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Nella specie, parte opposta ha omesso di dimostrare di aver acquistato il diritto di credito, oggetto del presente giudizio. Invero, il Tribunale napoletano, condividendo l’orientamento della giurisprudenza di legittimità[1], evidenzia che il cessionario ha l’onere di dedurre e di dimostrare il contratto in base al quale ha acquistato la titolarità del diritto di credito. L’onere di provare il contratto di cessione, quale fatto costitutivo del diritto di credito, sussiste anche in assenza di specifica contestazione del debitore ceduto. Si deve osservare, sul piano teorico, rispetto al citato orientamento secondo cui il Tribunale non dovrebbe indagare l’esistenza dell’atto di cessione del credito in caso di riconoscimento implicito o esplicito dello stesso da parte del debitore:

  • che l’omessa specifica contestazione dell’esistenza dell’atto di cessione è una mera inerzia priva di valore significativo rispetto alla volontà della parte di riconoscere il medesimo atto;
  • sul piano logico non sono sovrapponibili la mera inerzia e il riconoscimento implicito;
  • sul piano giuridico non esiste un onere della parte di “doversi” difendere rispetto ad atti che non risultano essere pervenuti nella sua sfera di conoscenza (quale è l’atto di cessione da tenere distinto rispetto alla notizia dell’atto di cessione. Su questo punto si veda quanto si dirà in seguito).

Sempre in via preliminare, il giudice rileva, sul piano strettamente processuale, che:

  1. con il ricorso ex 633 c.p.c. parte ricorrente ha dedotto la propria qualità di creditore e, quindi, ha domandato l’accertamento della titolarità del credito e non semplicemente l’accertamento dell’opponibilità dell’atto di cessione al debitore ceduto e della sussistenza delle condizioni per ottenere il pagamento “liberatorio” dallo stesso debitore;
  2. l’atto di cessione è un elemento che si inserisce nella causa petendi della domanda di pagamento e, quindi, deve essere oggetto di allegazione e prova da parte di colui che fa valere il diritto di credito. Consegue, che la questione dell’esistenza dell’atto di cessione non è eccezione rilevata d’ufficio dal giudice, ma rientra nel “target” degli oneri di allegazione e prova del soggetto creditore;
  3. l’atto di cessione del credito rientra nel thema probandum non sussistendo rispetto a essa, ai sensi dell’art. 115 c.p.c., l’onere di specifica contestazione da parte del debitore “ceduto”. L’art. 115 c.p.c. nel prevedere l’onere di contestazione specifica presuppone che la parte abbia avuto conoscenza immediata e diretta dei fatti allegati dalla controparte alla base della propria domanda, diversamente opinando si dovrebbe ammettere, in contrasto con la lettera e la ratio dell’art. 115 cit., rappresentata dal dovere di lealtà processuale, oltreché dal principio di economicità del giudizio, la contestazione generica e dilatoria[2].

In questo senso, il Tribunale ritiene di aderire a quanto affermato da quell’orientamento della Cassazione che, su questo punto, assume una posizione contrastante rispetto a quanto affermato dalla prefata sentenza n. 24798/2020, che esenta dall’onere di provare l’atto di cessione nella misura in cui esso non sia contestato dal debitore ceduto ovvero questi lo abbia implicitamente o esplicitamente riconosciuto. Inoltre, il Tribunale napoletano ritiene che l’’art. 115 c.p.c. si applichi esclusivamente ai fatti oggetto di prove costituende, tenuto conto che la lettura coerente del dato normativo con le ragioni ispiratrici della medesima non possono esentare la parte che sostiene la propria pretesa in giudizio dal produrre prove costituite, ponendosi tale onere in linea con il rispetto dei doveri di lealtà e probità processuale, evitando azioni temerarie e non ponderate e, inoltre, non essendo l’assolvimento di tale onere in contrasto con il principio di economia processuale.

La stessa Corte Suprema di Cassazione ha affermato, con riferimento alle prove precostituite, che per l’operatività del principio di non contestazione è necessario che sia pacifica l’esistenza sul piano giuridico del documento[3]. Tale orientamento è coerente con quanto sottolineato in letteratura, ovverosia che il principio dispositivo (che informa il processo civile), cui si ricollega anche il principio di non contestazione, “non risponde però affatto esclusivamente alla natura privata dell’interesse tutelato nel processo civile e a una conseguente indifferenza dello Stato sul punto della realtà dei presupposti di fatto della sentenza, ma è invece prevalentemente determinato da un intento pratico di sfruttamento della iniziativa delle parti per una più rapida e più sicura posizione del fatto conforme alla realtà medesima: il contrasto degli interessi, che determina e vivifica il processo, consente di ritenere che il fatto taciuto da tutte le parti non possa essere e che il fatto affermato da tutte le parti non possa non essere reale, mentre la possibilità che questa previsione sia fallace in qualche raro caso non sminuisce sensibilmente il rilevato vantaggio di sicurezza e di economia”.

