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Accesso diretto ai conti correnti. Da un paio di giorni non si parla d’altro. Indiscrezioni, notizie e alla fine smentite. Le ultime direttamente dal ministero dell’Economia e da Palazzo Chigi.

Che cosa è

La norma discussa è quella che concederebbe all’agente della riscossione l’accesso diretto ai conti correnti prima di procedere telematicamente con il pignoramento. Questa la spiegazione del governo: «Si limita a prevedere la possibilità di utilizzo di strumenti informatici per efficientare strumenti già esistenti». Nelle ultime bozze della legge di bilancio il pignoramento telematico scatta solo oltre i mille euro di debito con il fisco.

Questo il percorso: si parte con la notifica di una cartella di pagamento o di un avviso di accertamento esecutivo. Se non si paga entro 60 o si predispone una rateizzazione, l’Agenzia delle Entrare fa partire la procedura di recupero. Il fisco, già ora, può arrivare al pignoramento con l’accesso al conto corrente, ma non può conoscere in anticipo quando c’è sui conti. Con la norma, ora smentita, ci sarebbe stato un accesso diretto, tramite la banca, al conto su cui effettuare il prelievo per conoscerne l’entità e rendere la procedura più veloce.

Le smentite

Il MEF ha diffuso un comunicato per dire che le indiscrezioni giornalistiche sulla legge di bilancio «pubblicate in questi giorni su diversi temi di grande interesse (ad esempio pensioni, tasse, presunti prelievi da conti correnti e altro) sono frutto di bozze non definitive non diffuse dal MEF e dunque da ritenersi non attendibili».

Giorgia Meloni ha bocciato il provvedimento prima a voce e poi con un post. «Avviso ai naviganti: nella legge di bilancio non c’è la misura che consentirebbe all’Agenzia delle Entrate di accedere direttamente ai conti correnti degli italiani per recuperare le imposte non pagate. Consiglio di non inseguire i sentito dire o documenti non ufficiali». Un provvedimento del genere farebbe passare un governo di centrodestra come quello che mette le mani nei conti degli italiani.

Cosa non può essere pignorato

Non si possono toccare assegni e pensione di invalidità, pensioni sociali, i sussidi di maternità e di malattia. Sono quelli che servono per il sostentamento delle persone in difficoltà. Non possono essere toccati i conti correnti in rosso e quelli con la restituzione di soldi all’istituto di credito. Non si toccano la pensione di reversibilità e la rendita relativa a una polizza vita, solo la metà per i conti correnti cointestati. L’assegno di mantenimento può essere pignorato se non rappresenta l’unica fonte di sopravvivenza del suo beneficiario. Lo stipendio può essere pignorato nei limiti stabiliti dalla legge che assicurano il minimo vitale per condurre una vita dignitosa: per legge il doppio dell’assegno sociale, per il 2023 si arriva a 1.006,54 euro. Se il creditore è l’Agenzia delle Entrate le quote pignorabili dello stipendio sono: 1/10 dello stipendio quando l’importo netto è inferiore ai 2.500 euro, 1/7 dello stipendio se l’importo è inferiore ai 5.000 euro, 1/5 dello stipendio quando l’importo supera i 5.000 euro.

 

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