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Con la sentenza 16 gennaio 2013, n. 924 la IIIa Sezione della Corte di Cassazione ha affrontato il tema della custodia dell’immobile nelle procedure esecutive di espropriazione immobiliare, e in particolare ha esaminato se sia configurabile, in capo al custode autorizzato ad agire in giudizio dal Giudice dell’Esecuzione, la possibilità di chiedere il risarcimento del danno in favore dei creditori procedenti, nel caso in cui l’immobile sia posseduto da un soggetto in virtù di un titolo di detenzione non opponibile alla procedura esecutiva.


La sentenza, dopo aver evidenziato la impossibilità di opporre alla procedura esecutiva un contratto preliminare stipulato successivamente alla trascrizione del pignoramento dell’immobile oggetto di espropriazione, si sofferma ad evidenziare le funzioni del custode dell’immobile, e in particolare la configurabilità della domanda di risarcimento del danno, oltre che la consistenza di tale danno.



Sommario



1. La inopponibilità alla procedura esecutiva del contratto preliminare stipulato successivamente alla trascrizione del pignoramento dell’immobile


Nella fattispecie oggetto della sentenza annotata, a seguito dell’avvio di in procedimento di esecuzione immobiliare, il debitore esecutato ha stipulato un contratto preliminare di vendita dell’immobile dopo che il pignoramento dello stesso immobile era stato trascritto; con la conseguenza che, successivamente, il promissario acquirente è divenuto prima possessore, e poi proprietario dell’immobile per effetto della separata azione di esecuzione dell’obbligo di concludere il contratto definitivo, ex
art. 2932 c.c.


La Cassazione si è occupata di stabilire se tale titolo sia o meno opponibile alla procedura esecutiva.


È principio generale del nostro ordinamento che quando è in corso un procedimento esecutivo, sia il titolo di detenzione di un immobile, consistente nel possesso del bene per effetto di un preliminare di acquisto, sia il trasferimento della proprietà di tale immobile, non sono opponibili al procedimento esecutivo, e quindi al creditore procedente, nel caso in cui essi siano successivi al pignoramento trascritto dell’immobile.


La Cassazione, nella sentenza in commento, ha evidenziato infatti che, secondo quanto stabilito dall’art. 2913 c.c., gli atti di alienazione di beni già sottoposti a pignoramento non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell’esecuzione.


La Corte, nello specifico, ha evidenziato che dall’art. 560 c.p.c., che vieta al debitore esecutato di concedere l’immobile pignorato in locazione senza l’autorizzazione del giudice, si ricava il divieto di detenere l’immobile fuori dai casi consentiti con autorizzazione e, conseguentemente, il divieto di cederne la detenzione. Dunque, il debitore esecutato, che perdura nel possesso dell’immobile oggetto della procedura espropriativa, senza autorizzazione non può efficacemente trasferire ad altri la detenzione.


In particolare è stato evidenziato che per effetto dell’art. 2913 c.c. tale titolo di detenzione non è opponibile al creditore pignorante e ai creditori che intervengono nell’esecuzione, e, quindi, alla procedura esecutiva, in quanto l’atto di alienazione riguarda un bene sottoposto a pignoramento regolarmente trascritto. Ciò in quanto il pignoramento non ha solo la funzione di individuare i beni oggetto del processo esecutivo ma anche quella di conservare i beni così individuati in vista della loro successiva espropriazione[1].


Secondo la Corte, l’alienazione dei beni pignorati, pur non essendo nulla, è comunque inefficace nei confronti della procedura esecutiva. Conseguentemente – anche se il promissario acquirente di un bene pignorato riesca ad ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c. contro il debitore esecutato-promittente alienante che si rifiuti di stipulare il contratto definitivo – gli effetti dell’alienazione dell’immobile oggetto del pignoramento sono comunque subordinati alle ragioni dei creditori[2].


