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Un contribuente scopre di avere un debito per crediti previdenziali dopo aver richiesto un estratto di ruolo presso l’Agenzia delle Entrate. Dal momento che non ha ricevuto alcuna notifica, propone opposizione avverso l’iscrizione a ruolo, deducendo l’inesistenza del credito portato dalle cartelle delle quali è stata omessa la notificazione, anche per il maturare del termine prescrizionale. L’opposizione viene rivolta nei confronti dell’ente riscossore (AdER) e non verso l’ente titolare del credito (INPS).

Chi è il legittimato passivo?

La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, con la sentenza 8 marzo 2022, n. 7514 (testo in calce), ha chiarito che – nella fattispecie in esame – l’ente impositore e l’agente della riscossione non sono litisconsorti necessari. Anche il dettato normativo depone in tal senso, infatti, la disciplina della riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali è peculiare rispetto ad altre fattispecie ed è prevista una normativa specifica che individua come legittimato passivo l’ente impositore (art. 24 d.lgs. 46/1999). Pertanto, nelle opposizioni sul merito della pretesa contributiva – come le opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali e le opposizioni concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti successivi all’iscrizione a ruolo – la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito (ex art. 24 d.lgs. 46/1999). In conclusione, la proposizione, verso il concessionario, dell’opposizione tardiva recuperatoria avverso l’iscrizione a ruolo, deducendo l’inesistenza del credito portato dalle cartelle di cui è stata omessa la notifica comporta il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione del concessionario stesso.

1. La vicenda

Una contribuente, recatosi all’Agenzia delle Entrate per chiedere un estratto di ruolo, scopriva un’iscrizione per crediti previdenziali relativi a cartelle esattoriali mai notificate. La donna citava in giudizio l’agente della riscossione, chiedendo l’accertamento dell’infondatezza della pretesa per mancata notifica e l’accertamento dell’intervenuta prescrizione.

Il tribunale dichiarava i crediti inesigibili, in parte perché prescritti e in parte per omessa notifica. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, rimasta contumace in primo grado, impugnava la sentenza deducendo la violazione del principio del contraddittorio; infatti, stante la contestazione nel merito della pretesa contributiva, l’attore avrebbe dovuto evocare in giudizio il titolare del credito (ossia l’INPS) e non solo il soggetto autorizzato a riscuoterlo (vale a dire l’AdER).

Il giudice del gravame dichiarava la nullità del giudizio di primo grado per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS e rimetteva la causa al primo giudice. Secondo la Corte d’appello, la legittimazione passiva spettava al titolare del credito (INPS), mentre l’ente riscossore è legittimato solo quando vengano sollevate questioni afferenti alla regolarità formale del procedimento di riscossione. Nel caso in esame, erano presenti sia questioni di merito (relative all’efficacia del titolo) sia questioni relative alla legittimità della procedura di riscossione, pertanto, ricorreva un’ipotesi di litisconsorzio necessario non rilevato dal giudice di primo grado.

Si giunge così in Cassazione, ove si chiede alle Sezioni Unite di chiarire come vada individuato il legittimato passivo e se ricorra (o meno) un’ipotesi di litisconsorzio necessario.

2. Impugnazione del ruolo che investe la pretesa contributiva

Secondo il ricorrente, il giudice di merito ha errato nel non ritenere la legittimazione esclusiva dell’agente della riscossione relativamente agli atti successivi alla formazione del ruolo (come la notifica della cartella). Infatti, l’eccezione di prescrizione era stata sollevata in ragione di un vizio di notifica, dovuto all’inerzia dell’ente riscossore ed estraneo all’ente creditore (INPS).

Come vedremo, la Corte rigetta tale ricostruzione.

