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Il pagamento eseguito dal terzo pignorato, non preclude, in linea teorica, la possibilità di definire in via agevolata la controversia, trattandosi di somme pagate scomputabili dal dovuto ma ne esclude il rimborso, ancorché si tratti di importi eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

È, in sintesi, quando affermato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta n. 349 del 19 giugno 2023. Il caso riguarda una controversia giunta in Cassazione, nelle more della quale l’Agente della riscossione ha notificato un atto di pignoramento presso terzi, nei confronti di una banca, in ragione del rapporto di conto corrente bancario intrattenuto con la medesima dal contribuente in lite con il Fisco, ottenendo dal terzo pignorato il versamento integrale delle somme iscritte a ruolo. Il pagamento – a dire del contribuente – è avvenuto contro la sua volontà, pur avendo dato disposizioni alla banca di non effettuare il versamento. Intenzionato a definire la lite pendente con la procedura prevista dalla legge di Bilancio 2023 (art. 1, cc. 186-204, L 197/2022), il contribuente chiede alle Entrate, tramite interpello, come comportarsi.

Il parere dell’Agenzia non lascia via di uscita: se lo scomputo è, in via generale, ammissibile per tutte le somme pagate che siano ancora in contestazione nella lite che si intende definire

e, dunque, anche quelle versate dal terzo pignorato, tali somme, però, non possono in nessun caso essere rimborsate ancorché si tratti di importi eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione stessa.

A ciò le Entrate aggiungono l’irrilevanza dell’asserita circostanza che il pagamento sia stato eseguito dal terzo contro la volontà dello stesso istante, non assumendo alcuna rilevanza giuridica la mera ”opposizione verbale”, dal momento che l’ordinamento predispone degli strumenti giuridici ad hoc volti ad evitare il prosieguo dell’attività di riscossione coattiva. Al riguardo, secondo il Fisco. il contribuente avrebbe potuto richiedere la sospensione giudiziale con riferimento alla sentenza di secondo grado sfavorevole impugnata innanzi alla Corte di cassazione.

In conclusione, per le Entrate, la disciplina della definizione agevolata non legittima in alcun modo l’interpretazione proposta dall’istante ovvero che lo scomputo delle somme versate debba intendersi limitato agli importi pagati dal debitore, con esclusione dei terzi. Ne deriva, nell’ipotesi di accesso alla definizione agevolata dei giudizi tributari e versamento delle somme nei tempi e modalità prescritte dalle norme che ne regolamentano l’istituto, l’impossibilità di ottenere la restituzione degli importi corrisposti dal terzo pignorato.

Fonte: Risp. AE 19 giugno 2023 n. 349

 

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