Sulla base dell’applicazione dell’art. 2913 c.c., che sancisce l’inefficacia verso il creditore procedente e i creditori intervenuti delle alienazioni del bene pignorato successive al pignoramento, la giurisprudenza ha negato all’acquirente a titolo particolare del bene pignorato la possibilità di svolgere le attività processuali inerenti al suo subingresso nella qualità di soggetto passivo dell’esecuzione, negandogli la legittimazione a proporre opposizione agli atti esecutivi[3] o ad intervenire in via adesiva, essendogli consentita solo l’opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c..[4]


Nella sentenza qui annotata, la Cassazione perviene dunque alla conclusione che, non essendo il titolo di detenzione opponibile alla procedura esecutiva, il promissario acquirente risulta detentore senza titolo dell’immobile.


2. L’istituto della custodia e le funzioni del custode


La sentenza in rassegna affronta a questo punto il problema di verificare se la detenzione senza titolo dell’immobile oggetto di espropriazione costituisca presupposto di un’azione avanzata dal custode giudiziario[5] ai fini del risarcimento dei danni procurati ai creditori dal detentore senza titolo a causa dell’occupazione da parte di questi dell’immobile oggetto della procedura esecutiva.


Prima di illustrare le conclusioni a cui è pervenuta la Corte è opportuno procedere a una disamina dell’istituto della custodia, e in particolare delle funzioni che l’ordinamento attribuisce al custode giudiziario.


L’istituto della custodia[6] – disciplinato dal codice di procedura civile agli articoli 65, 66 e 67, nonché agli articoli 559 e 560 con riferimento particolare all’attività del custode immobiliare – è preordinato alla conservazione del compendio pignorato[7] e, ove sia necessario, anche alla sua gestione. Ed invero, secondo l’art. 65 c.p.c., al custode sono affidate “la conservazione e l’amministrazione dei beni pignorati o sequestrati”.


Nella custodia giudiziale si combinano gli effetti tipici di negozi giuridici diversi, in particolare l’effetto tipico del deposito, in cui consiste la custodia in senso stretto, e l’effetto tipico del mandato, in cui consiste l’attività di gestione. Come effetto del deposito, infatti, il custode ha l’obbligo di “conservazione” del bene, mentre come effetto del mandato egli ha l’obbligo di “amministrazione”, in cui si estrinseca la gestione di esso.


I compiti del custode devono essere eseguiti con la diligenza del buon padre di famiglia, atteso che in caso contrario è responsabile, secondo quanto stabilito dall’art. 67 c.p.c., ed è tenuto al risarcimento dei danni cagionati alle parti.


La dottrina ha evidenziato che la responsabilità del custode, quando il pignoramento ha per oggetto beni immobili, si configura non solo nel caso di mancata conservazione degli stessi, ma anche quando siano omesse, da parte del custode, le attività dirette a mantenere o a rendere produttivi tali beni quando vi sia autorizzazione del giudice[8].


L’istituto della custodia è stato profondamente modificato dalla riforma del codice di procedura civile introdotta dalla Legge n. 80/2005 e dalla Legge n. 263/2005.[9]


Precedentemente il custode aveva un ruolo marginale nelle procedure esecutive, atteso che alla costituzione del debitore come custode dei beni pignorati[10], prevista per espressa previsione legislativa dall’art. 559 comma I, c.p.c., generalmente non seguiva nella prassi nessuna attività ulteriore. Tuttavia era prassi di vari uffici giudiziari quella di sostituire il debitore nella custodia del bene sin dalla pronuncia dell’ordinanza di vendita. Conseguentemente, al custode, anche al fine di valorizzarne ed ottimizzarne il ruolo, venivano attribuiti compiti ampi nella gestione dell’immobile durante tutta la fase della vendita, compreso quello di dare esecuzione all’ordine di liberazione impartito dal giudice dell’esecuzione, in modo da poter consegnare all’acquirente l’immobile aggiudicato libero da cose e persone. La riforma del 2005 ha sostanzialmente acquisito le prassi consolidatesi nell’esperienza applicativa, delineando una nuova disciplina che definisce le ipotesi in cui debba procedersi alla sostituzione del debitore nella custodia dell’immobile, e regolamenta l’attività che il custode deve svolgere per l’adempimento della sua funzione.


