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In un recente contributo pubblicato su questo Portale[1] è stato affermato che «Finché la Cassazione non ha emesso l’ordinanza n. 34889 del 13 dicembre 2023 quella dell’Euribor non era che una “contestazione standard” utilizzata – anche con poco successo – dai debitori escussi in aggiunta al consueto “strumentario anti-banca” (usura, anatocismo, ammortamento alla francese ecc.), per salvare il salvabile dall’espropriazione o dalla liquidazione», liquidando la questione come una “meteora” destinata ad avere poca fortuna.

La nota tace di rilevare che la Corte di Appello di Cagliari, sezione di Sassari, in tutti gli appelli finora decisi, ben otto dei quali buona parte approdati in Cassazione, ha accertato fondata l’azione -contrattuale- proposta dal mutuatario tendente alla dichiarazione di nullità del mutuo o leasing sottoscritto, in quanto indicizzato a valori euribor compresi tra il 29/9/2005 ed il 30/5/2008, a loro volta nulli quale conseguenza della manipolazione accertata dalla Commissione Antitrust della CE per contrarietà all’art. 101 TFUE.

Inoltre, della questione si è occupata anche la giurisprudenza unionale che, nelle sentenze rese nei giudizi T-105-17, T-106-17 e T-113-17, rese rispettivamente il 24/9/2019 ed il 20/12/2023, ha confermato sostanzialmente le decisioni del 4/12/2013 e del 7/12/2016 della Commissione Europea.

Nella nota cui si intende replicare, si commenta l’ordinanza n. 34899/2023 della Cassazione, rilevando che le SS.UU. n. 2207/2005 riguardavano un’azione di risarcimento del danno ex art 2043 c.c. nella quale, ovviamente, era richiesta la prova di uno “specifico pregiudizio”. Non essendo stato provato che i tassi Euribor siano stati manipolati al rialzo, le cause intentate dai mutuatari sarebbero, quindi, destinate a essere rigettate. Infine, essendo provato nelle decisioni della Commissioni Antitrust che vi siano stati contatti bilaterali tra le banche manipolatrici, mancherebbe un accordo manipolatorio complessivo.

Le SS.UU. n. 2207/2005 sono citate nell’ordinanza n. 34889/2023 solo al fine di affermare che la Legge Antitrust sia invocabile non solo dagli imprenditori commerciali in concorrenza, ma anche dai singoli utenti finali.

L’ordinanza de qua afferma, inoltre, che:

— già in base alla sentenza n. 827/1999 sono rilevanti ai fini della legge Antitrust anche comportamenti “non contrattuali” o “non negoziali“, purché con la partecipazione di almeno due imprese, finalizzati all’alterazione della concorrenza; circostanza già affermata dalla Commissione Antitrust della CE nelle note decisioni del 4/12/2013 e del 7/12/2016;

— qualunque “forma di distorsione della competizione di mercato, in qualunque forma venga posta in essere, costituisce comportamento rilevante ai fini dell’accertamento della violazione della Legge Antitrust”;

— le decisioni del 4/12/2013 e del 7/12/2016 della Commissione Antitrust della Comunità Europea sono da considerarsi “prove privilegiate” a supporto della domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione, a prescindere dal fatto che all’intesa illecita avesse o meno partecipato la banca con il quale è stato stipulato il contratto ” a valle” dell’intesa vietata, giacché raggiunta dal divieto di cui all’art. 2 L. 287/1990 (c.d. Legge Antitrust) è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte, come stabilito già dalla sentenza n. 29810/2017 della Corte di Cassazione.

Sono concetti già espressi anche dalle SS.UU. n. 41994/2021 che, come noto, si sono occupate della nullità delle fideiussioni conformi al c.d. “schema ABI”, ma che hanno fissato principi generali valevoli per tutte le cause “antitrust”.

Le SS.UU. hanno, in proposito, stabilito che:

l’art. 41 Cost. prevede espressamente che l’iniziativa economica privata non debba svolgersi «in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana», e che essa debba essere comunque sottoposta a «programmi e controlli opportuni» che la indirizzino e la coordino a «fini sociali».

