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Il 2023 è l’anno in cui entrano in vigore diverse novità che passano sotto il nome generale di Riforma Cartabia, dal nome dell’ex ministro della Giustizia ed ex presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia.

Gran parte di questa riforma riguarda lo snellimento del procedimento penale. Ma ci sono alcuni aspetti che toccano la giustizia civile e il diritto di famiglia e sono proprio questi ad avere un riflesso sul mondo immobiliare.

Vediamo quali.

Scritture autenticate anche dal notaio

In primo luogo, a partire dal 1° marzo, è possibile rivolgersi al notaio, e non per forza al Tribunale, per ottenere alcune autorizzazioni, in determinati casi specifici.

Come informa il Consiglio nazionale del Notariato, ora viene concessa al notaio – in quanto pubblico ufficiale che garantisce imparzialità e terzietà – la possibilità di rilasciare le autorizzazioni per la stipula degli atti pubblici e delle scritture autenticate, in due casi:

  1. quando si tratta del passaggio di beni ereditari;
  2. quando sia coinvolto un minore, o anche un soggetto fragile (interdetto, inabilitato o beneficiario della misura dell’amministrazione di sostegno).

Si tratta degli atti e delle scritture autenticate necessarie, ad esempio, per vendere o acquistare un immobile, accettare un’eredità, intervenire in un atto di mutuo.

La riforma crea così un “doppio binario” che consente alle parti di scegliere se rivolgersi all’autorità giudiziaria o al notaio incaricato della stipula dell’atto, offrendo il vantaggio di una maggiore snellezza.

In realtà, quando si sceglie il notaio, non significa che sia possibile bypassare completamente il ruolo del Tribunale. L’iter infatti funziona così: il notaio rilascia l’autorizzazione richiesta, dopodiché lo comunica alla Cancelleria del Tribunale e al Pubblico Ministero (presso il foro che sarebbe stato competente a emettere il provvedimento) e la stessa autorizzazione acquista efficacia dopo 20 giorni dalle comunicazioni, se non vi sia stato alcun reclamo.


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Aste: modelli standard nei tribunali

Un altro versante su cui va a incidere la riforma riguarda le aste immobiliari. O meglio, le procedure che portano le case ad essere vendute all’asta quando si procede con un’esecuzione forzata, tipicamente nei rapporti tra proprietario e banca creditrice che ha erogato il mutuo.

Alcune novità non riguardano soltanto le parti in causa, ma coinvolgono qualsiasi privato che possa essere interessato alla procedure.

In primo luogo, a livello formale, le “perizie di stime” e gli “avvisi di vendita” dal 1 marzo dovrebbero essere redatti secondo modelli standard, in tutti i tribunali d’Italia.

Questo non è rilevante sulle procedure, ma apporta sul mercato una certa chiarezza. La perizia, in particolare, è sempre il documento fondamentale delle aste immobiliari, poiché è una sorta di carta d’identità dettagliata dell’immobile, in cui un tecnico esterno (indicato come Ctu: consulente tecnico d’ufficio) effettua una descrizione dettagliata dello stato dell’immobile e soprattutto indica una valutazione congrua di mercato. 

Si apre la strada per la “vendita diretta”

La vera novità della riforma, in tema di aste, consiste nell’introduzione della “vendita diretta”.

Si tratta in sostanza di un’alternativa all’asta vera e propria, con cui il debitore trova in autonomia un compratore del proprio appartamento e deposita in Tribunale un’offerta irrevocabile d’acquisto, prima che parta la fase d’asta.

Questo passaggio deve essere fatto prima dell’udienza che dispone la vendita e il prezzo pattuito non deve essere inferiore al valore di stima dell’immobile indicato in perizia.

Il creditore, però, o anche uno solo di essi (nel caso ci siano più creditori e non solo la banca mutuataria) può opporsi alla vendita diretta. E in questo caso il Giudice è obbligato a pubblicare un avviso e procedere almeno con la prima chiamata all’asta.

“Concorrenza” con il saldo e stralcio

L’intento della vendita diretta è quello di velocizzare le procedure. È ancora difficile, però, capire nel pratico quanto questo nuovo istituto possa prendere piede.

Il debitore dovrebbe individuare un ipotetico compratore, che si impegni con un’offerta irrevocabile, su un immobile che teoricamente all’asta potrebbe anche valere molto meno (nel caso di offerta al ribasso).

Viceversa, nel caso di un immobile in buono stato e in una buona posizione, il creditore (ossia la banca) potrebbe ragionevolmente sperare di incassare un prezzo più alto, grazie ai rilanci in asta, rispetto al semplice valore di partenza a base d’asta.

Inoltre, la vendita diretta rischia di somigliare a un altro meccanismo, che serve appunto per perfezionare la vendita prima che parta l’asta, ossia il “saldo e stralcio”.

Si tratta di quell’istituto in cui il creditore “si accontenta” di ricevere in un’unica soluzione una somma inferiore, rispetto al debito totale residuo, accettando però così di chiudere la pratica e di porre fine alla citazione in giudizio del debitore.

*Questo contenuto ha scopo informativo e non ha valore prescrittivo. Per un’analisi strutturata su ciascun caso personale si raccomanda la consulenza di professionisti abilitati.


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