Principio generale, anche a seguito della riforma, resta quello secondo cui con il pignoramento il debitore è costituito custode dei beni pignorati (art. 559, comma I, c.p.c.). Dal momento del pignoramento, tuttavia, cambia il rapporto tra il bene pignorato e il debitore, atteso che quest’ultimo non esercita più il possesso a titolo di proprietario ma a titolo di custode, e dunque come incaricato di un pubblico ufficio. È previsto, inoltre, che su istanza del creditore pignorante o di un creditore intervenuto, il giudice dell’esecuzione può nominare come custode una persona diversa dal debitore (art. 599, comma II, c.p.c.). A seguito della riforma, anche in altri casi può procedersi alla sostituzione del custode, e in particolare quando l’immobile non è occupato dal debitore, ovvero se quest’ultimo ha violato gli obblighi della custodia, o ancora se il procedimento esecutivo sia pervenuto alla fase dei provvedimenti relativi alla liquidazione del bene.


Una volta immesso nelle funzioni, il custode è tenuto alla conservazione del bene (art. 60 c.p.c.), e dunque all’espletamento delle attività necessarie a preservarlo nella sua integrità, nonché all’amministrazione e gestione del bene (art. 60 e 560 c.p.c.), e dunque all’espletamento delle attività necessarie a ricavare dal bene ogni utilità, oltre che a conservarne la disponibilità in funzione della successiva vendita. Nell’ambito di tale funzione il custode ha il compito di riscuotere le rendite se il bene è nel godimento di terzi, ovvero di intraprendere tutte le attività relative ad eventuali rapporti di locazioni in corso (intimazione di sfratto per morosità; intimazione di licenza per finita locazione, etc.).


L’evoluzione normativa dell’istituto della custodia discende dall’evoluzione che ha subito in dottrina l’inquadramento giuridico dell’istituto.


Ed invero, le teorie più risalenti – secondo cui la custodia sarebbe riconducibile a una mera figura di sostituzione[11], ovvero costituirebbe una ipotesi di negotiorum gestio[12], o ancora potrebbe essere ricondotta all’istituto della rappresentanza[13] – sono state superate dalla teoria pubblicistica secondo cui il custode deve essere considerato come “ausiliario del giudice”, in quanto riveste una funzione di ordine pubblico[14].


La sentenza che si annota, in adesione a quest’ultimo orientamento, evidenzia che “il custode autorizzato agisce come ausiliare del giudice, quale organo pubblico della procedura esecutiva, per raggiungere le finalità di conservazione e amministrazione e assicurare il buon esito dell’esecuzione con la vendita dei beni”.


La Cassazione, nella sentenza in commento, evidenzia che l’autorizzazione a stare in giudizio conferita al custode dal Giudice dell’esecuzione si riferisce all’organo e non alla persona, con la conseguenza che, ove in corso di causa vi sia sostituzione nella custodia, il nuovo custode può intervenire in giudizio come parte attrice, che rimane sostanzialmente immutata, senza che si renda necessaria una ulteriore autorizzazione del giudice dell’esecuzione[15]. Secondo la medesima ratio, il proprietario locatore di immobile pignorato è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione dell’immobile solo se custode, ed agendo nella qualità di custode, risultando la domanda inammissibile se tale qualità di custode non è spesa[16].


