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L’Istituto europeo, nella forma di un ex-post advice, ha fornito il proprio parere sulla classificazione nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche del Superbonus per gli anni 2020-2023 e per quest’anno, periodo in cui ritiene che l’adozione della riforma contenuta nel dl di marzo e convertita in legge a maggio, debba “essere registrato nei conti pubblici come credito d’imposta non pagabile”, salvo per le eccezioni previste dalla legge

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Eurostat, in un parere ex-post diffuso lo scorso 5 luglio, ha fornito la propria opinione sulla classificazione del Superbonus nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche per gli anni 2020-2023 e per il 2024. Per quanto riguarda il credito maturato nel 2024, relativo alle spese per interventi edilizi effettuati nello stesso anno, Eurostat ritiene che il “Superbonus maturato dopo l’adozione della nuova normativa abbia le caratteristiche del credito d’imposta ‘non pagabile’ e che debba essere registrato nei conti delle Amministrazioni pubbliche in riduzione delle entrate tributarie, con un profilo di impatto sull’indebitamento netto in linea con l’utilizzo del credito stesso (secondo, quindi, un profilo di cassa)”, come ha spiegato Istat in una nota.

A febbraio 2023 un advice li riteneva “pagabili”

L’Istat ha anche ricordato che con un precedente parere (advice del febbraio 2023) aveva concordato con Eurostat una classificazione del Superbonus come credito di imposta di tipo “pagabile” e quindi registrato nei conti delle amministrazioni pubbliche come spesa nel momento in cui il beneficio è maturato (ossia, nel momento in cui viene sostenuta la spesa di investimento agevolata) e per il suo intero ammontare. Le caratteristiche del credito (trasferibilità a terzi, differibilità e possibilità di compensare il debito fiscale totale) sono stati considerati indicatori sufficienti di un’alta probabilità di utilizzo dell’agevolazione da parte del beneficiario (beneficiario originario o cessionario). Secondo il Sec 2010, infatti, ha ricordato l’Istituto di statistica, un credito di imposta è da ritenersi “pagabile”, con un impatto sull’indebitamento netto della amministrazioni pubbliche nell’anno di maturazione del beneficio e per il suo ammontare totale, se esiste una sufficiente certezza che prima o poi sarà utilizzato nella sua interezza e, dunque, non perso.




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Come hanno influito le modifiche normative degli ultimi mesi

Dalle evidenze sull’utilizzo del Superbonus relative alle spese 2020-2022, ha evidenziato sempre l’Istat, era infatti emerso che solo una quota ritenuta trascurabile dei crediti fruibili è stata non utilizzata e quindi persa dai beneficiari. Le successive modifiche normative, tra cui il dl 39 del 29 marzo 2024 (convertito in Legge No.67 del 23 maggio 2024), hanno introdotto novità rilevanti in termini di limitazioni alla cedibilità del credito e in termini di fruibilità dello stesso. La disposizione che maggiormente poteva incidere con effetto retroattivo (2020-2023) sulla classificazione del Superbonus è quella riferita al divieto imposto a partire dal 2025 alle banche e agli altri intermediari finanziari di utilizzare i crediti del Superbonus compensando i debiti verso lo Stato relativi ai contributi sociali dei propri dipendenti. 

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Credito d’imposta “pagabile” per gli anni 2020-23

Tali modifiche hanno reso necessaria una nuova valutazione da parte di Eurostat circa il permanere delle caratteristiche distintive del credito pagabile. In base alle evidenze e ai chiarimenti forniti dall’Istat, Eurostat ha confermato, nell’advice del 5 luglio, la classificazione del Superbonus come credito di imposta di tipo “pagabile” per gli anni 2020-2023. In relazione alla parte di spesa del 2024 relativa alle eccezioni (come definite dal dl 39/2024), per la quale la trasferibilità del credito è ancora applicabile, l’advice indica che il Superbonus maturato debba essere registrato nei conti delle amministrazioni pubbliche come credito d’imposta “pagabile”. 

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