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Tribunale di Taranto


Sezione II


Sentenza 12 giugno 2014, n. 1922


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


TRIBUNALE DI TARANTO – II SEZIONE


In composizione monocratica, dott. Claudio Casarano


Ha pronunziato la seguente

SENTENZA


nella causa civile iscritta al n. 5165 R.G. anno 2011 Affari Civili Contenziosi promossa da:

Rosa *** ***, Andrea ***, Stefania *** e Valeria *** – rappresentati e difesi dall’avv.to Giuseppe Larato;

CONTRO

Gennaro ***, Antonio ***, Francesca ***, Ruggiero *** e Luciana *** – rappresentati e difesi dall’avv. Vincenzo Di Matteo;

OGGETTO: “Opposizione all’esecuzione immobiliare”.

Conclusioni: le parti rassegnavano quelle in atti riportate e qui da intendersi richiamate;


MOTIVI DELLA DECISIONE


IL FONDAMENTO DELL’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE: LA PREMESSA SUL TITOLO CHE FONDA L’ESECUZIONE FORZATA IMMOBILIARE OPPOSTA E LA PRECEDENTE OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE

I creditori opposti pignorando quattro beni immobili davano vita alla procedura esecutiva contrassegnata dal n. 290-2010 ed agivano in virtù di sentenza n. 1040 della Corte di Cassazione.

Una esecuzione forzata immobiliare tuttavia era stata già intrapresa dagli stessi creditori contro gli stessi debitori in virtù della sentenza di I grado adottata in data 12-12-2001 dal Tribunale di Taranto, peraltro confermata in appello, ed in cui interveniva la S.C. con la suddetta pronunzia( si tratta quindi di due esecuzioni forzate immobiliari fondate alla fin fine sulla stessa ragione di credito).

Con la sentenza di primo grado emanata dal predetto tribunale infatti la SO.ED.IN s.n.c. era stata condannata in favore degli eredi del socio da essa escluso al pagamento della somma di allora lire 380.266.911, a titolo di liquidazione della quota sociale.

Con questo titolo esecutivo le parti vittoriose avevano agito nei confronti degli eredi del socio solidalmente ed illimitatamente responsabile ed avevano pignorato due beni, coincidenti con parte di quelli nuovamente pignorati con la suddetta sentenza della Corte di Cassazione.

Questo più contenuto e vecchio pignoramento aveva dato origine alla procedura esecutiva n. 442/2004, cui seguiva opposizione all’esecuzione.

Uno dei motivi di questa più datata opposizione all’esecuzione faceva leva sulla inidoneità del titolo esecutivo, rappresentato dalla sentenza del tribunale che condannava la sola società al pagamento della liquidazione della quota, a fondare un’azione esecutiva contro il suo socio illimitatamente responsabile.

E questo motivo aveva consentito di ottenere la sospensione della esecuzione forzata, confermata in sede di reclamo.

Nelle more del giudizio di questa più risalente opposizione all’esecuzione, instaurata intanto nella forma della cognizione ordinaria, interveniva la sentenza della Corte di Cassazione sopra evocata.

Questa sentenza annullava la sentenza di merito di I grado nella parte in cui non aveva ritenuto di estendere la sua portata precettiva anche nei confronti del socio illimitatamente responsabile e quindi entrando nel merito condannava gli eredi di questo al pagamento della stessa somma, a titolo di liquidazione della quota, alla quale era stata condannata la società.

Sulla base di questa sentenza della S.C. i creditori iniziavano una nuova azione esecutiva ed il pignoramento immobiliare eseguito anche su beni diversi da quelli che avevano formato oggetto del primo pignoramento dava appunto origine alla procedura esecutiva n. 290/2010, sulla cui validità si deve ora qui statuire.

Ora occorre ricordare che la prima opposizione all’esecuzione si era fondata anche sul benificium excussionis ex art. 2304 c.c.; avevano infatti sostenuto i debitori esecutati che i creditori non avevano dimostrato di aver escusso preventivamente il patrimonio sociale, non potendo il solo verbale di vano pignoramento mobiliare prodotto essere considerato sufficiente allo scopo.

E la stessa sentenza della S. C. aveva comunque fatta salva la possibilità dei debitori del socio illimitatamente responsabile di avvalersi del beneficio in parola.

A fronte di questa nuova esecuzione forzata i debitori esecutati riproponevano quindi, con ricorso depositato in data 19-02-2011, questa già utilizzata difesa per ottenere la sua sospensione.