3. I poteri processuali del custode giudiziario: la possibilità di agire in giudizio per il risarcimento dei danni prodotti dall’occupazione senza titolo


Nello svolgimento delle sue funzioni il custode giudiziario può formulare domande giudiziali o resistervi, in funzione della migliore conservazione ed amministrazione del bene in custodia
[17]. Le finalità della custodia costituiscono il fondamento e il limite dei poteri processuali del custode, i quali possono essere spesi per intraprendere tutte le azioni opportune e necessarie per la conservazione e l’amministrazione del bene custodito. Allo stesso modo il custode giudiziario può resistere in giudizio rispetto a pretese di terzi che possano incidere sulla conservazione ed amministrazione del bene oggetto della custodia.


Nella spendita dei suoi poteri processuali, il custode è titolare sia della legitimatio ad causam, e dunque della titolarità dell’interesse ad agire in giudizio, in quanto portatore dell’interesse di natura pubblicistica alla conservazione e all’amministrazione del bene, sia della legitimatio ad processum, e dunque del potere di agire e di resistere in giudizio, di cui è dotato in nome della custodia giudiziale della quale è organo esecutivo. Ed invero, il custode giudiziario, nel momento in cui agisce o resiste in giudizio, si sostituisce al titolare del compendio custodito[18]. In particolare, il custode agisce in nome dell’ufficio custodiale e per conto dei soggetti nel cui interesse oggettivamente si svolge la custodia[19].


Nell’ambito dei poteri processuali del custode, la sentenza annotata ricomprende la possibilità di quest’ultimo di proporre una domanda risarcimento dei danni, nel caso in cui l’immobile oggetto della custodia sia stato posseduto da un soggetto in virtù di un titolo di detenzione non opponibile alla procedura esecutiva.


La configurabilità di tale azione in capo al custode discende da una reinterpretazione della sua funzione “che tende a spostarne il baricentro, dall’attività prettamente conservativa o anche di amministrazione nel senso tradizionale d’incasso dei canoni, ad un’attività sostanzialmente di gestione attiva della collocazione del bene sul mercato”.


Secondo la Corte, ai fini del risarcimento dei danni, rilevano gli ostacoli che l’occupazione dell’immobile pignorato frappone all’utile svolgimento della procedura esecutiva, sia rispetto al suo compimento con la vendita forzosa del bene, sia rispetto all’eventuale utilizzazione fruttifera del bene nelle more della procedura, o per il tempo necessario alle esigenze della procedura. Ciò in quanto l’occupazione dell’immobile non solo ne rende difficile la vendita ma è idonea altresì a determinare una rilevante riduzione delle potenzialità economiche di esso.


Il fondamento dell’azione di risarcimento danni è quello di ristorare i creditori dalla diminuzione della potenzialità economiche che il bene pignorato può subire in virtù della detenzione di esso da parte di un soggetto sprovvisto di titolo. Ed invero, per tutta la durata del processo di esecuzione i creditori hanno interesse a che i proventi della utilizzazione del bene confluiscano nella somma che sarà loro distribuita al termine della procedura, mentre la tardiva riconsegna impedisce in loro danno una più proficua utilizzazione del bene pignorato. Inoltre i creditori hanno interesse a che il bene sia venduto quanto prima, al suo effettivo valore di mercato, mentre l’occupazione del bene ne rende difficile la vendita e, comunque, ne riduce il valore economico.


Nel caso di occupazione senza titolo di un cespite pignorato, il danno subito dal complesso dei creditori procedenti e dalla procedura esecutiva (e conseguentemente dal custode che la rappresenta), discende dall’impossibilità di una proficua utilizzazione del bene pignorato e dalla difficoltà di vendita tempestiva del bene al suo effettivo valore di mercato.


La sentenza annotata, sul punto, evidenzia in particolare che al risarcimento quale frutto si estende il pignoramento ex art. 2912 c.c., atteso che oggetto di espropriazione non è solamente il valore di scambio del bene, da realizzarsi attraverso la vendita od assegnazione forzata, ma anche il suo valore di uso, per il tempo necessario all’espropriazione o, in alternativa a questa, per il tempo sufficiente a che, mediante l’amministrazione giudiziaria, si producano rendite idonee a soddisfare i creditori.


