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In contrada Altilia, al civico 34, c’è una graziosa casa gialla col cartello “Vendesi”. Si trova a pochi passi, letteralmente, da Porta Tammaro che tra i quattro ingressi all’area archeologica (le altre sono Porta Boiano, Porta Benevento e Porta Terravecchia) rappresenta la più nota e utilizzata dai visitatori, anche per la presenza di un parcheggio e dell’omonimo ristorante lì vicino.

La struttura è grande circa 200 metri quadri, ha dei terreni su tre lati della casa e una vecchia stalla. Poggia, per una parte, alla cinta muraria dell’antica città romana. La richiesta per questa proprietà privata, anche se molto orientativa, è intorno ai 258 mila euro.

Superfluo sottolineare che ha una posizione strategica dalle enormi potenzialità. L’affare fa gola a tanti e le richieste fioccano numerose. Eppure la trattativa non si è mai conclusa per ostacoli di varia natura, vincoli e burocrazia.

Primonumero quel cellulare affisso alla parete dell’abitazione lo ha contattato. Dall’altro capo del telefono ci ha risposto Luigi Iafrancesco, un uomo sulla settantina con un accento molisano perso a Firenze, città in cui si è trasferito giovanissimo. Il signor Iafrancesco ha un padre centenario che vive a Sepino e di cui, col resto della famiglia, cura gli interessi. Non si nega il desiderio di poter tornare un giorno ad Altilia “per ricominciare a vivere proprio in quella casa in cui sono nato e cresciuto giocando sui muretti, tra archi e gradoni del teatro”.

Il cortile sotto casa di Luigi, bambino inconsapevolmente fortunatissimo, era l’antichissimo sito romano. A quindici anni è andato via con una valigia piena di ricordi e un po’ di amarezza “per non aver potuto vedere lo sviluppo dell’area archeologica dove tra i primi pionieri a scavare c’è stato anche un mio parente”.

Ma le cose oggi stanno cambiando: Altilia è diventata Parco archeologico, questo significa che ha una sua autonomia giuridica, può intercettare fondi, riprendere con gli scavi (quello che noi vediamo è appena un quarto del tessuto urbano antico), aumentare i servizi e – come vi abbiamo raccontato per primi in questa intervista al direttore dei Musei del Molise e, da un anno e mezzo, del Parco stesso, Enrico Rinaldi – far pagare un biglietto di ingresso entro la fine di quest’anno.

Enrico Rinaldi

L’obiettivo dichiarato di Rinaldi, non è un mistero, è quello di portare fuori dai confini regionali, ma anche italiani, Saepinum, annoverata tra le dieci eccellenze italiane al pari di giganti come Pompei, il Colosseo o la splendida Ostia antica.

La prima vera campagna di comunicazione è stata già annunciata recentemente alla TgR dal direttore Rinaldi assieme alla presentazione del logo che in qualche modo rimarca non soltanto l’immagine dall’alto della città, ma ne identifica i valori identitari con l’incrocio dei due assi stradali e transregionali utilizzati, per la loro valenza, già prima dell’insediamento delle civiltà sannitiche e romane.

La casa in vendita di Luigi Iafrancesco è proprio su uno dei due assi della città, di fronte al fiume Tammaro (da cui prende il nome) e sulla Strada statale 87 (Sannitica).

Vien da sé che se al posto di un privato la casa la acquistasse il Parco archeologico di Sepino (o la Soprintendenza, o la Direzione regionale dei musei del Molise che fanno riferimento al Ministero della cultura) l’affare lo farebbero loro: la location strategica la renderebbe perfetta per la realizzazione di un infopoint turistico, una biglietteria, per far lavorare le guide, per integrarla, insomma, in quella serie di servizi che oggi mancano e che sotto la guida del direttore Rinaldi dovrebbero nascere a Saepinum.

Ma la soluzione, il compromesso in grado di poter continuare a fruire di un bene riconosciuto di pubblica utilità, potrebbe passare tranquillamente anche per una gestione mista tra pubblico e privato. Il signor Luigi di questo è convinto. E quindi si potrebbe, tanto per fare un esempio, rilevare la struttura per farci un B&B (remunerativo per il privato) con annessa una biglietteria utile a tutti i visitatori del Parco archeologico (remunerativa per il pubblico).

“E’ un privilegio essere a ridosso di Porta Tammaro, ma tutto dipende dal progetto che uno ha in mente. A tutti quelli che mi chiamano – racconta a Primonumero il signor Luigi – chiedo sempre la stessa cosa: cosa vuoi farci? A mio avviso un accordo con la Soprintendenza è l’idea migliore per tutti”.

Anche perché c’è un vincolo di prelazione che dà diritto all’ente pubblico di rivendicare l’acquisto sulla proprietà privata prima di altri. In questi anni la posizione sulla vendita non è stata definita con chiarezza e non c’è, al momento, neppure una formale richiesta di esproprio (c’è stata in passato per una stalla finita al centro di un contenzioso giudiziario che si è concluso con un accordo per la cessione del bene).

Con il nuovo direttore Rinaldi, che resta in carica quattro anni, la soluzione potrebbe giungere in tempi più ragionevoli. Se poi sarà una ristrutturazione da parte dell’attuale proprietario, una gestione in affidamento, una collaborazione tra pubblico e privato (forse la migliore delle ipotesi per tutti) si vedrà.

Ma di sicuro l’ambizione di crescita e sviluppo di Altilia come sito famoso nel mondo non può più essere schiacciata dal peso di una rivendicazione privata che, per quanto legittima, ne minerebbe inevitabilmente il progresso. Immaginate se nel Colosseo ci fosse una rimessa di mezzi agricoli (c’è anche quello dentro Altilia) o una birreria all’aperto.

Per farlo, però, serve un progetto che preservi l’aspetto archeologico e architettonico, che valorizzi il patrimonio culturale e il suo territorio. Un progetto capace di migliorare la fruizione del sito con più servizi per l’accoglienza e il turismo.

Occorre fare scelte strategiche “e dialogare – come dichiarò Rinaldi appena giunto in Molise – con tutti i portatori di interesse, pubblici e privati”. O, se vogliamo dirla in estrema sintesi, servono soldi e buon senso.

 

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