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Per aumentare il gettito e combattere l’evasione, il concordato dovrebbe riguardare solo i contribuenti meno affidabili secondo gli Isa. E dovrebbe essere accompagnato da una credibile minaccia di controlli in caso di rifiuto della proposta.

Come funziona il concordato

Su lavoce.info si è già discusso sulle determinanti di chi possa avere interesse ad accettare una proposta di concordato. Nel nostro intervento vogliamo sottolineare il rischio che, così come è stato proposto, al concordato non aderisca nessuno perché la carota di minori controlli non basta, se non c’è il bastone di più controlli per chi non vi accede. Lo stesso sistema Isa – indice sintetico di affidabilità (per cui tu compili un modulo e hai un punteggio di affidabilità da 1 a 10) dovrebbe funzionare così: se hai punteggio alto ti premio, se ne hai uno basso ti controllo. In realtà, i controlli sono pochi e non così probabili. Il punto è che alla fine l’amministrazione finanziaria non ha oggi la capacità di verificare numeri significativi di Isa con punteggio basso, così come domani non controllerà un numero sufficiente di coloro i quali non accettano il concordato.

Oggi in Italia ci sono quasi 1,3 milioni di autonomi fuori dalla flat tax al 15 per cento e 453.429 società di persone che evadono il 69,2 per cento dei redditi per 32,4 miliardi e 674.551 società di capitali che evadono il 23,8 per cento per 8,98 miliardi.

Il governo Meloni con il decreto delegato attuativo della legge di delega fiscale, recentemente approvato, introduce un concordato preventivo biennale per 2,4 milioni di contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo. Propone inoltre di estendere la misura ai lavoratori autonomi che oggi aderiscono alla flat tax (1,7 milioni): i possibili interessati sono quindi 4,1 milioni.

Vediamo che cos’è e come funziona il concordato, almeno per quanto se ne sa. L’Agenzia delle Entrate presenta una proposta che vale per la tassazione Irpef e Irap nel 2024 e nel 2025 con una stima del reddito imponibile e valore della produzione. La stima è fatta sulla base delle informazioni presenti nella banca dati dell’Anagrafe tributaria e nei modelli Isa, che sono una sorta di pagella (da 1 a 10) sul livello di affidabilità fiscale. Solo nel caso in cui abbia un Isa almeno pari a 8, il contribuente ha un confronto con l’Agenzia delle Entrate in un contraddittorio semplificato e, se accetta, per due anni paga le imposte in base a reddito e valore della produzione bloccati dalla proposta che gli viene fatta. Il concordato, tuttavia, non esime da un possibile accertamento se si dichiara un ricavo di molto inferiore (più del 30 per cento) a quello effettivo; inoltre possono essere effettuati accertamenti sulle dichiarazioni Iva.

Un concordato così definito sembra essere un meccanismo Isa potenziato. Oltre alle agevolazioni previste dalla normativa Isa, vi sarebbe la possibilità di evitare controlli per cause prima non ricomprese. Ma il vantaggio è soprattutto che se si avesse un reddito o un valore della produzione maggiore rispetto a quello concordato, sulla differenza non si pagherebbero imposte.

Chiaramente il funzionamento o meno di un concordato così formulato dipende dall’entità delle proposte fatte e da quanto credibile sia il proposito di intensificare l’attività di controllo per chi non accetta o decade dal concordato.

Tuttavia, se ammettiamo che gli Isa siano effettivamente testimoni dell’affidabilità fiscale dei contribuenti, non è chiaro perché il governo voglia raggiungere un concordato con coloro i quali giudica contribuenti affidabili. Ciò avrebbe senso solo se l’obiettivo non fosse far emergere l’evasione intercettando i contribuenti poco affidabili, bensì premiare, con uno sconto fiscale, proprio quelli affidabili. Solo in tal caso, infatti, i contribuenti affidabili aderirebbero al concordato. Così facendo, però, lo stato rinuncerebbe a entrate che già percepisce. Inoltre, si prevede il concordato per i contribuenti forfettari, lasciando comunque in vigore la flat tax. Questi contribuenti risultano avere in media un reddito di 16mila euro, su cui pagano il 15 per cento. Che proposta conveniente si pensa di fare loro? Non si capisce neanche come verrebbero selezionati coloro ai quali proporre il concordato, visto che per questi soggetti non è previsto l’Isa.