Dalle considerazioni svolte discende il principio di diritto enucleato dalla Corte, secondo cui “nell’ipotesi di detenzione di un immobile pignorato in forza di titolo non opponibile alla procedura esecutiva, ai sensi dell’art. 2913 cod. civ. (nella specie preliminare di vendita successivo alla trascrizione del pignoramento del bene), è configurabile, in favore del custode giudiziario autorizzato ad agire in giudizio – quale organo pubblico della procedura esecutiva, ausiliare del giudice – un danno risarcibile, che deriva dall’impossibilità di una proficua utilizzazione del bene pignorato e dalla difficoltà a che il bene sia venduto, quanto prima, al suo effettivo valore di mercato; risarcimento sul quale si estende il pignoramento, quale frutto, ex art. 2912 cod. civ.“.


Per approfondimenti:


(Altalex, 14 aprile 2014. Nota di Vincenza Lioniello)


_______________


[1] Sul punto v., ex multis, BOVE, Il bene pignorato ed espropriato tra diritto processuale e diritto sostanziale, in Rivista di diritto processuale, n. 6, 2007, p. 1409 e ss.


[2] Cfr. Cass. civ., Sez. III, 03.05.1990, n. 3627, in Nuova giurisprudenza civile commentata, 1991, I,342.


[3] Cfr. Cass. civ., Sez. III, 23.01.2009, n. 1703, in Giustizia Civile Massimario, 2009, 1, 108; Guida al diritto, 2009, 11, 52.


[4] Cfr. Cass. civ., Sez. III, 28.06.2010, n. 15400, in Giustizia Civile Massimario, 2010, 6, 969.


[5] Nella fattispecie oggetto della sentenza annotata il custode giudiziario fu immesso nel possesso del bene ed ottenne l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione ad agire in giudizio per ottenerne il rilascio e l’indennità di occupazione.


[6] Sull’istituto della custodia v., ex multis, BELLÈ, CARDINO, La Custodia Giudiziale, Trattato a cura di Paolo Cendon, Milano, 2014; GHIEDINI, MAZZAGARDI, Il custode e il delegato alla vendita nella nuova esecuzione immobiliare, Padova, 2013; PERNA, La custodia giudiziaria, in Il processo esecutivo, Fontana, Romeo (a cura di), Padoa 2011; FANTICINI, La custodia dell’immobile pignorato, in La nuova esecuzione forzata dopo la l. 18.6.2009, n, 69, diretta da Demarchi, Bologna, 2009; MONTANARO, Artt. 559 – 560. Custodia dei beni pignorati. Modo della custodia, in Briguglia, Capponi (a cura di) Commentario alle riforme del processo civile, II, processo di esecuzione, 260 – 290, Padova; COSTA, voce Custodia di beni sequestrati o pignorati, in Enciclopedia del diritto, XI, Milano, 1962, p. 564 e ss.; RICCIO, voce Custodia delle cose pignorate o sequestrate (violazione della), in Novissimo Digesto Italiano, V, Torino, 1960, p. 95 e ss.; FRANCHI, Consulente tecnico, custode e altri ausiliari del giudice, in Commentario del codice di procedura civile, diretto da Enrico Allorio, 1° Vol., Torino, 1973, p. 723 ss.


[7] BOVE, Il bene pignorato ed espropriato tra diritto processuale e diritto sostanziale, op. cit., p. 1409 ss.


[8] ARIETA, DE SANTIS, L’esecuzione forzata, in Trattato di diritto processuale civile, a cura di MONTESANO, ARIETA, Padova, 2007, 1208; SALETTI, Questioni attinenti alla custodia dell’immobile pignorato, in Giur. it., 1989, IV, 141.


