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Prima di rispondere alla domanda se il contribuente del Concordato Preventivo Biennale di cui alla legge 13/2024 possa avere del contenzioso tributario aperto nell’anno 2024 presso le Corti di Giustizia Tributaria di primo e secondo grado o addirittura presso la suprema Corte di Cassazione, è necessario inquadrare l’istituto nel suo insieme. Bisogna risalire alla delega del Governo per la riforma fiscale, legge n. 111 del 14 agosto 2023, per poi passare alla legge n. 13 /2024, che ha introdotto nel nostro ordinamento fiscale l’istituto di cui trattiamo.

L’art. 17 della delega al Governo per la riforma fiscale, dopo il punto 1.9.4 stabilisce: “ 2) per i soggetti di minore dimensione, l’introduzione del concordato preventivo biennale a cui possono accedere i contribuenti titolari di reddito di impresa e di lavoro autonomo, prevedendo: 2.1) l’impegno del contribuente, previo contraddittorio con modalità semplificate, ad accertare e a rispettare la proposta per la definizione biennale della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP, formulata dall’Agenzia delle entrate anche utilizzando le banche di dati e le nuove tecnologie a sua disposizione ovvero anche sulla base degli indicatori sintetici di affidabilità per i soggetti a cui si rendono applicabili; 2.2) l’irrilevanza, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP nonché dei contributi previdenziali obbligatori, di eventuali maggiori o minori redditi imponibili rispetto a quelli oggetto del concordato, fermi restando gli obblighi contabili e dichiarativi; 2.3) l’applicazione dell’IVA secondo le regole ordinarie, comprese quelle riguardanti la trasmissione telematica dei corrispettivi e la fatturazione elettronica; 2.4) la decadenza del concordato nel caso in cui, a seguito di accertamento, risulti che il contribuente nel caso in cui, a seguito di accertamento, risulti che il contribuente non ha correttamente documentato, negli anni oggetto di concordato stesso o in quelli precedenti, ricavi o compensi per un importo superiore in misura significativa rispetto al dichiarato, ovvero ha commesso altre violazioni fiscali di non lieve entità.”         

Fatta la premessa di cui sopra e riportandoci ora alla legge n. 13/2024, vediamo che gli articoli dedicati all’istituto del concordato sono quelli stabiliti dall’art. 6 fino all’art. 41. Dalla lettura degli stessi, risulta chiaro che siamo alla presenza dicompliance da parte del contribuente, il quale avendo aderito alla proposta di concordato ha stabilito con l’Agenzia delle entrate un patto che è tenuto a rispettare.

Posizione del contribuente

Non tutti i contribuenti possono aderire al Concordato Preventivo Biennale (CPB), ma solo i contribuenti di minori dimensioni (con ricavi fino a € 5.164.569 =), titolari di reddito d’impresa e reddito di lavoro autonomo (sono compresi soggetti IRPEF e IRES e residenti nel territorio italiano). I soggetti che aderiranno a tale sistema di tassazione dovranno essere fiscalmente in regola con il Fisco, e in qualsiasi momento del concordato dovranno dimostrare una regolarità nei propri adempimenti fiscali, al fine di non creare delle contestazioni con l’ente impositore. Tali contribuenti sono soggetti ISA che applicano gli indici sintetici di affidabilità. Quindi sono esclusi i soggetti che non applicano gli indici ISA. I soggetti concordatari, durante il periodo biennale pattuito con l’ufficio sono tenuti:

  • a svolgere gli ordinari obblighi contabili e dichiarativi (imposte dirette, IVA e quant’altro);
  • alla comunicazione dei dati mediante l’invio dei modelli degli indici sintetici di affidabilità richiesti dalla legge n. 50/2017.

Il contribuente concordatario non può nascondere al Fisco alcun debito di natura tributario, ma ad esempio può esistere un debito di imposta IVA che il contribuente sta pagando rateizzando. Infatti la rateazione di un debito tributario non preclude la possibilità di accettare la proposta del concordato. Così dicasi pure della sospensione di un debito che la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado, in un contesto di contenzioso, abbia concesso ai sensi dell’art. 47 D.Lgs. 546/1992, sino a decadenza dei relativi benefici secondo le specifiche disposizioni applicabili. Altro punto richiesto sta nel fatto che tutti i dichiarativi fiscali (IVA dei redditi ed altro di simile) degli anni precedenti al concordato stesso siano stati presentati. Tra i debiti, non devono esistere quelli riguardanti la contribuzione previdenziale (INPS, INAIL e quanto di simile), se non in corso di rateazione, già noti all’ente stesso. 