In tal senso si pone, del resto, la stessa norma antitrust succitata, la cui ratio è diretta a realizzare un bilanciamento tra libertà di concorrenza e tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti diversi dagli imprenditori. Lo evidenzia, con estrema chiarezza, la sentenza di queste Sezioni Unite n. 2207/2005, nella parte in cui precisa che la legge antitrust «detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari, non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato», in particolare i consumatori, tenuto conto che il «contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale e realizzarne e ad attuarne gli effetti».

2.12.2. Se tale è la ratio della predetta normativa, il tenore letterale dell’art. 2, comma 3, della legge n. 287 del 1990, poi, è a sua volta inequivoco nello stabilire che «le intese vietate sono nulle ad ogni effetto». È del tutto evidente, infatti, che siffatta previsione – ed in particolare la locuzione «ad ogni effetto», riproduttiva, nella specifica materia, del principio generale secondo cui quod nullum est nullum producit effectum – legittima, come affermato da molti interpreti, la conclusione dell’invalidità anche dei contratti che realizzano l’intesa vietata, come – sia pure incidentalmente – affermano le stesse Sezioni Unite nella pronuncia summenzionata.

2.16.4. Sotto tale profilo, è del tutto palese che la previsione di cui all’art. 2, comma 3, della legge n. 287 del 1990, laddove stabilisce che «le intese vietate sono nulle ad ogni effetto», costituisce una chiara applicazione del diritto eurounitario, il quale – come statuito dalla citata giurisprudenza europea – afferma che la nullità (sancita, dapprima dall’art. 85, n. 2 del Trattato di Roma, dipoi dall’art. 81 del Trattato CE, infine dall’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) è assoluta, e che l’accordo che ricada sotto questa disposizione è privo di effetti nei rapporti fra i contraenti e «non può essere opposto ai terzi». Si tratta, invero, proprio di quella nullità «ad ogni effetto» che sancisce la norma nazionale succitata, e che si riverbera sui contratti stipulati a valle dell’intesa vietata anche con soggetti terzi, estranei all’atto a monte, ma ai quali tale atto non è comunque opponibile”.

È, quindi, acclarato che anche gli accordi sanzionati dall’Autorità Antitrust possano essere dichiarati nulli, ad ogni effetto e quindi, come nel caso di specie anche considerando tali i tassi Euribor che sono stati quotati a seguito delle intese vietate.

La giurisprudenza maggioritaria uscita prima di Cass. SS.UU. n. 41994/2021 ha respinto le domande di nullità sul presupposto che la banca convenuta, parte del contratto di mutuo, non facesse parte del “Panel” ossia di quelle che quotato i tassi Euribor, o che non avesse comunque partecipato agli accordi di cartello sanzionati dalla CE (come affermato dalla Corte di Appello di Milano nella sentenza oggi all’esame della Corte) posizioni come appena visto tutte superate dalle SS.UU.

Nel giudizio risolto dalle SS.UU., la banca convenuta aveva eccepito che l’unico rimedio esperibile per l’utente bancario fosse quello risarcitorio[2].

Le SS.UU. hanno chiarito che legittimati attivi sono non solo gli imprenditori, ma anche i consumatori, che possono far valere i propri diritti sia in termini di risarcimento del danno nei confronti di chi ha posto in essere la condotta vietata, sia citando in giudizio la propria controparte contrattuale (che può anche non aver fatto parte dell’intesa vietata) al fine di farne valere la nullità nella misura in cui abbia effetti nel contratto concluso tra le parti:

“2.12.3. Nel senso della invalidità di tale contratto -Antitrust- si è posta, oltre alla giurisprudenza più recente, anche parte di quella meno recente, trovandosi affermato che la legittimazione attiva all’esercizio dell’azione di nullità e di risarcimento del danno prevista dall’art. 33 della legge n. 287 del 1990, spetta non solo agli imprenditori, ma anche agli altri soggetti del mercato che abbiano interesse alla conservazione del suo carattere competitivo e, quindi, anche al consumatore finale che subisce danno da una contrattazione che non ammette alternative per effetto di una collusione tra gli imprenditori del settore, ancorché egli non sia partecipe del rapporto di concorrenza con gli autori della collusione. E ciò tanto ove sia spiegata un’azione risarcitoria, quanto se sia promossa un’azione restitutoria ex art. 2033 cod. civ., poiché il soggetto che chiede la restituzione di ciò che ritiene di aver pagato per effetto di un’intesa nulla allega pur sempre quest’ultima, nonché l’impossibilità giuridica che essa produca effetti successivi (Cass., 13/07/2005, n. 14716; Cass., 21/01/2010, n. 993). Se ne deve inferire che, anche per le decisioni citate, la nullità dell’intesa a monte si riverbera sul contratto stipulato a valle, che ne costituisce un conseguenziale effetto, tanto da legittimare anche un’azione di ripetizione di indebito fondata sulla nullità del contratto medesimo.