[9] Si vedano: BUCCI, SOLDI, Le nuove riforme del processo civile, Padova, 2006, p. 291 e ss.; GHEDINI, MIELE, Le nuove esecuzioni immobiliari, Padova, 2006, p. 151 e ss.; FONTANA, Custodia e vendita nell’espropriazione immobiliare, in Foro It., 2005, V, p. 112; SALETTI; La custodia dei beni pignorati nell’esecuzione immobiliare, in Riv. Esec. Forz., 2006, p. 66 e ss.; BATTAGLIESE, La natura della custodia e la figura del custode giudiziario, in www.judicium.it, link: http://www.judicium.it/admin/saggi/55/Battagliese.pdf; GHEDINI, MAZZAGARDI, Il custode e il delegato alla vendita nella nuova esecuzione immobiliare, Padova 2007; ; BERRASSO, La delega alle operazioni di vendita. La custodia immobiliare, in Il nuovo processo civile dopo le riforme del 2005 e del 2006, a cura di Giorgio Grasselli, Collana diretta da Paolo Cendon, Giuffrè, 2006, p. 205 ss.


[10] Sul punto si veda in dottrina, SALETTI, Questioni attinenti alla custodia dell’immobile pignorato, in Giur. it., cit.


[11] CASTOLDI, La legittimazione processuale del custode, in Riv. Dir. Proc., 2, 1987, p. 488 – 503.


[12] COSTA, Custodia dei beni pignorati o sequestrati (diritto processuale civile), in Enciclopedia del diritto, XI, 564 – 575, 1962.


[13] CESAREO – CONSOLO, Trattato della espropriazione contro il debitore, III ed, Torino, 1912.


[14] In questo senso, COSTA, op. cit., p. 566. Si veda anche BATTAGLIESE, La natura giuridica della custodia e la figura del custode giudiziario, 2007, in www.judicium.it. La teoria pubblicistica è stata recepita in giurisprudenza, ove si è affermato che il custode è un ausiliario del giudice e non un mandatario o un rappresentante legale del debitore (sul punto v., ex multis, Cass. Civ., 5 giugno 1967 n. 60).


[15] La sentenza aderisce al consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui l’autorizzazione conferita dal giudice dell’esecuzione al fine di proporre domanda di rilascio dell’immobile pignorato contro l’occupante senza titolo “si riferisce all’organo, non alla persona, e, pertanto, ove in corso di causa vi sia sostituzione nella custodia, il nuovo custode può intervenire in giudizio senza che si renda necessaria una ulteriore autorizzazione del giudice dell’esecuzione” (cfr. Cass. civ., Sez. III, 24.03.1986, n. 2068, in Giust. Civ. Mass., 1986, fasc. 3; Riv. Dir. Proc., 1987, 488;Foro it. 1987, I, 3121).


[16] Sul punto, si veda Cass. civ., Sez. III, 21.06.2011, n. 13587, in Giust. Civ. Mass., 2011, 7-8, 996, che ha rilevato l’inammissibilità della domanda, in quanto il proprietario-locatore di un immobile pignorato, nominato custode, non aveva speso la relativa qualità nell’atto introduttivo del giudizio. Ciò in quanto “il proprietario locatore di un immobile pignorato, che ne sia stato nominato custode, è legittimato a promuovere le azioni scaturenti dal contratto di locazione avente ad oggetto l’immobile stesso solo nella sua qualità di custode e non in quella di proprietario locatore, essendo il bene a lui sottratto per tutelare le ragioni del terzo creditore”.


[17] Cass. civ., Sez. III, 02.03.2005, n. 4468, in Giust. Civ. Mass., 2005, 3.


[18] Cass. civ., Sez. I, 31.03.2006, n. 7693, in Giust. Civ. Mass., 2006, 3; Giur. it., 2007, 1, 127.


[19] Sul punto si veda, BELLÉ, CARDINO, I poteri processuali del custode giudiziario, in Cendon (a cura di), La custodia giudiziale, Milano, 2014, p. 426.

 

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