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  Rigettando il ricorso della difesa, lo scorso giugno la quinta sezione penale della Cassazione (presidente Rosa Pezzullo) ha reso definitiva la sentenza di condanna, per bancarotta fraudolenta, documentale e patrimoniale, emessa il 24 febbraio 2022 dalla Corte d’appello di Palermo, che a sua volta aveva confermato, seppur con uno sconto di pena per la prescrizione di uno dei capi d’imputazione, la condanna a cinque anni di carcere inflitta il 7 maggio 2019 ad Antonio Ignazio Correra.

Già in primo grado era stato dichiarato prescritto il reato di tentata truffa aggravata allo Stato. Già da qualche mese, quindi, con il sigillo della Suprema Corte, per Correra, che adesso ha 43 anni, è arrivato il momento di saldare il suo conto con la giustizia (detenzione in carcere).

La bancarotta gli è stata contestata per il fallimento della “Kemical Green”, azienda della quale era amministratore e che a suo dire avrebbe subìto gravi perdite perché costretto a vendere prodotti sottoprezzo nel periodo in cui sarebbe stato “vittima di usura”. E proprio con questo pretesto (quelli che lui accusò di usura, Massimo Bellitteri e Antonino Salvatore Sieri, sono stati poi assolti), secondo l’accusa, Correra truffò lo Stato accedendo al “fondo di solidarietà” e incassando quasi 200 mila euro. Con una parte di questa somma (158 mila euro) comprò un’abitazione a Montepulciano (Siena), poi sequestrata dalla magistratura di Marsala e nella quale, l’8 giugno 2015, l’agente di commercio fu posto, per un certo periodo, agli arresti domiciliari. Per bancarotta e truffa allo Stato. Accusa, quest’ultima, che nel 2019 il Tribunale derubricò in tentata truffa aggravata, dichiarando il “non doversi procedere” per prescrizione del reato. I giudici di primo grado, comunque, disposero la confisca dell’abitazione acquistata dal Correra a Montepulciano. Per Correra, al quale furono inflitti anche 4 anni dall’esercizio di attività commerciale, il pubblico ministero Antonella Trainito aveva invocato una condanna a sette anni di carcere. L’indagine è stata condotta dalla sezione di pg della Guardia di finanza della Procura di Marsala, all’epoca diretta dal luogotenente Antonio Lubrano. E con questi all’indagine collaborò anche il maresciallo Salvatore Missuto. In primo grado, difendere l’agente di commercio – già condannato definitivamente per una serie di truffe in danno di aziende di fertilizzanti agricoli, e in appello per ricettazione di assegni rubati (quelli dati a Bellitteri e Sieri) – sono stati gli avvocati Antonino Carmicio e Antonio Ciotola. In Cassazione, a difendere l’imputato sono stati gli avvocati Sinatra e Marinacci.



 

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