Quindi, per la Suprema Corte l’utente finale che ritiene di aver subito un pregiudizio a seguito di un accordo di cartello vietato ha a sua disposizione o l’azione extracontrattuale nei confronti di chi ha posto in essere detto cartello o l’azione contrattuale ex art 2033 cc nei confronti della propria controparte – contraente.

Bisogna solo stabilire come possa “propagarsi” ai c.d. “contratti a valle” La nullità dell’intesa antitrust sanzionata dalla Commissione Antitrust della Commissione Europea.

In questo dibattito si sono inserite le recentissime e innovative sentenze della Corte di Appello di Cagliari, sez. di Sassari la quale ha accolto la domanda di nullità dei tassi quotati dall’EMMI dal 29/09/2005 al 30/05/2008, essendo l’art. 101 TFUE “disposizione di ordine pubblico vincolante per gli Stati dell’Unione Europea -. V. Dir. 2014/104/UE-, che trova riscontro nel diritto interno italiano all’art. 2 L. 287/1990”. Prosegue la Corte affermando che “la decisione della CE è prova idonea a supportare la domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione – sulla vincolatività delle decisioni della Commissione v. art 16 Reg CE n. 1/03-. Il primo comma dell’art. 1418 cc ha concepito un sistema aperto di nullità per violazione di norma imperative in cui rientra qualsiasi assetto contrattuale che si ponga in contrasto con precetti inderogabili, quale certamente la disciplina posta a tutela della libera concorrenza”; prosegue a pag. 10 affermando che “non si discute della nullità della clausola sugli interessi al momento del perfezionamento del contratto bensì della perdurante validità / efficacia o inefficacia in senso stretto della determinazione convenzionale degli interessi che si accerti divenuta in contrasto con la norma imperativa in materia di tutela della libertà del mercato e della concorrenza. Se nella fase dinamica del rapporto le condizioni stabilite in contratto vengono a porsi in contrasto con una disposizione inderogabile, deve quanto meno riconoscersi un’inefficacia in senso stretto della relativa clausola se non addirittura l’inefficacia derivante da nullità sopravvenuta, intesa quale contrarietà -parziale- del contratto prodotta durante il suo svolgimento per effetto di un fatto sopravvenuto che  impone la verifica della tenuta di validità delle condizioni originariamente pattuite proprio in considerazione della prestazione periodica del pagamento degli interessi…nella specie la contrarietà alla norma imperativa non si è concretata al momento della stipulazione del contratto, risalente al 2004, ma nel momento in cui il tradens aveva ricevuto interessi frutto di un’intesa nulla sopraggiunta che aveva reso invalida la clausola di determinazione del tasso corrispettivo anche agli effetti di cui all’art. 1284 c. 3 cc”. Conclude la Corte affermando (pag. 11) “non è fuor d’opera richiamare la decisione resa dalla S.C. a SS.UU. n. 41994/2021” la quale ha compreso tra le categorie risarcibili anche i consumatori ed anche mediante azioni diverse da quella risarcitoria.

Punto centrale delle decisioni è la declaratoria di nullità dei tassi Euribor quotati nel periodo per il quale la CE ha accertato esservi stato un cartello vietata contrario all’art. 101 TFUE.

È possibile da parte dell’utente finale chiedere di accertare e dichiarare la nullità delle quotazioni Euribor finali in quanto la S.C. ha espressamente stabilito che la normativa antitrust non riguarda i soli imprenditori in concorrenza in un dato mercato, ma anche gli utenti finali, che quindi sono legittimati a far valere ed ad accertare la nullità delle intese restrittive della concorrenza.

