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Previsione della impignorabilità dell’intero ammontare, anziché della impignorabilità della sola parte necessaria per le esigenze di vita e della pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte; trattamento minimo di pensione.

La determinazione della quota pignorabile della pensione

Il tema specifico del pignoramento delle pensioni è regolato in via generale dall’art. 2 del d.p.r. 180/1950, in una con le integrazioni che derivano, ora, anche dalle previsioni dall’art. 545, co. 7 ss. c.p.c. Nella determinazione delle quote pignorabili il citato art. 2 stabilisce che esse, in ogni caso, siano valutate “al netto di ritenute”. Non vi è quindi dubbio che la disciplina generale del pignoramento delle pensioni, riveniente da tale quadro di fondo, ne preveda il calcolo al netto e non al lordo delle ritenute fiscali.

Tribunale Chieti, 28/10/2020, n.596

Indebito Inps e trattenute di pensione: il minimo vitale

In tema di indebito previdenziale, l’Inps, salvo il diritto di avvalersi dell’azione di ripetizione di cui all’art 2033 c.c., può recuperare gli indebiti e le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo di pensione: tale principio opera anche con riguardo agli arretrati di pensione o di trattamento minimo, nè incide su di esso l’art 6, comma 11-quinquies, del d.l. n. 463 del 1983, da riferire esclusivamente alla indebita percezione della integrazione al minimo e pertanto non contenente una deroga ai limiti vigenti, indicati dall’art. 69 legge n. 153 del 1969.

Cassazione civile sez. lav., 11/01/2016, n.206

L’obbligo di pagamento di stipendi e pensioni di importo superiore a mille euro

È inammissibile, per errore del giudice rimettente nella individuazione della norma censurata, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 2, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, conv., con modif., in l. 22 dicembre 2011, n. 214, che ha inserito il comma 4-ter, lett. c), nell’art. 2 d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modif., in l. 14 settembre 2011, n. 148, censurato per violazione degli artt. 3 e 38, comma 2, Cost., nella parte in cui, imponendo che il pagamento dei redditi da lavoro o da pensione superiori all’importo mensile di mille euro avvenga esclusivamente con accredito su conti correnti bancari o postali, libretti di deposito, carte prepagate, carte istituzionali, non ha previsto che siano fatte salve le limitazioni in materia di pignoramento di cui all’art. 545 c.p.c.

Infatti, la norma impugnata non ha inciso sulla tematica inerente alla soggezione al pignoramento delle somme giacenti sul conto corrente, ma ha soltanto acutizzato, in via di fatto, il problema della pignorabilità indiscriminata degli emolumenti provenienti da crediti di lavoro e pensionistici, una volta transitati nel conto corrente, dal momento che ha reso obbligatorio detto transito.

Inoltre, non può sostenersi che le ipotesi di impignorabilità dei crediti da pensione possano estendersi, attraverso l’interpretazione giuridica o un’eventuale pronuncia additiva, alla disciplina del pignoramento sul conto corrente, in quanto i limiti alla pignorabilità dei beni del debitore sono deroghe al principio generale della responsabilità patrimoniale, tassativamente previste dalla legge e, per questo motivo, non suscettibili di estensione analogica.

Peraltro, un’eventuale pronuncia additiva non potrebbe essere a “rime obbligate”, dal momento che il credito da pensione è situazione giuridica profondamente diversa dal credito di conto corrente e, conseguentemente, l’indefettibile principio costituzionale di tutela del fine solidaristico non può trovare soluzione obbligata attraverso l’automatica riproduzione di una norma appartenente ad un contesto giuridico diverso.

Tuttavia, se il credito per il saldo del conto corrente, nonostante sia stato alimentato da rimesse pensionistiche, non gode, allo stato della legislazione, dell’impignorabilità parziale relativa ai crediti da pensione, ciò non può precludere in radice la tutela dei principali bisogni collegati alle esigenze di vita del soggetto pignorato. In tale contesto l’individuazione e le modalità di salvaguardia della parte di pensione necessaria ad assicurare al beneficiario mezzi adeguati alle sue esigenze di vita è riservata alla discrezionalità del legislatore, il quale non può sottrarsi al compito di razionalizzare il vigente quadro normativo in coerenza con i precetti dell’art. 38, comma 2, Cost. (sentt. nn. 55 del 1991, 468, 506 del 2002, 444 del 2005, 256 del 2006, 183 del 2009, 23 del 2013; ord. nn. 447 del 1994, 315 del 1999.

Corte Costituzionale, 15/05/2015, n.85

Pignoramento della pensione oltre i limiti consentiti

L’impignorabilità parziale di trattamenti pensionistici, è posta a tutela dell’interesse di natura pubblicistica consistente nel garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita (art. 38 cost.) e tale finalità è ancora più marcata dopo l’entrata in vigore della

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, efficace dal 1 dicembre 2009 (data in cui è entrato in vigore il trattato di Lisbona), che, all’art 34, comma 3, garantisce il riconoscimento del diritto all’assistenza sociale al fine di assicurare un’esistenza dignitosa a tutti coloro che non dispongano di risorse sufficienti. Ne consegue che il pignoramento della pensione eseguito oltre i limiti consentiti è radicalmente nullo per violazione di norme imperative e la nullità è rilevabile d’ufficio senza necessità di un’eccezione o di un’opposizione da parte del debitore esecutato.

(Nella specie, la S.C. ha dichiarato l’applicabilità di tale regime anche alla pensione erogata dall’Enasarco ai sensi dell’art. 28, comma 1, l. 2 febbraio 1973 n. 12, qualificata parzialmente impignorabile dalla Corte cost. con la pronuncia n. 183 del 2009).

