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Ecco quali sono i limiti per il 2023 al pignoramento della pensione al netto del minimo vitale, modificati a causa dell’aumento dell’assegno sociale.

Visto l’importante tasso di inflazione che ormai da mesi ha portato i prezzi di beni e servizi in Italia (ma non solo) alle stelle, dal 1° gennaio 2023 i percettori dell’assegno sociale hanno diritto a percepire una somma maggiore, che li aiuti a sostenere le spese quotidiane. Si tratta di una prestazione economica dedicata ai cittadini italiani e stranieri che vivono in condizioni economiche disagiate e con redditi inferiori alle soglie previste annualmente dalla legge, che viene erogata dallo Stato previa richiesta del diretto interessato, e che non spetta se il titolare della prestazione risiede all’estero.

Per quanto riguarda il 2023, l’assegno sociale è pari a 503,27 euro al mese, erogato come sempre per 13 mensilità. Oltre ad essere utile ai percettori, la modifica dell’importo serve anche da parametro per definire i nuovi limiti di pignoramento 2023. Avendo lo scopo di supportare economicamente chi ha diritto a percepire l’assegno sociale a causa delle critiche condizioni economiche vissute, la legge prevede infatti dei limiti al pignoramento, per aiutare il percettore debitore a sopravvivere. Questi limiti fanno riferimento al tipo di bene pignorato e vengono aggiornati annualmente, essendo ancorati all’importo dell’assegno sociale che, a sua volta, viene modificato a inizio anno a seconda del tasso d’inflazione.

Il creditore, dunque, deve attenersi alle indicazioni che ogni 12 mesi l’Inps rilascia con l’aggiornamento dell’assegno sociale, disponendo limiti differenti a chi vanta un credito nei confronti del percettore debitore.

Per quanto riguarda il pignoramento della pensione, è bene ricordare che questa può essere pignorata presso l’Inps o presso il conto corrente ove questa viene accreditata. Se la pensione viene

pignorata presso l’Inps, il creditore non può pignorare più di un quinto, calcolato però sul netto della pensione mensile, detratto prima il cosiddetto «minimo vitale».

Il minimo vitale è pari al doppio dell’assegno sociale e non può mai essere inferiore a mille euro. Pertanto, se è vero che oggi l’assegno sociale è di 503,27 euro, il minimo vitale 2023 è di 1.006,54 euro.

Questo significa che ogni pensione può essere pignorata per massimo un quinto (il 20%) della parte che eccede 1.006,54 e comunque non può mai essere pignorata se non supera mille euro. Quindi, su una pensione di 1.500 euro si può pignorare solo un quinto di 493,46 euro (e difatti 1.500 – 1006,54 = 493,46). In sostanza si tratta di un importo che risulta essere davvero irrisorio, ossia 24,67 euro al mese.

È necessario ricordarsi che, in ogni caso, se il creditore è Agenzia Entrate Riscossione, il pignoramento non è più di un quinto ma di un decimo se la pensione mensile non supera 2.500 euro (detratto sempre il minimo vitale); è invece di un settimo se la pensione supera 2.500 euro ma non va oltre 5.000 euro (anche in questo caso detratto il minimo vitale). Per pensioni superiori a 5.000 euro invece il pignoramento è di un quinto, sempre al netto del minimo vitale.

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