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Si potrebbe definire il processo dei record (negativi): è durato 20 anni tondi tondi. Tanti ne sono passati da quando la procura di Prato iniziò a indagare sul fallimento del lanificio “Vega” e un’altra società collegata. L’anno successivo uno dei proprietari, il pratese Francesco Giusti, entrava nella casa più spiata delle televisione insieme alla moglie, Giulia Ponsi, originaria di Viareggio. Non sapevano di essere indagati con altre 13 persone, compreso il padre di Giusti, Riccardo, per bancarotta fraudolenta e truffa. Mentre loro si mostravano alle telecamere del Grande Fratello (quinta edizione) nel 2005, la procura chiese le misure cautelari. Misure che il gip dell’epoca negò. Ebbene, a venti anni di distanza siamo di nuovo a parlare di quel procedimento. Questa volta per scrivere la parola fine. Lunedì il collegio dei giudici di Prato ha finalmente dichiarato il non luogo a procedere per tutti i reati, compresa la bancarotta fraudolenta, per intervenuta prescrizione. E non poteva che essere così visto che nel 2021 il procedimento era in piena fase dibattimentale (dovevano ancora essere sentiti i curatori fallimentari), bel lontano dalla fine. Una storia che si ripete al tribunale di Prato, sempre in affanno e alle prese con organici sottodimensionati. Il procedimento a carico dell’ex coppia vip si è trascinato fra lungaggini burocratiche, rinvii continui, passaggi di mano fra pm e giudici. Gli investigatori avevano indagato su due società – fra cui il lanificio Vega – di proprietà di Riccardo Giusti, padre del concorrente del Gf, ex politico e imprenditore, ipotizzando la bancarotta fraudolenta e una maxi truffa sul tessile da un milione e mezzo di euro.

Gli imputati col tempo sono diminuiti e alla sbarra sono rimasti in cinque, fra cui i Giusti, padre e figlio, accusati di bancarotta fraudolenta e una serie di truffe prescritte da anni. Nonostante la bancarotta fraudolenta abbia una prescrizione di 18 anni e 9 mesi, il processo non ce l’ha fatta lo stesso ad arrivare alla sentenza di primo grado. Giulia Ponsi, che aveva una posizione marginale, è uscita di scena tempo fa: per un’eccezione di competenza territoriale il procedimento andò a Firenze e da lì se ne sono perse le tracce. Altri indagati patteggiarono in fase di udienza preliminare – nel luglio del 2014 – mentre un commercialista, nel frattempo, è deceduto. L’ennesimo processo finito in una bolla di sapone.

Laura Natoli

 

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