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L’istituto giuridico dell’esdebitazione, disciplinato dagli artt. 142 e ss. della Legge Fallimentare, è un rimedio in caso di sovraindebitamento. È stato introdotto all’interno dell’ordinamento giuridico italiano mediante la riforma operata dal Decreto Legislativo n. 5/2006 e rappresenta uno dei cardini di un significativo – nonché recente – mutamento della coscienza sociale, orientata nel senso di una rimodulazione del carattere afflittivo delle procedure concorsuali nei confronti degli imprenditori insolventi.

In deroga alla generale disciplina prevista dall’Art. 2740 comma 1 c.c., il debitore, al ricorrere di determinati presupposti, può essere liberato dall’obbligo di adempimento delle prestazioni ancora dovute nei confronti dei propri creditori all’esito della procedura concorsuale[1].

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha apportato radicali modifiche alla disciplina in commento, sia per quanto concerne le condizioni di accesso al beneficio, sia relativamente all’ambito oggettivo e soggettivo di applicazione.[2] In tale ottica si comprende anche la scelta del legislatore dell’emergenza di prevedere una ulteriore moratoria per l’entrata in vigore del CCII prevista per il 15/08/2020.

L’Art. 6 D.L. 23/2020 ha infatti previsto una ulteriore dilazione di diciotto mesi al fine di permettere ad imprese ed imprenditori di gestire questo periodo emergenziale quanto inaspettato senza l’ulteriore onere di dover familiarizzare con una normativa, per certi versi, assai distante da quella prevista dalla Legge Fallimentare.

È stata prevista una sezione ad hoc, agli artt. da 278 a 283 CCII, rubricata “Condizioni e procedimento della esdebitazione nella liquidazione giudiziale e nella liquidazione controllata”.

Sommario:
Cos’è e come funziona l’esdebitazione
Chi può accedere all’esdebitazione?
Esdebitazione del fallito: quali crediti riguarda
Condizioni per l’esdebitazione: i requisiti di meritevolezza
Condizioni temporali e procedimento: quando e come richiedere l’esdebitazione

Cos’è e come funziona l’esdebitazione

L’Art. 278 CCII dispone che “l’esdebitazione consiste nella liberazione dai debiti e comporta la inesigibilità dal debitore dei crediti rimasti insoddisfatti nell’ambito di una procedura concorsuale che prevede la liquidazione dei beni”.

Tale beneficio si sostanzia in una dichiarazione di inesigibilità – resa dal tribunale con il decreto di chiusura della procedura o, secondo quanto previsto dall’Art. 281 comma 1 CCII, quando siano decorsi almeno tre anni dall’apertura della procedura e previa istanza del debitore – dei crediti che non hanno trovato soddisfazione nell’ambito della procedura concorsuale.

Chi può accedere all’esdebitazione?

Secondo quanto previsto dal previgente Art. 142 della legge fallimentare, l’esdebitazione può essere concessa esclusivamente alle persone fisiche, essendone precluso l’accesso ad una serie di categorie tra cui le società e gli imprenditori sprovvisti dei necessari requisiti dimensionali di cui all’Art. 1 comma 1 L. Fall.

Il nuovo Codice della crisi, invece, opera una scelta in netta controtendenza con il passato specificando, al comma terzo dell’Art. 278, che possono accedere all’esdebitazione tutti i soggetti di cui all’Art. 1 comma 1 CCII, vale a dire i consumatori, i professionisti, gli imprenditori che esercitino – anche non a fini di lucro – un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando in veste di persona fisica, persona giuridica, altro ente collettivo, ovvero gruppi di imprese o società pubbliche, fatta eccezione per lo Stato e gli enti pubblici[3].

Il legislatore della riforma, prevedendo l’accesso al beneficio dell’esdebitazione anche alle persone giuridiche, supera il tradizionale limite che circoscriveva l’ambito di applicazione della disciplina alle sole persone fisiche.

La ratio di una simile presa di posizione deve essere ricercata nell’esigenza di agevolare il recupero ed il reinserimento all’interno del mercato dell’imprenditore insolvente, inteso come soggetto produttivo di redditi e di ricchezza, la cui ricollocazione all’interno tessuto economico verrebbe irrimediabilmente pregiudicata dalla permanenza del vincolo previsto in via generale dall’Art. 2740, comma 1 c.c.[4].