Cassazione civile sez. III, 22/03/2011, n.6548

Beni impignorabili o relativamente pignorabili

È costituzionalmente illegittimo l’art. 28, comma 1, l. 2 febbraio 1973 n. 12, nella parte in cui esclude la pignorabilità per ogni credito dell’intero ammontare delle

pensioni erogate dell’Ente nazionale di assistenza per gli agenti e rappresentanti di commercio, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

Il doveroso bilanciamento fra i due valori costituzionalmente nella specie rilevanti – da un lato, quello di assicurare al pensionato mezzi adeguati alle sue esigenze di vita e, dall’altro lato, quello di non imporre ai terzi, oltre un ragionevole limite, un sacrificio dei loro crediti, negando alla intera pensione la qualità di bene sul quale possano soddisfarsi – non può rendere impignorabile anche la parte di pensione che eccede quanto necessario alle esigenze di vita del pensionato, sicché, soddisfatta integralmente l’esigenza sottesa al disposto dell’art. 38, comma 2, cost., detta parte eccedente deve ritenersi (nei limiti e secondo le regole fissati dall’art. 545 c.p.c.) assoggettabile al regime generale della responsabilità patrimoniale (art. 2740 c.c.), senza che la circostanza che l’

Ente nazionale per gli agenti e rappresentanti di commercio (Enasarco) abbia acquisito natura privatistica costituisca ragione idonea a giustificare il peculiare trattamento disposto dalla norma censurata rispetto a quanto previsto per le pensioni dei dipendenti, sia pubblici che privati, dei notai e dei giornalisti, giacché nessuna differenza sussiste tra le pensioni spettanti a ciascuna categoria di beneficiari sotto il profilo della loro assoggettabilità ad esecuzione forzata (sentt. n. 506 del 2002, 444 del 2005, 256 del 2006).

Corte Costituzionale, 26/06/2009, n.183

Pensione erogata dalla Cassa nazionale del notariato

È costituzionalmente illegittimo l’art. 12 r.d.l. 1324/23, nella parte in cui prevede l’impignorabilità assoluta della pensione erogata dalla Cassa nazionale del notariato, anziché prevedere l’impignorabilità, con le eccezioni previste dalla legge per crediti qualificati, della sola parte della pensione necessaria per assicurare al pensionato mezzi adeguati alle esigenze di vita e la pignorabilità nei limiti del quinto della residua parte.

Corte Costituzionale, 13/12/2005, n.444

Misura di un quinto della pensione

In tema di indebito previdenziale, l’Inps, salvo il diritto di avvalersi dell’azione di ripetizione di cui all’art 2033 c.c., può recuperare gli indebiti e le omissioni contributive anche mediante trattenute sulla pensione, in via di compensazione, col duplice limite che la somma oggetto di cessione, sequestro, pignoramento o trattenuta non superi la misura di un quinto della pensione, assegno o indennità e che sia fatto, comunque, salvo il trattamento minimo di pensione: tale principio opera anche con riguardo agli arretrati di pensione o di trattamento minimo, nè incide su di esso l’art 6, comma 11 quinquies, del d.l. n. 463 del 1983, da riferire esclusivamente alla indebita percezione della integrazione al minimo e pertanto non contenente una deroga ai limiti vigenti, indicati dall’art. 69 l. 30 aprile 1969 n. 153.

Cassazione civile sez. lav., 05/06/2003, n.9001

Pignorabilità nei limiti di un quinto della pensione di vecchiaia

È manifestamente infondata, in riferimento all’art. 3 cost., la q.l.c. dell’art. 69 l. 30 aprile 1969 n. 153, nella parte in cui esclude – in relazione all’art. 545, comma 4, c.p.c. – la pignorabilità nei limiti di un quinto della

pensione di vecchiaia per crediti diversi da quelli inerenti all’INPS e da quelli di natura alimentare, in quanto, con tale norma, il legislatore non altro ha fatto che prevedere limiti e modalità attraverso le quali un creditore qualificato può assoggettare a pignoramento un quinto dell’intero ammontare della pensione.

Corte Costituzionale, 04/12/2002, n.506

Titolare di pensione di vecchiaia Inps

È manifestamente infondata, con riferimento all’art. 3 cost., la questione di legittimità costituzionale – sollevata dal vice pretore di Chieti in un procedimento di opposizione agli atti esecutivi, promosso dal debitore esecutato, titolare di pensione di vecchiaia INPS, e dal terzo pignorato INPS, avverso l’atto di pignoramento ingiunto da una privata creditrice – degli art. 128 r.d.l. 4 ottobre 1935 n. 1827 (perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale) e 69 l. 30 aprile 1969 n. 153 (revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui non prevedono, analogamente all’art. 2 d.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180 ed all’art. 545 c.p.c., la pignorabilità fino ad un quinto, per ogni credito, delle pensioni erogate dall’INPS, diverse da quella sociale. È manifestamente errato il presupposto su cui il giudice “a quo” fonda la questione, in quanto nessuna delle norme indicate come “tertium comparationis” consente allo Stato, la pignorabilità delle pensioni per crediti non qualificati.

Conformemente a quanto già deciso in identica questione con sent. di infondatezza n. 55 del 1991, deve riaffermarsi che il regime della pignorabilità delle pensioni non incide sul contenuto sostanziale della responsabilità patrimoniale del debitore che resta sempre quello disciplinato dall’art. 2740 c.c. (sent. n. 580 del 1989), e che la predetta disciplina non può comunque ritenersi irragionevole, trovando fondamento nell’intrinseca diversità di due situazioni giuridiche – diritto alla retribuzione e diritto alla pensione – che rispondono a principi e finalità diversi, quali quelli espressi, rispettivamente, dagli art. 36 e 38 cost.

Corte Costituzionale, 05/07/1991, n.314

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