 cpc, ma con un giudizio ai sensi dell’art. 19 , co 3, del D.lgs n. 546/1992; se la tutela concerne fatti inerenti alla pretesa tributaria sostanziale, il giudizio tributario non va instaurato ai sensi dell’art. 615 cpc, ma rientra sempre con un procedimento ai sensi del citato art. 19.

La decisione del conflitto riguarda innanzitutto la domanda proposta dalla società istante in via pregiudiziale, relativa all’accertamento dell’improcedibilità e/o inammissibilità del pignoramento presso terzi, dunque non riguarda un aspetto relativo all’esistenza del diritto di procedere all’esecuzione forzata, ma riguarda l’asserita inesistenza del debitor debitoris, destinatario del pignoramento. La domanda proposta non concerneva l’esistenza del diritto di procedere all’esecuzione, ma aspetti relativi ad una modalità di realizzazione del diritto medesimo, ovvero l’inesistenza del debitor debitoris. Dunque l’istante aveva contestato il pignoramento in quanto tale, non la nullità in via derivata da una invalidità, inesistenza o mancanza della notifica delle cartelle, per cui la domanda proposta non integra un’opposizione relativa alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo del titolo esecutivo che, sulla scorta del disposto D.lgs. 546 del 1992 art. 2, comma 1, non rientra nella giurisdizione ordinaria ma si riconduce a quella tributaria, per cui la domanda doveva essere proposta con giudizio impugnatorio ex art 19 della citata norma.

Si ritiene interessante segnalare la pronuncia n. 123/2019 del giudice tributario vicentino che ha dichiarato il ricorso inammissibile per difetto di giurisdizione in favore del Tribunale ordinario di Vicenza. Vista e confermata la opinabilità della materia trattata, compensava le spese di lite.

A lungo tempo è stata controversa la questione relativa all’individuazione del giudice competente (giudice ordinario o commissione tributaria) nelle ipotesi di atto di pignoramento dell’Agente della riscossione.

Il problema si poneva in quanto l’art. 57 DPR n. 602/73 esclude testualmente in materia tributaria le opposizioni regolate dall’art. 615 c.p.c., salvo quelle concernenti la pignorabilità dei beni e le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. relative alla regolarità formale ed alla notificazione del titolo esecutivo.

Le disposizioni menzionate creavano un problema di coordinamento laddove il pignoramento fosse il primo atto attraverso cui il contribuente veniva a conoscenza della pretesa vantata nei propri riguardi dall’Agente della riscossione: se, infatti, è mancata la notifica di uno degli atti impugnabili ai sensi dell’art. 19, cit., sembrerebbe non essere ammissibile il ricorso alle Commissioni tributarie; allo stesso tempo, tenendo conto delle limitazioni discendenti dall’art. 57 DPR n. 602 del 1973, sembrerebbe del pari inammissibile la tutela innanzi al G.O.

La dottrina più accreditata ha proposto una lettura costituzionalmente orientata del sistema, tesa a colmare la Sono stati posti dubbi di legittimità costituzionale in merito a detta esclusione, in quanto il contribuente non avrebbe possibilità di difesa, formandosi così diversi orientamenti.

Secondo un primo orientamento, sarebbe possibile impugnare l’atto di pignoramento ex articolo 72-bis  dinanzi alla Commissione tributaria (ad es. CTP Treviso, del 28/01/2009;  CTP Piacenza, 29/06/2009, n. 717) perché:

– il pignoramento ex art.72-bis non è considerato un atto di “esecuzione forzata”, in quanto non contiene la citazione del terzo dinanzi al giudice dell’esecuzione, ma è un atto prettamente amministrativo, non soggetto alla limitazione di cui all’art. 2 d.lgs. n. 546/92;

– l’art. 19 del medesimo decreto prevede espressamente che la mancata notifica di un atto autonomamente impugnabile (quale ad esempio la cartella) ne consente l’impugnazione unitamente all’ultimo atto notificato (ovvero l’atto di pignoramento presso terzi);

– è pacifico in giurisprudenza che l’elencazione contenuta nell’art. 19 è suscettibile d’interpretazione estensiva e possa esservi ricondotto ogni atto che palesi la pretesa creditoria (Cass. sentenza 18/11/2008, n. 27385).