Per individuare chi siano i legittimi contraddittori occorre indagare la natura dell’azione. La giurisprudenza di legittimità (Cass. 16425/2019) ha qualificato come opposizione all’esecuzione l’azione proposta tardivamente (ossia scaduto il termine previsto dall’art. 24 c. 5 d.lgs. 46/1999) dal debitore che chieda l’accertamento negativo del credito iscritto a ruolo sia per infondatezza della pretesa che per l’intervenuta prescrizione a causa della mancata notifica della cartella. Infatti, l’opposizione all’esecuzione è un’azione di accertamento negativo del credito (Cass. 29294/2019). Non deve trarre in inganno il fatto che il ricorrente lamenti l’omessa notifica, poiché tale contestazione è funzionale al “recupero” della tempestività dell’opposizione altrimenti tardiva; inoltre, l’opposizione è diretta a far valere la prescrizione1, vale a dire una questione che inerisce al merito della pretesa creditoria.

3. L’omessa notifica attiene al merito della controversia

Nel caso in esame, viene chiesta una pronuncia sul merito della pretesa contributiva, infatti, l’omessa notifica attiene al merito della controversia perché:

  • è rilevante ai fini della prescrizione,
  • incide sulla sussistenza della pretesa, potendone determinare l’eventuale decadenza (Cass. SS.UU. 16412/2007).

L’omessa notifica può dipendere sia dall’inerzia del concessionario sia dalla ritardata trasmissione degli atti all’esattore. Le eventuali responsabilità del riscossore sono irrilevanti per il destinatario in quanto riguardano il rapporto tra l’ente impositore e l’esattore. In definitiva, nell’atto di opposizione ivi in esame sono fatte valere ragioni di merito e non di regolarità formale della cartella o della procedura, pertanto, difetta la legittimazione passiva dell’agente della riscossione.

4. L’individuazione dei legittimi contraddittori

La questione rimessa alle Sezioni Unite riguarda l’individuazione dei legittimi contradditori nel caso di impugnazione del ruolo che investa la pretesa contributiva; in particolare, occorre stabilire se ricorra (o meno) il litisconsorzio necessario tra l’ente titolare del credito (INPS) e l’esattore (Agenzia delle Entrate-Riscossione). L’individuazione dei legittimati passivi nel caso di un’azione diretta a far accertare l’insussistenza del credito portata da un ruolo di cui l’interessato abbia avuto notizia al di fuori della notificazione dell’atto di riscossione è stata oggetto di diverse pronunce di legittimità in diversi contesti. Analizziamo i differenti orientamenti.

Primo orientamento: no al litisconsorzio necessario

La legge impone all’ente riscossore di chiamare in causa l’ente impositore nel caso in cui la lite non riguardi esclusivamente la regolarità formale o la validità degli atti esecutivi (ex art. 39 d.lgs. 112/1999). Seguendo il dettato normativo, la giurisprudenza ha affermato che se il contribuente impugna la cartella esattoriale «deducendone la nullità per omessa notifica dell’atto presupposto o contestando, in via alternativa, la pretesa tributaria azionata nei suoi confronti, la legittimazione passiva spetta all’ente titolare del credito tributario e non al concessionario, al quale, se destinatario dell’impugnazione, incombe – ai sensi del citato art. 39 – l’onere di chiamare in giudizio l’ente» (Cass. SS. UU. 16412/2007, Cass. 476/2008, Cass. 15310/2009, Cass. 13082/2011). Riassumendo:

  • qualora il contribuente agisca direttamente verso l’ente creditore, il riscossore rimane vincolato alla decisione del giudice della sua qualità di destinatario del pagamento ex art. 1188 c.c. (adiectus solutionis causa);
  • qualora il contribuente agisca nei confronti dell’agente della riscossione, questi, se non vuole rispondere dell’esito sfavorevole della lite, deve chiamare in giudizio l’ente titolare del credito.

