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Si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione.

Si parla sempre più spesso di interventi in parziale difformità e in totale difformità o eseguiti senza titolo abilitativo, soprattutto ora che il Decreto Salva Casa ha modificato il Testo Unico edilizia per l’ottenimento della sanatoria in riferimento, appunto, alle parziali difformità.

 

Le novità del Decreto Salva Casa

Sappiamo infatti che, con il nuovo decreto, la doppia conformità ex art.36 del DPR 380/2001 viene limitata alle ipotesi di abusi edilizi gravi, cioè:

  • assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto al permesso di costruire;
  • assenza, totale difformità o variazioni essenziali rispetto alla Super SCIA.

Per le parziali difformità, quindi, entra in scena il nuovo articolo 36-bis del Testo Unico Edilizia, inserito dal DL Salva Casa, secondo il quale è possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria e presentare la SCIA se l’intervento è conforme:

  • alla disciplina urbanistica al momento della presentazione della domanda;
  • alla disciplina edilizia al momento di realizzazione dell’intervento.

 

Decreto Salva Casa: come cambia la doppia conformità per le parziali difformità

Per le parziali difformità, è possibile ottenere il permesso di costruire in sanatoria e presentare la SCIA se l’intervento è conforme alla disciplina urbanistica al momento della presentazione della domanda e alla disciplina edilizia al momento di realizzazione dell’intervento.

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Opere edilizie in totale difformità e anche senza titolo abilitativo

La sentenza 10717/2024 del 27 maggio del Tar Lazio ci spiega le differenze tra totale e parziale difformità: si parte dal ricorso contro un’ingiunzione di demolizione per alcune opere abusive realizzate, secondo il comune, in totale difformità rispetto alla licenza edilizia del 1968, relativa alla realizzazione di un fabbricato residenziale composto da un piano seminterrato ad uso cantina e piano terra ad uso abitativo.

Secondo il comune, infatti, “il fabbricato allo stato attuale risulta realizzato in totale difformità al progetto approvato del 1968 ed in più, senza il dovuto titolo abilitativo sono state realizzate opere edilizie complementari sull’area di pertinenza dello stesso“.

L’attuale fabbricato è composto infatti da un piano terra e due piani sottostrada con le seguenti destinazioni d’uso e consistenze:

  • piano terra ad uso abitativo composto da soggiorno/angolo cottura, due stanze da letto, n. 1 bagno e n. 2 balconi per una superficie utile lorda pari a mq 98 ed un volume pari a mc 315 circa: portico antistante l’ingresso pari a mq 20 circa: locale ripostiglio sottostante il portico pari a mq 4 circa ed un volume pari a mc 9 circa: locale forno pari a mq 2,5;
  • piano 1° sottostrada ad uso abitativo composto da soggiorno/angolo cottura, due stanze da letto, n. 1 bagno e n. 2 balconi per una superficie utile lorda pari a mq 98 ed un volume pari a mc 357 circa: portico pari a mq 16;
  • piano 2° sottostrada ad uso cantina per una superficie utile lorda pari a mq 42 ed un volume pari a mc 139 circa: portico pari a mq 16.

Tra l’altro, oltre alle opere sopra rilevate il comune evidenzia che sull’area di pertinenza dello stesso fabbricato risultano esserne state realizzate altre, senza titolo abilitativo, nello specifico dei muretti di recinzione e una scalinata.

 

La ‘difesa’: opere pertinenziali, solo parziale difformità

Secondo i ricorrenti, tra l’altro:

  • le opere coperte (100,17 mq.) non hanno incrementato la volumetria complessiva autorizzata (115,70 mq.), e quindi non rientrano nel novero delle difformità essenziali sanzionabili ex art.31 dpr 380/2001;
  • le opere complementari (esterne) sono in realtà intercapedini necessarie, realizzate in fase di edificazione del fabbricato, rappresentando, in definitiva, interventi di manutenzione straordinaria o comunque di natura pertinenziale.

Si deduceva quindi la natura meramente parziale (o comunque non essenziale) della difformità riscontrata rispetto al titolo edilizio rilasciato, con conseguente inapplicabilità della misura demolitoria, salva la possibile residua applicazione di quella pecuniaria.

 

Le differenze tra totale e parziale difformità

Secondo il TAR Lazio, il ricorso è infondato, in quanto gli interventi realizzati senza titolo hanno apportato una sostanziale trasformazione al fabbricato, sicché deve reputarsi che si sia trattato di una totale difformità dalla licenza edilizia, come tale meritevole di trattamento demolitorio ex art. 31 comma 1 del dpr 380/2001.

Al riguardo, si ricorda che “l’ipotesi residuale della parziale difformità…..presuppone che un determinato intervento costruttivo, pur se contemplato dal titolo autorizzatorio rilasciato dall’autorità amministrativa, venga realizzato secondo modalità diverse da quelle previste e autorizzate a livello progettuale, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera; mentre si è in presenza di difformità totale del manufatto o di variazioni essenziali, sanzionabili con la demolizione, quando i lavori riguardino un’opera diversa da quella prevista dall’atto di concessione per conformazione, strutturazione, destinazione, ubicazione” (da Consiglio di Stato, 29.1.2024, n.906; cfr., in senso conf., Consiglio di Stato, 21.6.2023, n.6085).

 

Troppe modifiche rilevanti: è totale difformità, scatta la demolizione

Nella fattispecie, le modifiche apportate sono numerose e rilevanti, dal momento che, rispetto all’impostazione originaria (che prevedeva un piano terra ad uso abitativo e ad un seminterrato ad uso cantina), esse riguardano la realizzazione (non autorizzata) di opere complementari (muretti e scalinate esterne), e di ulteriori interventi (due locali sottostrada con bagni e balconi e con modifica della destinazione d’uso, portico, locale ripostiglio ecc.), che, complessivamente considerati, hanno portato alla realizzazione di un organismo edilizio sensibilmente diverso da quello autorizzato.

Tra l’altro, l’edificio è assoggettato al vincolo paesaggistico, tanto che, determinando anche il mutamento dell’aspetto esteriore dei luoghi, l’ordine demolitorio si imponeva ugualmente, anche ai sensi dell’art.149, comma 1, lett. a) e dell’art.167, comma 4, lett. a) del decreto legislativo 42/2004.


LA SENTENZA INTEGRALE E’ SCARICABILE IN ALLEGATO PREVIA REGISTRAZIONE AL PORTALE.

 

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