Come hanno stabilito le SS.UU. n. 41994/2021 “l’art. 2, comma 3, della legge n. 287 del 1990, laddove stabilisce che «le intese vietate sono nulle ad ogni effetto», costituisce una chiara applicazione del diritto eurounitario, il quale – come statuito dalla citata giurisprudenza europea – afferma che la nullità (sancita, dapprima dall’art. 85, n. 2 del Trattato di Roma, dipoi dall’art. 81 del Trattato CE, infine dall’art. 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea) è assoluta, e che l’accordo che ricada sotto questa disposizione è privo di effetti nei rapporti fra i contraenti e «non può essere opposto ai terzi». Si tratta, invero, proprio di quella nullità «ad ogni effetto» che sancisce la norma nazionale succitata, e che si riverbera sui contratti stipulati a valle dell’intesa vietata anche con soggetti terzi, estranei all’atto a monte, ma ai quali tale atto non è comunque opponibile”.

I “terzi” sopra indicati non sono altro che tutti coloro che non fanno parte dell’accordo vietato, e quindi i contraenti finali che possono opporsi all’applicazione di un tasso Euribor manipolato e quindi nullo in quanto fissato in violazione dell’art. 101 TFUE e della L. 287/1990 che espressamente afferma che “le intese vietare sono nulle ad ogni effetto”.

Quindi sono nulle non solo le quotazioni concordate dalle banche manipolatrici, e quindi le quotazioni inviate tempo per tempo nell’intervallo 29/9/2005 – 30/5/2008 dalle banche manipolatrici all’EMMI (l’ente privato che quota i tassi euribor) ma sono nulli anche gli effetti immediati di tali tassi manipolati, e quindi le quotazioni euribor ufficiali determinate dall’EMMI facendo fare la media alle quotazioni inviate sia dalle banche non manipolanti che dalle banche manipolanti.

A “cascata” una volta dichiarato nullo il parametro esterno Euribor cui il contratto fa riferimento per il calcolo degli interessi da applicarsi al contratto di mutuo, esso è da dichiararsi necessariamente ex artt. 1346 e 1418 cc nullo, in tal modo superando le questioni poste alla base della giurisprudenza non favorevole formatasi sulla nullità dei contratti indicizzati con i tassi Euribor.

Se la nullità del contratto deriva dalla nullità dell’indice esterno diventa irrilevante che la banca convenuta abbia o meno partecipato all’intesa vietata che ha dato luogo a quella nullità, o che vi sia stata una effettiva restrizione della libertà di scelta del mutuatario.

Una volta accertata la nullità dei tassi Euribor per contrarietà all’art. 101 TFUE e alla L. 287/1990 la nullità che colpisce il mutuo non deriva più dall’intesa vietata ma è contrattuale, non potendosi più calcolare il tasso di interesse essendo venuto meno l’indice di riferimento esterno.

Nullità contrattuale che sia l’imprenditore che il consumatore possono invocare non dovendo come stabilito da SS.UU. 41994/2021 necessariamente affidarsi ad un’azione risarcitoria nei confronti del soggetto che ha dato luogo alla nullità dell’indice esterno al contratto.

Vi è altro motivo fondamentale in base al quale va in ogni caso accertata la nullità dei contratti c.d. “a valle” delle intese antitrust vietate: detti contratti sono necessariamente collegati funzionalmente a dette intese e ne costituiscono l’applicazione, ma in un senso diverso da quello affrontato dalle SS.UU., che riguardava le fideiussioni omnibus, ritenute contrarie alla normativa Antitrust non in ragione del loro contenuto (essendo le clausole contenute nello “Schema ABI” di per se legittime) ma dell’imposizione da parte di tutte le banche operanti in Italia, in tal modo limitando la capacità di scelta dei contraenti.

Quindi, la nullità Antitrust riguardava non le fideiussioni in se (in quanto legittime), ma la loro seriale imposizione.

Essendo le clausole contenute nelle fideiussioni omnibus di per sé legittime la Corte, al fine di rilevarne la nullità per contrasto alle normative Antitrust, ha dovuto accertare che fossero state imposte con limitazione della libertà di scelta dei contraenti, che è il “vero” illecito Antitrust sanzionato dalla Banca d’Italia, per cui in una causa ove si voglia far dichiarare nulla una fideiussione non si deve solo provare che è conforme al c.d. “schema ABI” ma bisogna provare producendo raccolte di fideiussioni, che detto schema sia stato imposto ai contraenti in via generale a prescindere dall’istituto di credito contraente.