Secondo tale orientamento giurisprudenziale, nel caso di impugnazione della cartella esattoriale per motivi relativi all’omessa notifica o all’invalidità degli atti impositivi presupposti, l’individuazione del legittimato passivo in uno soltanto dei due soggetti (titolare del credito o ente riscossore) non determina l’inammissibilità della domanda; eventualmente, il riscossore può chiamare in giudizio l’ente creditore ma, in difetto, il giudice non deve integrare il contraddittorio non sussistendo alcun litisconsorzio necessario (Cass. 14991/2020; Cass. 21220/2012). Inoltre, il giudicato formatosi tra il contribuente e l’agente della riscossione produce effetti anche nei confronti dell’ente impositore a prescindere dalla denuntiatio litis (Cass. 14566/2021).

Secondo orientamento: sì al litisconsorzio necessario

La giurisprudenza ha ritenuto operativo l’art. 39 d.lgs. 112/1999 anche in caso di opposizione a sanzioni amministrative (ex lege 689/1981). Infatti, l’esattore ha una generale legittimazione passiva nelle controversie relative alle somme che deve riscuotere (Cass. 2016/2016; Cass. 11926/2003, Cass. 8759/2002). In particolare, in caso di opposizione a sanzione amministrativa relativa ad una violazione del codice della strada in cui il destinatario deduca la mancata notifica del verbale di accertamento dell’infrazione, la legittimazione passiva spetta:

  • all’ente impositore, in quanto titolare della pretesa sostanziale contestata,
  • e all’esattore che ha emesso l’atto opposto e ha interesse a resistere, in ragione dell’incidenza sul rapporto esattoriale di un’eventuale pronuncia di annullamento della cartella.

I due soggetti sono litisconsorti necessari (Cass. 12385/2013).

In tema di opposizione a cartella esattoriale relativa a contributi previdenziali, è stato affermato che sussiste la legittimazione passiva del concessionario nel caso in cui si deduca un vizio di notifica degli atti, quale l’omessa tempestiva notifica della cartella determinante la prescrizione del credito, in quanto il concessionario è litisconsorte necessario, per le conseguenze che un eventuale accoglimento dell’opposizione potrebbe comportare nei rapporti con l’ente (Cass. 594/2016). Parimenti, si è ritenuto che il riscossore sia litisconsorte necessario nel giudizio di opposizione all’esecuzione con il quale sia stata fatta valere la prescrizione del credito contributivo per l’omessa notifica della cartella (Cass. 12385/2013).
Più recentemente, la giurisprudenza della sezione lavoro (Cass. 16425/2019, Cass. 5625/2019) è giunta a soluzioni interpretative differenti, per cui di rende necessario un intervento delle Sezioni Unite

5. La peculiarità del sistema di riscossione previdenziale

Innanzitutto, preme rilevare come la materia sia regolata da una disciplina apposita. La cartella (o avviso di addebito) deve contenere una motivazione redatta indicando sinteticamente gli elementi di iscrizione a ruolo come da precise indicazioni ministeriali (articoli 1 e 6 D.M. n. 321/1999). Inoltre, la legge prevede che l’opposizione sia proposta nei confronti dell’ente impositore (art. 24 d.lgs. 46/1999). Infine, tra le peculiarità della disciplina de qua, si ricorda che la notifica al debitore di un avviso di accertamento non rappresenta un atto presupposto necessario del procedimento e la sua omissione non incide sulla validità del successivo atto di riscossione dal momento che l’iscrizione a ruolo può avvenire in assenza di un atto di accertamento da parte dell’Istituto previdenziale (Cass. 4225/2018; Cass. 3269/2009). Infatti, «il ruolo e la cartella di pagamento sono sia atto di accertamento del credito sia, contestualmente, titolo esecutivo e precetto, rispondenti ad uno schema operativo definito in dottrina con l’espressione “atto d’accertamento in executivis”» (Cass. 4225/2018). Al contrario, la notifica costituisce un atto necessario in materia di applicazione delle sanzioni amministrative (art. 14 legge 689/1981).

Ciò premesso, la Suprema Corte, nel suo iter argomentativo, parte dal dato normativo.