Questa volta però il giudice dell’esecuzione immobiliare con ordinanza del 01-08-2011 rigettava la richiesta di sospensione; riteneva di superare l’eccepito beneficium excussionis con i seguenti argomenti: i creditori avevano documentato attraverso apposite visure l’inesistenza di beni immobili in capo alla società; la società era in liquidazione e quindi inattiva sin dal lontano 10-09-2002; un nuovo pignoramento mobiliare eseguito in data 2006 era risultato negativo.

L’ordinanza veniva confermata in sede di reclamo.

A complicare ulteriormente il quadro della controversia in esame era intervenuta sulla vecchia causa di opposizione all’esecuzione immobiliare sentenza di merito con la quale era stata stato annullato il primo pignoramento.

Il Tribunale di Taranto con la sentenza del 01-06-2011 ricordava infatti che l’art. 2304 imponeva ai creditori sociali la preventiva escussione del patrimonio sociale anche quando la società è in liquidazione.

In secondo luogo ricordava che i due vani pignoramenti mobiliari, uno del 02-08-2004 e l’altro del 14-09-2006, non potevano essere considerarsi prova sufficiente della preventiva escussine del patrimonio della società, non avendo in particolare la parte creditrice dedotto alcunché con riferimento al patrimonio immobiliare della società.

E a supporto della conclusione cui perveniva ricordava come fosse invece l’art. 2268 c.c. in materia di società semplice ad imporre al socio aggredito sul piano esecutivo ad indicare i beni sociali sui quali i creditori sociali possono agevolmente soddisfarsi; onere invece non richiesto in materia, gravando sui creditori l’onere di aver provato inutilmente ad escutere il patrimonio sociale.

La sentenza in parola passava in giudicato in data 09-02-2012 e quindi nella controversia ora in esame, con la memoria ex art. 183, I co., c.p.c., veniva tempestivamente denunziato il sopravvenuto formarsi di un giudicato esterno.

Sulla base di questa novità veniva peraltro proposta una terza opposizione all’esecuzione, cui seguiva il rigetto della richiesta di sospensione della procedura esecutiva immobiliare, confermato in sede di reclamo.

Non essendo necessario istruire la causa, all’udienza del 12-02-2014 veniva riservata per la decisione, con la concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per lo scambio di comparse e repliche.

IL GIUDICATO SULL’OPPOSIZIONE ALL’ESECUZIONE EX ART. 2304 C.C. È EFFICACE PER LA SOLA PROCEDURA ESECUTIVA OGGETTO DI GIUDIZIO MA NON IMPLICA IL RICONOSCIMENTO DELL’INESISTENZA IN ASSOLUTO DEL DIRITTO DI AGIRE ESECUTIVAMENTE NEI CONFRONTI DEI SOCI ILLIMITATAMENTE RESPONSABILI

La difesa opponente insisteva con dovizia di argomenti sull’affermazione della regola per cui una volta sceso il giudicato sull’impossibilità di procedere ex art. 2304 c.c. contro il patrimonio individuale dei soci illimitatamente responsabili, sia venuta meno una condizione dell’azione esecutiva e quindi iniziata una nuova procedura esecutiva e proposta come in questo caso una nuova opposizione all’esecuzione, il precedente giudicato deve giocoforza riverberare i suoi effetti sul nuovo giudizio; ossia dovrebbe qui prendersi atto che sia venuta meno irrimediabilmente una condizione dell’azione esecutiva.

Per di più, argomentava la difesa opponente, il primo giudice aveva statuito proprio sul punto relativo all’insufficienza della prova offerta dai creditori sociali di aver provato ad escutere il patrimonio sociale; cui si vorrebbe rimediare proponendo una nuova azione esecutiva ed offrendo, a sostegno della sua validità, ulteriori documenti più probanti proprio sul piano della avvenuta preventiva escussione del patrimonio sociale.

E’ come se si consentisse, argomentava la difesa opponente, una sorta di revisione del processo basata solo su documenti che ben avrebbe potuto produrre la parte creditrice nel giudizio conclusosi con la sentenza sfavorevole.

Per verificare se le difese ben argomentate svolte in materia dalla parte opponente siano da accogliere occorre partire dal dato normativo rappresentato dall’art. 2304 c.c. ed individuare la natura del beneficium escussionis e cioè del diritto sostanziale riconosciuto ai soci illimitatamente responsabili.