Il caso che ci occupa, ossia l’inserimento in un contratto di un riferimento ai tassi Euribor per il calcolo del tasso da applicare, è diverso in quanto il contratto “a valle” si riferisce espressamente al “frutto” dell’intesa vietata e quindi al tassi Euribor quotati in violazione dell’art. 101 TFUE, per cui c’è un collegamento negoziale diretto tra il contratto per cui è causa e l’intesa sanzionata dalla CE, di per se nulla e non in ragione di una sua applicazione piu’ o meno seriale ed imposta ai mutuatari, che è il vero illecito Antitrust sanzionato dalla Banca d’Italia, senza il cui accertamento il contratto a valle non sarebbe nullo.

In questo senso, anche se in modo diverso rispetto al caso esaminato dalle SS.UU., l’intesa vietata è stata attuata nel contratto di mutuo: non per “somiglianza” ed imposizione delle clausole in esso contenute (di per se lecite) ma in virtù della diretta applicazione nel contratto di mutuo dei tassi Euribor manipolati, di per se illeciti e nulli, senza necessità di alcun accertamento ulteriore se non la verifica che abbiano integrato il contratto di mutuo essendo stati presi come riferimento per il calcolo del tasso.

Essendo il caso concreto diverso da quello esaminato dalla S.C. non è necessario che vi sia stata una “serialità della riproduzione dello schema adottato a monte” che “diminuisca la capacità di scelta dei clienti – contraentidi modo che ne derivino conseguenze negative sul mercato e quindi sia accertata la nullità dell’accordo.

Nel caso che ci riguarda, al contrario, l’accordo Antitrust perpetrato è di per sé nullo.

Quindi la sentenza n. 41994/2021 deve essere applicata non in modo pedissequo, ma comprendendo che parte di quanto prescrive è relativo solo alle fideiussioni omnibus.

Successivamente a Cass. n. 41994/2021, la giurisprudenza di merito, conscia del fatto che le questioni per le quali finora erano state rigettate le domande erano da considerarsi superate, ha continuato a respingere le domande di nullità intentate dai mutuatari affermando semplicemente che le decisioni della CE riguardavano solo il mercato dei derivati.

Per tutte si segnala la sentenza 1811/2022 del Tribunale di Milano che ha respinto una domanda analoga a quella oggi in giudizio, in quanto “riguarda un mutuo fondiario, cioè un settore di mercato completamente estraneo all’accertamento della Commissione UE. Il contratto in esame, infatti, non costituisce in nessun modo lo sbocco e l’attuazione dell’intesa censurata dalla Commissione, che riguarda il ben diverso mercato degli EIRD”, nonché che “l’applicazione di uno spread diversificato da banca a banca, che si somma al parametro Euribor, allontana ancora di più il singolo contratto dall’intesa illecita”.

Nulla di più errato! Non bisogna infatti confondere lo scopo, il fine dell’accordo sanzionato con le decisioni del 2013 e del 2016 (la manipolazione del mercato dei derivati finanziari) con l’accordo stesso, che tendeva a fissare valori bassi, costanti o alti dei tassi Euribor: questi sono stati oggetto di intesa (vietata) da parte delle 7 banche sanzionate dalla CE, come meglio descritto nella prima memoria istruttoria.

Basta esaminare le decisioni della CE per verificare come abbiano accertato la manipolazione dei tasi di riferimento Euribor, allo scopo di ottenere profitti nel mercato dei derivati.

I derivati sono quindi, al pari del mutuo per cui è causa, contratti “a valle” dell’intesa vietata che ha avuto per oggetto la manipolazione dei tassi euribor compresi tra il 29/9/2005 e il 30/05/2008.

Questo orientamento, errato, è stato confermato dal Tribunale di Milano anche successivamente alle SS.UU. 41994/2021 ed all’ordinanza n. 34889/2023.