Il d.lgs. 46/1999, recante il riordino della disciplina della riscossione mediante ruolo, nell’art. 24, in materia di iscrizioni a ruolo dei crediti degli enti previdenziali, al comma 5, dispone che:

Nella versione originaria, la norma prevedeva che il ricorso andasse notificato “all’ente impositore e al concessionario” nondimeno, l’ultimo inciso, recante l’obbligo di notifica al concessionario, è stato espunto (d.l. 209/2002). Pertanto, permane l’obbligo di notifica all’ente impositore e tale disposizione non può considerarsi implicitamente superata dall’art. 39 del d.lgs. 112/1999. Tale disposizione, rubricata “chiamata in causa dell’ente creditore”, dispone che:

  • “Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite”.

Secondo la Corte, la legittimazione passiva rimane regolata dal citato art. 24. D. lgs. 46/1999, inoltre, nelle opposizioni relative al merito della pretesa contributiva, ossia:

  • nelle opposizioni a iscrizione a ruolo dei crediti previdenziali,
  • e nelle opposizioni concernenti l’accertamento negativo del debito per fatti successivi all’iscrizione a ruolo,

il ricorso va notificato all’ente impositore, «senza che possa trovare applicazione il D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112, art. 29 e le conseguenze che da esso ha tratto la giurisprudenza in materia tributaria».

6. Riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali: legittimato passivo è l’ente impositore

Nella riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali, quando l’impugnazione ha ad oggetto il merito della pretesa – a cui l’agente della riscossione è estraneo – la legittimazione a contraddire spetta unicamente all’ente impositore; inoltre, in tal senso depone anche il dato normativo (art. 24 d.lgs. 46/1999). Deve escludersi il litisconsorzio necessario, infatti, nel giudizio non si fa riferimento alla legittimità degli atti esecutivi, propri del riscossore. In ogni caso, dal momento che questi è il destinatario del pagamento (ex art. 1188 c.c.) è vincolato alla decisione del giudice nella sua qualità di adiectus solutionis causa (Cass. 16412/2007). Infatti, «l’eventuale annullamento della cartella per vizi sostanziali produce comunque effetti “ultra partes” verso l’esattore (adiectus), senza la necessità della partecipazione dello stesso al processo». Al lume di ciò, la proposizione, nei confronti del concessionario, dell’opposizione tardiva recuperatoria avverso l’iscrizione a ruolo, contestando l’inesistenza del credito portato dalle cartelle delle quali è stata omessa la notificazione, anche per il maturare del termine prescrizionale, determina il rigetto del ricorso per carenza di legittimazione in capo al concessionario stesso. Nel caso di specie, l’opposizione è stata proposta nei confronti dell’ente riscossore, il quale è carente di legittimazione passiva e il difetto di legitimatio ad causam è rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimità (Cass. SS.UU. 1912/2012).

Infine, la Corte rileva come, nella riscossione mediante ruolo dei crediti previdenziali, non trovino applicazione le “soluzioni” adottate in altri settori, come legittimazione passiva concorrente tra ente impositore e agente per la riscossione (in ambito tributario) o la legittimazione passiva congiunta nel caso diopposizione all’ordinanza-ingiunzione da illecito amministrativo. 

7. Conclusioni: il principio di diritto

In conclusione, la Suprema Corte decidendo sul ricorso, cassa senza rinvio la sentenza impugnata perché la causa non poteva essere proposta. Le Sezioni Unite, in relazione alla questione sottoposta al loro scrutinio, affermano quanto segue:

CASSAZIONE, SS.UU. CIVILI, SENTENZA N. 7514/2022 >> SCARICA IL PDF

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[1] A tal fine si ricorda che, nell’ambito dei contributi previdenziali, la prescrizione già maturata ha efficacia estintiva, è rilevabile d’ufficio ed opera di diritto, mentre non ha efficacia meramente preclusiva come accade nella materia civile (Cass. 23116/2004).

 

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