Si tratta di una condizione dell’azione esecutiva che deve ricorrere perché si possa aggredire il patrimonio del singolo socio.

La sua mancata ricorrenza certamente come ricordava la difesa opponente comporta l’invalidità dell’azione esecutiva e l’azione proposta per farla valere configura di conseguenza una forma di opposizione all’esecuzione e non certo di opposizione agli esecutivi.

Ma comporta anche l’affermazione dell’inesistenza in assoluto del diritto di agire esecutivamente nei confronti del socio illimitatamente responsabile? Anche cioè per eventuali azioni esecutive individuali future?

La risposta non può che essere negativa, non potendosi ammettere che una condizione che opera solo sul piano esecutivo possa comportare l’estinzione del diritto di far valere la responsabilità sussidiaria dei soci in parola.

Il beneficium excussionis ha cioè un’efficacia paralizzatrice dell’efficacia della singola azione esecutiva; di conseguenza il giudicato esterno ex art. 2909 c.c. pure deve riguardare il solo diritto di non vedere aggredito il patrimonio individuale del socio illimitatamente responsabile con riferimento a quel momento e quindi avuto riguardo a quella data azione esecutiva.

Non a caso se per effetto del giudicato in parola il creditore sociale, adeguandosi al precetto in esso contenuto, riesca a pignorare il patrimonio sociale e tuttavia il suo credito risulti questa volta soddisfatto in parte, si ritiene pacificamente che sia abilitato a tentare una nuova esecuzione individuale per veder soddisfatta anche la parte residua del suo credito.

Tale “ripescaggio” dell’azione esecutiva individuale può darsi anche nel caso diverso in esame in cui l’ostacolo è rappresentato dal giudicato sulla insufficiente dimostrazione di aver escusso previamente il patrimonio sociale.

Non si tratta infatti della stessa situazione sulla quale il predetto giudicato scendeva, posto che un nuovo tentativo di aggredire il patrimonio sociale il creditore sociale lo faceva: allegava questa volta anche una visura immobiliare negativa ed una lettera al liquidatore sulla esistenza di beni mobili aggredibili rimasta però senza risposta.

Si tratta cioè pur sempre di un fatto nuovo, rispetto al quale il giudicato esterno avutosi non può dispiegare efficacia paralizzatrice, posto che il creditore ha provato nuovamente ad escutere il patrimonio sociale, nel senso che ha accertato che alla radice non si dava neanche questa volta questa possibilità per l’assenza assoluta di beni aggredibili, cui nulla avrebbe aggiunto un nuovo pignoramento che sicuramente sarebbe risultato vano.

IL MERITO: LA PROVA LOGICA – INDIZIARIA DELL’INCAPIENZA DELLA SOCIETÀ E DELLA INUTILITÀ DELLA ESCUSSIONE DEL PATRIMONIO SOCIALE

Superato la pregiudiziale ex art. 2909 c.., quanto al merito, cioè alla verifica della dimostrazione dell’incapienza del patrimonio sociale e quindi dell’inutilità di provare ad eseguire pignoramenti su beni sociali, è utile il richiamo integrale della evocata ordinanza del giudice del reclamo che rigettava la richiesta di sospensione della esecuzione forzata.

“I creditori sociali per superare l’ostacolo del beneficium escussionis producevano un verbale di pignoramento mobiliare negativo datato 29-07-2006, una raccomandata del 9-09-2009 indirizzata al liquidatore della SO.ED.IN con la quale veniva richiesto invano dell’esistenza di beni in capo alla società; certificazioni immobiliari rilasciate da agenzie private che attestavano l’inesistenza di beni immobili in capo alla società; la messa in liquidazione della società risalente al 10-09-2002.

Per il Giudice dell’Esecuzione tali elementi di prova dovevano considerarsi sufficienti per superare l’ostacolo della preventiva escussione del patrimonio sociale accampato dai debitori.

E l’opinione espressa dal Giudice dell’Esecuzione deve essere condivisa specie considerando che correttamente operava in maniera unitaria e critica la valutazione degli elementi di prova addotti dai creditori per superare l’ostacolo della preventiva escussione del patrimonio sociale; non quindi valutandoli singolarmente come finiva con il fare la difesa reclamante.

Sotto il profilo della prova dell’inesistenza di beni immobili in capo alla società devono considerarsi sufficienti le certificazioni prodotte.