Sul punto il legislatore del concordato ha escluso il contribuente dai benefici dell’istituto stesso nel caso in cui:

  • vi sia stata la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, se obbligatoria, in relazione almeno ad uno dei tre periodi d’imposta precedenti a quelli di applicazione del concordato;
  • aver subito negli ultimi tre periodi d’imposta antecedenti la proposta di concordato una condanna per i reati indicati nel D.Lgs. 74/2000, false comunicazioni sociali (art. 2621 c.c.); riciclaggio, vale a dire impiego di denaro di provenienza illecita o autoriciclaggio.        

Contenzioso tributario sorto prima del triennio antecedente al concordato: esempi pratici

Può verificarsi benissimo che nel periodo antecedente al triennio del concordato, il contribuente, che oggi vorrebbe considerarsi concordatario, abbia ricevuto dall’Agenzia delle entrate un avviso di accertamento per utilizzo di fatture false, a sensi del D.Lgs. 74/2000, che a suo tempo impugnato è stato respinto nel primo grado del giudizio, e ora si trova in attesa di essere convocato per la discussione dell’appello. In presenza di tale contestazione, a tale contribuente ben lungi l’idea di voler aderire alla proposta di concordato.    

Caso ben diverso è quello in cui il contribuente si trovi in contenzioso tributario, in attesa del secondo grado di giudizio della Corte di Giustizia Tributaria per ottenere il rimborso del credito IVA relativo all’anno 2018, di cui è stato vittorioso nel primo grado. Il motivo dell’appello dell’ufficio riguardava che per l’anno sopra citato il contribuente non avesse presentato il dichiarativo IVA annuale, che invece è stato presentato nel giudizio di primo grado, con ampio dettaglio della documentazione riguardante la somma richiesta a rimborso. Per questo caso il contribuente può benissimo prendere in considerazione l’idea di beneficiare in futuro del concordato stesso.   

Altro caso è quello riguardante l’imposta di registro, art. 20 D.Lgs. 131/86, dove in caso di cessione di quote l’ufficio pretende la tassazione al 3% proporzionale, e non la tassa fissa di registro, in quanto considera l’atto sottoposto a tassazione come cessione d’azienda. In questo caso, la giurisprudenza di Cassazione ha stabilito che trattasi di cessione di quote e non di azienda e, quindi, l’imposta da applicare è l’imposta di registro a tassazione fissa. Il contribuente che si trova in tale situazione può benissimo prendere in considerazione l’idea di aderire al concordato nonostante sia ancora in attesa della udienza di secondo grado che dovrà celebrarsi davanti la Corte di Giustizia Tributaria perché l’ufficio ha appellato la pronuncia del primo giudice.

Ultimo caso. Il contribuente ha impugnato la decisione di primo grado di giudizio dove in caso di accoglimento del ricorso, gli sono state compensate le spese del giudizio, anziché condannare l’ufficio al pagamento delle stesse. Quindi è in attesa che venga fissata l’udienza di discussione dell’appello. In questo caso il contribuente può decidere benissimo di optare per il concordato stesso in quanto il tipo di contenzioso che lo stesso ha in essere, non inficerà sugli effetti del concordato stesso. Esempi pratici potrebbero essere citati come pioggia, ma quanto scritto può essere ritenuto sufficiente.

Rischi e benefici della disciplina del concordato    

Con l’introduzione del concordato il legislatore ha chiesto al contribuente dei requisiti specifici. Occorre una condotta fiscale irreprensibile tenendo conto che deve spiccare, tra le altre cose, la sua capacità contributiva, nel pieno rispetto dell’art. 53 della Carta Costituzionale.[A1]  Per capacità contributiva si intende l’idoneità economica dell’individuo a concorrere alla spesa pubblica, la quale si esprime attraverso indici economicamente valutabili, quale un patrimonio, un reddito, una spesa per consumi o investimento, cioè sempre suscettibili di valutazione economica.  Come ben si vede i rischi paventati sono numerosi e non ben definiti ed è inoltre da porre in dubbio che essi siano significativamente inferiori ai benefici potenziali.

Siamo solo agli inizi dello studio del concordato e attendiamo, quanto prima, norme ben precise da parte del legislatore.

[A1] Ragione della propria capacità cobntributiva.

 

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