Esdebitazione del fallito: quali crediti riguarda

La norma in commento ha introdotto modifiche di assoluto rilievo altresì per quanto concerne le condizioni di operatività e di accesso all’istituto in esame prevedendo, da un lato, che l’esdebitazione operi anche nei confronti dei creditori anteriori che non abbiano partecipato alla liquidazione dell’attivo, limitatamente alla parte eccedente la percentuale attribuita ai creditori concorsuali (comma secondo) e, dall’altro, che l’esdebitazione di una società spieghi i propri effetti altresì nei riguardi dei soci illimitatamente responsabili (comma quinto).

Tuttavia, appare opportuno precisare come la disciplina di recente introduzione non abbia delineato una vera e propria liberazione del debitore dalle proprie obbligazioni, posto che il dato letterale del comma primo dell’art. 278 CCII configura l’“inesigibilità”, e non la “liberazione”, dei crediti rimasti insoddisfatti durante la procedura concorsuale; rimangono pertanto impregiudicati i diritti vantati dai creditori nei confronti di eventuali coobbligati o fideiussori del debitore.

Permangono, invece, le limitazioni all’esdebitazione già previste dalla previgente disciplina.

A tenore del comma settimo dell’Art. 278 restano pertanto esclusi dall’esdebitazione

  • i) gli obblighi di mantenimento e quelli alimentari,
  • ii) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale,
  • iii) le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario non accessorie ai debiti estinti.

Condizioni per l’esdebitazione: i requisiti di meritevolezza

L’Art. 280 CCII riprende, in buona sostanza, l’impianto normativo di cui all’Art. 142 L.Fall., prevedendo che il debitore possa essere ammesso al beneficio dell’esdebitazione soltanto in presenza di una serie di requisiti di cd. “meritevolezza”.

Occorre preliminarmente rilevare che il presupposto essenziale ai fini dell’ammissione al beneficio è rappresentato dalla proficua cooperazione del debitore con gli organi della procedura concorsuale, mediante condotte volte a favorire il regolare e tempestivo svolgimento della medesima.

Passando in rassegna il testo dell’Art. 280 comma primo CCII, risulta altresì necessario che il debitore non abbia riportato condanne (con sentenza passata in giudicato) per reati di bancarotta fraudolenta, delitti contro l’economia pubblica ovvero reati compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività imprenditoriale svolta.

Ulteriore requisito ai fini dell’esdebitazione è l’assenza di condotte pregiudizievoli nonché dannose, perpetrate dal debitore nei confronti dei propri creditori o degli organi della procedura; nell’ambito di tali contegni rientrano l’esposizione di passività insussistenti, la distrazione dell’attivo, l’aver cagionato o aggravato il dissesto rendendo particolarmente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e, in ogni caso, qualsiasi attività che abbia ostacolato o rallentato il regolare svolgimento della procedura medesima[5].

Inoltre, diversamente da quanto disposto dall’Art. 142 L.Fall. – che prevedeva l’impossibilità di accedere all’esdebitazione al debitore che ne avesse beneficiato nei dieci anni precedenti – la disciplina del Codice della Crisi riduce tale limite temporale a cinque anni.

Da ultimo, si rileva altresì come ai fini dell’applicabilità dell’istituto in esame è necessario che il debitore non ne abbia beneficiato per più di due volte.

Condizioni temporali e procedimento: quando e come richiedere l’esdebitazione

La riforma operata dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, nel razionalizzare e rivisitare l’istituto dell’esdebitazione, si colloca in posizione diametralmente opposta rispetto alla previgente disciplina altresì per quanto concerne le tempistiche di accesso al beneficio.

Infatti, contrariamente a quanto previsto dall’Art. 142 comma 2 L.Fall. – a tenore del quale l’esdebitazione può essere richiesta soltanto a seguito della chiusura della procedura concorsuale e “non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali” l’Art. 279 comma primo CCII, come già peraltro anticipato, consente al debitore di richiedere l’esdebitazione a partire dal terzo anno successivo all’apertura della procedura.

Appare chiaro ed incontrovertibile come la scelta del legislatore della riforma sia ancora una volta dettata dalle già menzionate esigenze di reinserimento sociale dell’imprenditore; esigenze che, nel Codice della Crisi, trovano una reale efficacia pratica in termini di anticipazione dei termini e di riduzione delle soglie di sbarramento per l’accesso al beneficio.

Pertanto, l’istanza di accesso alla esdebitazione potrà provenire sia da una procedura concorsuale ancora in corso di esecuzione sia nell’ipotesi in cui i creditori concorsuali non siano stati soddisfatti neppure in parte.[6]

Ulteriore conferma di quanto asserito è rinvenibile dalla disposizione di cui all’Art. 281 CCII.