Secondo un diverso orientamento, il pignoramento di cui all’art. 72-bis del DPR n. 602/73 non può mai essere impugnato dinanzi alla Commissioni tributarie in considerazione del dettato dell’art. 2, primo comma del d.lgs. n. 546/92, che esclude appunto dalla giurisdizione del giudice tributario le  “controversie  riguardanti  gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica  cartella di pagamento“, e considerato che il “pignoramento dei crediti verso terzi” di cui all’art. 72-bis DPR n. 602/73 non è espressamente incluso nell’elenco ex art. 19, comma 1, del d.lgs. n. 546/92 degli atti impugnabili. Secondo quest’interpretazione, quindi, il pignoramento ex art. 72-bis potrebbe essere contestato con il rimedio dell’opposizione all’esecuzione e agli atti esecutivi dinanzi al Giudice ordinario dentro ai limiti previsti dall’art. 57 DPR n. 602/1973 (Cass. Civ. 4 ottobre 2011, n. 20294).

Nel 2015 la Cassazione a Sezioni Unite ha indicato i criteri di riparto della giurisdizione in casi di pignoramento non preceduti dalla regolare notifica del titolo (sentenza n. 8618/’15) ma i principi sono stati rimessi in discussione dalla Cassazione a Sezioni Unite con sentenza del 5 giugno 2017, n. 13913. La Suprema Corte allora sanciva il nuovo principio di diritto secondo il quale l’opposizione all’atto di pignoramento, contenente crediti tributari, va proposta dinanzi alla Commissione tributaria laddove venga eccepita l’omessa o invalida notificazione della cartella di pagamento (o degli altri atti presupposti dal pignoramento), a prescindere dal fatto che il contribuente abbia richiesto l’annullamento del solo atto di pignoramento o anche dell’atto presupposto. Ciò in quanto l’art. 57 DPR n. 602/1973 stabilisce che non sono ammesse dinanzi al Giudice Ordinario le opposizioni regolate dall’art. 617 c.p.c. riguardanti la regolarità formale e la notificazione del titolo esecutivo.

Tale inammissibilità va interpretata nel senso di comportare il divieto di proporre dette opposizioni davanti al giudice ordinario, senza però che ciò impedisca di proporre la questione al giudice tributario, facendo valere l’invalidità del pignoramento per la mancata notificazione della cartella di pagamento. Questa è stata ritenuta, essere la soluzione compatibile con il rispetto del diritto di difesa, sancito dall’articolo 24 Cost. perché ci sono esigenze di ordine sistematico che impongono di ammettere la tutela giurisdizionale davanti al giudice tributario allorché si contesti l’avvenuta notifica della sottostante cartella di pagamento nel caso in cui il contribuente per la prima volta viene a conoscenza dell’atto presupposto a seguito della notifica del titolo esecutivo formato nei propri confronti.

L’impugnazione dell’atto di pignoramento è infatti strumentale all’impugnazione della cartella di pagamento onde far valere il difetto di notifica della stessa, quale motivo di nullità della cartella stessa, trattandosi della soluzione in concreto praticabile per far valere l’illegittimità della cartella ed arrestare la procedura esecutiva, in considerazione delle già citate limitazioni, in materia fiscale, nel giudizio di opposizione ex art. 57 DPR n. 602/1973.

Da ultimo sul punto è intervenuta la Corte costituzionale (sentenza n. 114/2018), all’inizio citata, la quale ha sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 57, co. 1, lettera a) DPR n. 602/73, limitatamente alla parte in cui non prevede che, nelle controversie che riguardano gli atti dell’esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento o all’avviso di cui all’art. 50 DPR n. 602 del 1973, sono ammesse le opposizioni regolate dall’art. 615 c. p.c.: così l’atto di pignoramento avente ad oggetto crediti tributari può essere oggetto di opposizione ex art. 615 c.p.c. senza i limiti di cui all’art. 57 DPR n. 602/73, laddove la doglianza del contribuente contesti il diritto di procedere a riscossione coattiva per ragioni sopravvenute alla formazione del titolo, come nell’ipotesi dell’intervenuto pagamento o di altra sopravvenuta causa di estinzione dello stesso.

Salvis Juribus – Rivista di informazione giuridica

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