Il rilievo della difesa reclamante secondo il quale non potessero considerarsi probanti perché provenienti da agenzie private, di per sé non può inficiare la risultanza che ne è

derivata, al pari dell’altro rilievo svolto dalla difesa reclamante secondo il quale in esse non vi sarebbe stata la corretta indicazione del dato catastale per essere stato omesso il riferimento a delle subparticelle.

Al riguardo poi sarebbe stato dirimente produrre le certificazioni ufficiali rilasciate dall’Agenzia del Territorio; cosa che avrebbe potuto fare facilmente la difesa istante mentre i creditori, quali terzi, si sarebbe potuti veder opposto il rifiuto per la tutela della riservatezza, come ricordava la difesa resistente.

E’ vero che l’onere della prova in materia di beneficio dell’escussione preventiva del patrimonio sociale spetta come sopra precisato ai creditori, ma è pur vero che se gli stessi producono un documento equipollente a quello ufficiale dell’Agenzia delle Entrate, grava sulla controparte sconfessare la risultanza impugnata producendo la certificazione delle Agenzie delle Entrate dalla quale risulterebbe la proprietà in capo alla società di beni immobili.

Peraltro è la stessa reclamante a ricordare che già in data 27-03-2001 la società Soedin, prima della sua messa in liquidazione, aveva aveva alienato tre immobili.

Né è probante per la tesi sostenuta dai debitori il rilievo secondo cui le entrate cospicue presumibilmente derivate dalla predetta vendita si sarebbero conservate per il solo fatto che fosse stata aperta da lì ad un anno la liquidazione del patrimonio sociale.

Meno che mai può imputarsi ai creditori sociali l’aver omesso di esperire per tempo l’azione nei confronti della società quando era in bonis o al momento della liquidazione, quando ci dovevano essere dei beni strumentali dell’impresa aggredibili, preferendo agire contro i singoli creditori( tanto si badi avveniva nel 2004 e quindi prima del verbale di pignoramento mobiliare negativo del 29-07-2006); peraltro l’iniziativa esecutiva contro i soci veniva censurata da precedente ordinanza del Giudice dell’Esecuzione risalente al 18-05-2006, che allora infatti finì con il ravvisare l’ostacolo della preventiva escussione del patrimonio sociale.

Anche la perizia relativa a precedente giudizio nel quale si dava conto dell’esistenza di un valore patrimoniale ( + avviamento) pari ad allora lire 901.433.412 in capo alla società, non può portare ad un esito processuale diverso da quello preferito, se si considera che veniva sì prodotto all’udienza del dell’11-04-2011 davanti al Giudice dell’Esecuzione, come aveva premura di ricordare la difesa reclamante, ma risaliva addirittura al 1995.

Per quel che riguarda i beni mobili l’esito negativo di un pignoramento datato 29-07-2006, unito al rilievo che la società è da molto tempo in liquidazione, è più che sufficiente per dimostrare la vana escussione del patrimonio mobiliare della società, avuto riguardo peraltro ad un un credito di rilevante importo, circa 200.000,00 euro”.

Dunque l’opposizione va rigettata e le spese devono seguire la soccombenza della parte opponente; si liquidano poi come da dispositivo, tenuto anche conto dell’effettiva attività svolta.


P.T.M.


Definitivamente pronunziando sull’opposizione all’esecuzione immobiliare, contrassegnata dal numero di ruolo n. 290-2010, proposta dai sig.ri Gennaro ***, Antonio ***, Francesca ***, Ruggiero *** e Luciana ***, con ricorso del 15-02-2011, proposto davanti al giudice dell’esecuzione immobiliare, nei confronti dei sig.ri Rosa *** ***, Andrea ***, Stefania *** e Valeria ***, causa riassunta poi da questi ultimi ex art. 616 c.p.c. con citazione regolarmente notificata, rigettata ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:

Rigetta l’opposizione all’esecuzione forzata immobiliare impugnata;

Condanna in solido gli esecutati Gennaro ***, Antonio ***, Francesca ***, Ruggiero *** e Luciana *** al pagamento delle spese processuali sopportate dagli attori in riassunzione, che si liquidano in loro favore, in solido, in complessivi euro 1.120,00 per esborsi ed euro 6.000,00 per onorari, oltre accessori di legge.


Il giudice dott. Claudio Casarano.

 

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