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Un consigliere comunale di Milano, qualche settimana fa, ha sollevato il problema: la metropoli lombarda è invasa dai “lucchettoni” dei B&B, cioè dai key-box contenenti le chiavi per accedere ai bed and breakfast o alle case-vacanze. Li si trova ovunque: appesi alle inferriate dei condomini, ai pali della segnaletica stradale, persino alle cancellate che proteggono i monumenti. Un orrore.

Dopo Expo 2015 e soprattutto dopo la pandemia, Milano vive un incremento esponenziale delle presenze turistiche. Un turismo ricco, proveniente da tutta Europa, dai Paesi arabi, dal Giappone, dalla Russia un po’ meno per via della guerra, che si concentra soprattutto nel Quadrilatero della moda, via Montenapoleone in testa, e in Galleria, dove le boutiques delle grandi case hanno spazzato via i negozi storici (eroicamente resiste la libreria antiquaria Bocca); e un turismo low cost, formato da giovani provenienti da mezzo mondo spesso fortunatamente assetati di cultura, che non possono permettersi di alloggiare nei costosissimi alberghi, ma si affidano all’ospitalità privata, cioè ai B&B o alle case-vacanza o agli affitti brevi di appartamenti.

Key-box al posto dei contatti umani

Il consigliere Michele Albani, del Partito democratico, di fronte all’ondata degli affitti brevi e dei B&B, ha dichiarato guerra a un sistema che sta creando non pochi problemi ai milanesi residenti, partendo proprio dalla richiesta di messa al bando dei key-box. Un tempo chi prendeva in affitto una stanza o un appartamento per le vacanze riceveva la chiave dal proprietario o da un suo incaricato. Oggi il contatto umano sta scomparendo, tutto avviene attraverso le piattaforme web: prenotazione, trasmissione del documento d’identità, pagamento, e, in misura via via crescente, consegna delle chiavi tramite i “lucchettoni” accessibili con appositi codici preventivamente comunicati.

Il fenomeno è comune a molte città d’arte europee, ma in Italia ha assunto proporzioni tali da far scattare un vero e proprio allarme sociale di fronte all’inerzia del Governo e alla giungla delle normative locali. Il settore è regolamentato – si fa per dire – da una vecchia legge-quadro nazionale, da 19 leggi regionali, da due provinciali (le province autonome di Trento e di Bolzano) e da una serie infinita di provvedimenti, regolamenti e circolari comunali riguardanti le autorizzazioni, le caratteristiche dell’ospitalità, gli obblighi da osservare, il numero massimo delle stanze e degli ospiti. Il risultato: in questo settore dal fatturato miliardario – per non parlare del sommerso e delle attività in nero – regna il caos, tanto che non si riesce neppure a stabilire la distinzione tra B&B (ospitalità nella propria casa con prima colazione inclusa), affittacamere, affitti brevi di un appartamento indipendente, case-vacanze. In pratica non esiste una normativa che definisca in modo chiaro a livello nazionale le differenze fra le varie strutture extra-alberghiere.

Se da una parte ad approfittare della generale confusione sono i soliti furbi, coloro cioè che gestiscono attività abusive e quindi non pagano le tasse (l’Italia, ricordiamolo, “vanta” un’evasione fiscale pari a 90 miliardi di euro annui), dall’altra i residenti nelle città d’arte e nei centri turistici si trovano in un certo senso espropriati del loro diritto a una vita tranquilla nei luoghi dove sono nati e cresciuti o dove magari hanno scelto di vivere permanentemente. 

Il caso Venezia: più posti letto che residenti

Non è tanto o soltanto il problema estetico dei key-box a turbare i loro sonni, quanto gli effetti collaterali di un turismo sempre più invasivo. Tra questi, l’aumento del costo degli affitti nei centri storici. I proprietari preferiscono mettere a maggior profitto i loro alloggi con il mercato turistico piuttosto che concederli ai comuni cittadini. Con la conseguenza che nei centri storici è impossibile trovar casa in affitto a prezzi ragionevoli. Ma ci sono da mettere in conto anche altri fattori, quali l’affollamento dei mezzi pubblici e gli schiamazzi notturni provocati dal via vai di gente giovane che vuole divertirsi. Il turismo di massa, va sottolineato, è conseguenza anche della “democratizzazione” della possibilità di viaggiare e del maggiore grado d’istruzione dei giovani d’oggi rispetto alle generazioni del passato. Ma in molte città c’è un eccesso di turismo e l’Italia, sotto questo aspetto, è il Paese che più ne paga le conseguenze in termini d’impatto sul territorio e sui servizi.

Caso emblematico è Venezia. Il centro storico oggi è diventato un B&B diffuso. I residenti sono da decenni in costante diminuzione, mentre aumentano i posti-letto turistici, tanto che a fine 2023 c’è stato il “sorpasso”: 49.693 posti letto contro 49.304 abitanti. «La monocultura turistica è pervasiva», spiega Matteo Secchi del portale venessia.com «e infatti, oltre a riempire i vuoti, contribuisce ad aggravare l’esodo degli abitanti. Tutelare la residenzialità dei cittadini significa tutelare Venezia, perché una città senza i suoi abitanti diventa altra cosa. La linea è tracciata e, continuando a percorrerla di questo passo senza alcun intervento che possa invertire la tendenza, ben presto Venezia diventerà una non-città». Certamente non invertirà la tendenza il provvedimento pur coraggioso del Comune, che nella scorsa primavera ha istituito il ticket d’ingresso alla città in alcune giornate dell’anno.

E a Roma oltre 12.000 strutture abusive

Non-città sono purtroppo candidate a diventare anche Firenze o Verona, mentre il Giubileo 2025 rischierà di portare Roma al collasso quando arriveranno decine di milioni di pellegrini. Proprio in vista dell’Anno Santo voluto da Papa Francesco il Dipartimento Turismo del Campidoglio ha censito le strutture extra-alberghiere e le unità abitative che danno ospitalità ai turisti. Sono ben 22.828, alle quali vanno aggiunte oltre 12.000 attività abusive individuate attraverso l’incrocio tra i dati ufficiali degli alloggi registrati e gli annunci pubblicati sui portali on-line.

Che fare di fronte a questi dati impressionanti, mentre in alcune città europee è in corso un giro di vite nei confronti dei B&B e relativi key-box? Il Ministero del Turismo nei giorni scorsi ha varato un decreto, cioè ha partorito un topolino, la BDSR, sigla che sta per “Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili in locazione breve e per finalità turistica”. La piattaforma digitale dovrebbe stabilire «parametri omogenei e processi standardizzati a livello nazionale e rappresenta un pilastro fondamentale per la tutela del consumatore, della concorrenza e della trasparenza del mercato, facilitando la mappatura e il monitoraggio del panorama ricettivo nazionale». 

Il ministro del Turismo Daniela Santanché, tuttora al suo posto nonostante sia sotto inchiesta della magistratura per truffa aggravata ai danni dell’Inps e falso in bilancio, si mostra entusiasta: «È il frutto di un importante lavoro tecnico condotto e coordinato dal Ministero e portato avanti in maniera sinergica e condivisa con Regioni e Province Autonome. Dimostriamo, ancora una volta, come il gioco di squadra – centrale nella visione del dicastero e del governo – sia la chiave per raggiungere risultati importanti e concreti».

Sarà. Speriamo almeno che per promuovere l’iniziativa non venga adottata una campagna di comunicazione tipo Open to Meraviglia, quella della Venere viaggiante che ha esposto l’Italia al ridicolo.

Nell’immagine: key-box davanti a un condominio milanese

 

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