La proposta: escludere forfettari e “affidabili”

Per essere efficace nell’aumentare il gettito e combattere l’evasione, pensiamo che il concordato non debba essere offerto ai forfettari (che non hanno Isa e non hanno interesse) né a coloro che hanno Isa uguale o superiore a 8.

È invece al contribuente con Isa minore di 8 che deve essere offerto un concordato che definisca un reddito e un valore della produzione pari a quelli di un contribuente simile in tutto e per tutto (caratteristiche dell’attività e della sua localizzazione), ma con un Isa di 8 o superiore.

Perché il contribuente con Isa basso dovrebbe accettare un concordato che lo porterebbe a dichiarare più di quanto dichiara adesso? Funzionerebbe solo se la minaccia dei controlli in caso di rifiuto fosse credibile. Per farlo, bisogna essere certi che coloro ai quali si fanno le proposte non abbiano Isa bassi solo perché sono falsi positivi e magari prevedere di integrare le dichiarazioni Isa con apposito monitoraggio sul campo accompagnato da adeguate analisi del rischio (previste all’art. 2 del decreto delegato). In altre parole, bisogna migliorare le informazioni che si raccolgono con gli Isa, che oggi consistono in gran parte in una riclassificazione dei dati di bilancio. Per fare tutto ciò è necessario un immediato incremento della capacità operativa dell’Agenzia delle Entrate.

A sostegno di quanto proponiamo, si tenga conto che, ad esempio, secondo i dati Isa del 2021, un commerciante con ricavi annuali superiori a 30 mila euro, con un fatturato in media di 433 mila euro, dichiara 19 mila euro lordi di reddito nel caso il suo Isa sia inferiore a 8 (57 per cento del totale). Invece se ha un Isa superiore a 8 (43 per cento del totale) su un fatturato medio di 576 mila euro dichiara 61 mila euro di reddito lordo. È evidente, come l’obiettivo del concordato debba essere la prima categoria, nella quale, seguendo la logica degli Isa, dovrebbe essere ricompreso un livello medio di evasione molto più alto che nella seconda. 

Dalla relazione tecnica al provvedimento che è informalmente circolata non è previsto un gettito da recupero da evasione, ma solo derivante dal compimento dei requisiti per accedere al concordato. È già ammissione di fallimento? Seguendo l’impostazione da noi proposta, l’utilizzo del concordato potrebbe essere un primo passo per provare a invertire la tendenza che ha visto aumentare il tax gap negli ultimi anni per lavoratori autonomi e imprenditori individuali, nonostante l’obbligo di compilazione degli Isa. Le informazioni che questi ultimi forniscono devono essere utilizzate per la lotta all’evasione.

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Marco Leonardi

È professore ordinario di Economia dell’Università degli studi di Milano. Phd. in economia alla London School of Economics, è stato visiting scholar presso il Massachussetts Institute of Technology di Boston e l’Università di Berkeley. I suoi principali interessi scientifici riguardano l’economia del lavoro e in particolare temi legati a disoccupazione, disuguaglianza e redistribuzione. È stato, durante il governo guidato da Paolo Gentiloni, consigliere economico del presidente del Consiglio.

Leonzio Rizzo

rizzo

Si è laureato in Economia all’Università Cattolica di Milano. Ha conseguito il Master in Economics a Louvain-la-Neuve e il dottorato in Economia Politica all’Università Federico II di Napoli. E’ stato Marie Curie post-doc fellow alla LSE. Si occupa di temi di economia pubblica e political economy con particolare riguardo alla finanza locale. Ha insegnato all’Università Cattolica di Milano e all’Università di Novara e Ferrara. E’ professore ordinario di Scienza delle Finanze presso quest’ultima Università e research affiliate presso l’IEB dell’Università di Barcellona. Ha svolto e svolge attività di consulenza per vari enti pubblici. È stato membro del comitato direttivo della Siep (Società Italiana di Economia Pubblica) per il periodo 2015-2021. È redattore de lavoce.info. @leonziorizzo su Twitter.

 

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