Quest’ultima, nel dettare la disciplina del procedimento di esdebitazione, introduce, oltre alla generale previsione secondo la quale “il tribunale, contestualmente alla pronuncia del decreto di chiusura della procedura, sentiti gli organi della stessa e verificata la sussistenza delle condizioni, dichiara inesigibili nei confronti del debitore i debiti concorsuali non soddisfatti”, la possibilità per il debitore di presentare domanda di esdebitazione decorsi tre anni dalla data di apertura della procedura concorsuale, confermando quanto già previsto dal comma primo dell’Art. 279.

Giova inoltre segnalare come il termine previsto dal comma primo della norma in commento venga ulteriormente ridotto a due anni qualora il debitore abbia tempestivamente proposto istanza di composizione assistita della crisi al fine di incentivare il ricorso a tale nuovo meccanismo.


[1] Sulla natura giuridica dell’esdebitazione ex multis M. SALERNO “La riforma della crisi d’impresa”, Edizioni Giuridiche Simone, Milano, 2019 che aderisce alla tesi prevalente secondo la quale le obbligazioni colpite dall’esdebitazioni sono riconducibili a quelle naturali ex Art. 2034 c.c. e D. VATTERMOLI “L’esdebitazione tra presente e futuro” in Rivista del Diritto Commerciale n. 3/2018. In dottrina permane il dibattito sulla riconduzione dell’esdebitazione alla remissione del debito ex Art. 1236 c.c. (e che opera soltanto tra debitore e creditore concorsuale) ovvero, come già rilevato, alla disciplina delle obbligazioni naturali.

[2] È in tale ottica che ben si comprende la (recente) scelta del ‘legislatore dell’emergenza’ di posticipare ulteriormente l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza rispetto alla data del 15/08/2020; l’Art. 5 D.L. 23/2020 (cd. Decreto Liquidità) ha infatti previsto una moratoria di diciotto mesi al fine di consentire – ad imprese ed imprenditori – di affrontare la grave emergenza sanitaria (ed economica) determinata dalla diffusione del virus Covid-19 senza l’ulteriore onere di dover necessariamente familiarizzare con un complesso normativo per certi versi assai distante dall’attuale Legge Fallimentare.

La rinnovata disciplina dettata per alcuni istituti – tra cui, per l’appunto, l’esdebitazione – da un lato, la previsione di meccanismi del tutto innovativi – tra cui, ad esempio, le procedure di allerta – dall’altro, costituiscono un traguardo di notevole importanza nella rimodulazione della disciplina delle procedure concorsuali che, tuttavia, si scontra con una realtà economica che necessita ora più che mai di stabilità e certezza delle regole applicabili.

Per tanto, il già citato Art. 5 D.L. 23/2020 dispone che “All’articolo 389 del decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14,

il comma 1 e’ sostituito dal seguente: «1. Il presente decreto entra in vigore  il  1  settembre  2021, salvo quanto previsto al comma 2.».

[3] L’Art. 1 comma 1 CCII così prevede “Il presente codice disciplina le situazioni di crisi o insolvenza del debitore, sia esso consumatore o professionista, ovvero imprenditore che eserciti, anche non a fini di lucro, un’attività commerciale, artigiana o agricola, operando quale persona fisica, persona giuridica o altro ente collettivo, gruppo di imprese o società pubblica, con esclusione dello Stato e degli enti pubblici”.

[4] Ai sensi del quale “Il debitore risponde dell’adempimento delle obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri”.

[5] Disposizione che ripropone quanto già contenuto all’interno dell’Art. 142 comma 1 L.Fall.

[6] Sulla concreta operatività della rinnovata disciplina dell’esdebitazione B. BENINCASA, L’esdebitazione in Giurisprudenza Italiana, Agosto – Settembre 2019 “Elemento di incertezza, infatti, è costituito dal modo in cui concretamente l’esdebitazione anticipata rispetto alla chiusura della procedura di liquidazione debba operare, ossia come ‘‘prenotazione’’ del beneficio, che potrà essere comunque conseguito (solo) all’esito della stessa, oppure con effetti anticipati che si riverberino sulla posizione personale e patrimoniale del soggetto coinvolto già al momento dell’emissione del decreto. Tale ultima opzione appare quella più in linea con la Proposta di Direttiva; consente al debitore, ferma restando la destinazione della massa attiva realizzata o comunque apprensibile sino a quel momento al soddisfacimento dei creditori concorsuali, di non subire lo spossessamento dei beni che dovessero da quel momento venire a far parte del suo patrimonio”.



 

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