Il principio dispositivo e, conseguentemente, l’onere di contestazione non rappresentano modalità di semplificazione dell’attività processuale che esprimono l’indifferenza rispetto all’accertamento della realtà storica con la conseguenza che “un fatto allegato, che non si sia mai realmente verificato in rerum natura, non si trasforma in un evento storicamente accaduto, sol perché l’allegazione in giudizio della sua esistenza non sia stata contestata da chi avrebbe avuto interesse a confutarla”.

Ebbene, considerato che, nella specie, la cessionaria ha depositato: documento di sintesi del contratto di finanziamento stipulato; una pluralità di atti di cessione del credito; copia delle Gazzette Ufficiali, in cui sono pubblicate le cessioni dei crediti; lista dei crediti ceduti; considerato, altresì, che: parte opposta non ha depositato il contratto di finanziamento stipulato da parte opponente, ma solo il documento di sintesi; i contratti di cessione dei crediti non contengono criteri che consentono di identificare, tra quelli ceduti, il credito oggetto del presente giudizio; è irrilevante la pubblicazione dell’avviso di cessione in Gazzetta ufficiale.

Il Tribunale osserva, infatti, che:

  • l’ 58 TUB detta il regime pubblicitario per l’opponibilità dell’atto di cessione e non per la prova della stipula dell’atto di cessione e, quindi, della titolarità del credito ceduto;
  • la sola pubblicazione in Gazzetta Ufficiale è irrilevante atteso che l’art. 58 TUB prescrive, ai fini dell’opponibilità dell’atto di cessione, la pubblicità nel registro delle imprese. Ritenere sufficiente ai fini dell’opponibilità dell’atto di cessione del credito la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale comporta sul piano ermeneutico l’abrogazione dell’art. 58 co. 2 T.U.B. e l’onere per il mutuatario di procedere alla costante verifica, tramite consultazione della G.U., delle eventuali operazioni di cessione del proprio credito;
  • l’avviso in Gazzetta costituirebbe un mero indizio relativo alla prova dell’esistenza del contratto di cessione, con conseguente violazione degli artt. 2721, 2729 c.c. Invero, l’art. 2729 co. 2 c.c. dispone che le presunzioni non si possono ammettere nei casi in cui la legge esclude la prova per testimoni. L’art. 2721, comma 1, c.c. esclude la prova per termini del contratto quando il valore dell’oggetto eccede euro 2,58. L’art. 2721, comma 2, c.c. dispone che l’autorità giudiziaria può consentire la prova oltre il limite anzidetto considerando la qualità delle parti, la natura del contratto e ogni altra circostanza. In base alla natura professionale dell’intermediario creditizio, quest’ultimo ha il dovere di acquisire e conservare il contratto: rientra, quindi, nei limiti dell’ordinaria diligenza la conservazione e la produzione in giudizio del contratto di cessione;
  • l’avviso in G.U. non contiene necessariamente l’indicazione precisa dei criteri di individuazione dei crediti oggetto del contratto di cessione;
  • non può ritenersi che l’avviso in G.U. costituisca un principio di prova per iscritto ai sensi dell’art. 2724 c.c. tale da consentire l’ammissibilità della prova testimoniale e, quindi, della prova presuntiva atteso che il principio di prova scritta deve essere, secondo la disposizione in esame, un qualsiasi scritto proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda. Nel nostro caso, l’avviso in G.U. proviene dall’intermediario che fa valere la domanda fondata sul contratto di cessione.
  • È irrilevante il documento denominato “lista crediti ceduti”.

In conclusione, il Tribunale partenopeo non può che accogliere l’opposizione, revocando il decreto ingiuntivo.

[1] Cfr. Cass. Civ, Sez. III, 13.09.2018, n. 22268; Cass. Civ., Sez. VI, 05.11.2020, n. 24798.

[2] Cfr. Cass. n. 3576/2013.

[3] Cfr. Cass. n. 13206/2013.

 

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