Nella sentenza n. 2221/2024 il Tribunale afferma che, pur avendo la Cassazione deciso riguardo a un leasing, “l’iter motivazionale non ha affrontato lo specifico e dirimente profilo sopra riportato, ossia che l’accertamento della CE e la successiva sanzione hanno interessato il ben diverso mercato dei derivati. Ciò porta ad escludere la conseguenzialità cui è approdata la decisione citata, ossia, che i contratti in esame costituiscano lo sbocco e l’attuazione dell’intesa censurata dalla Commissione”.

Prosegue affermando che “l’adesione all’orientamento sopra riportato presenta non pochi aspetti di criticità posto che la disciplina contenuta nella direttiva 2014/104/UE attribuisce la legittimazione passiva ai soli autori della violazione. E’ pur vero che la giurisprudenza della Corte di Giustizia UE prevede la legittimazione all’azione di risarcimento del danno cagionato dalla manipolazione della concorrenza anche a favore di colui che abbia subito una ricaduta negativa nella propria ricontrattazione, tuttavia l’azione risarcitoria deve intendersi circoscritta alle sole imprese aderenti al cartello”.

Il Tribunale compie due gravi errori, il primo è che la direttiva 2014/104/UE entra in vigore il 25/12/2014 ed espressamente non può applicarsi retroattivamente, per cui non regola il risarcimento del danno conseguente ad un illecito antitrust avvenuto prima.

Il secondo errore è ritenere proponibile la sola azione extracontrattuale, mentre invece come già dimostrato sono legittimati attivi a far accertare la violazione antitrust e la conseguente nullità delle quotazioni euribor del periodo 29/9/05-30/5/08 non solo le imprese del settore interessato ma anche tutti coloro che stipulano contratti a valle, e quindi tutti coloro che hanno subito ripercussioni dall’accordo di cartello vietato.

Infine sia consentita un’ultima notazione.

Nella nota menzionata in apertura si afferma che, se anche le quotazioni euribor sono state manipolate, non vi è la prova che vi sia stato un rialzo dei tassi e, quindi, nessun pregiudizio ha patito l’attore – mutuatario che agisce per la declaratoria della nullità del suo mutuo.

A disparte che l’azione è contrattuale e non extracontrattuale e che, quindi, il mutuatario non deve provare alcun aumento dei tassi ma solo l’intesa vietata, il mutuatario ha subito il sicuro pregiudizio di vedersi calcolati gli interessi dovuti non in base ad un tasso oggettivo, attendibile e di mercato ma in base ad un tasso alla mercè di alcuni grandi istituti di credito.

A seguito della manipolazione è venuto meno il requisito essenziale in base alla quale il tasso Euribor era stato scelto per la determinazione del tasso di interesse, ossia la sua attendibilità.

Una volta che il tasso è inattendibile, fallace non può di certo essere utilizzato in potenziale pregiudizio delle parti del contratto, per cui deve essere dichiarata la nullità parziale del contratto nella parte in cui rinvia a tassi euribor manipolati.

Quindi, il “pregiudizio” è arrecato non al mutuatario in se ma al contratto di mutuo, che vede, appunto, pregiudicata la possibilità di calcolare in modo corretto, secondo quanto era l’intenzione delle parti, gli interessi, che quindi andranno calcolati al tasso legale.

Infine, si vuole accennare al fatto che non è affatto vero che nelle cause sinora proposte non sia stata fornita la prova che la manipolazione dei tassi Euribor sia stata, complessivamente, effettuata al rialzo.

Esaminando i dati ufficiali (fonte BIS) relativi ai contratti effettivamente stipulati da settembre 2005 a maggio 2008 si rileva che dal secondo trimestre 2005 al primo trimestre 2008 il totale dei derivati collegati all’Euro è aumentato del 124,00% mentre quello dei contratti con durata oltre 5 anni è aumentato di ben il 277,50%.

Esaminando i dati del Ministero dell’Economia e Finanze è provato che negli anni 2004-2005 il valore nozionale dei derivati degli Enti Territoriali (Regioni, Province, Comuni) era di circa 18 miliari di euro; da li in poi c’è un rapido aumento fino al 2008 con quasi 38 miliardi di euro per poi tornare nel 2015 ai valori ante manipolazione, pari a circa 20 mili-ardi di euro.

L’insieme di questi dati può far capire il perché le banche manipolatrici (tra i maggiori offerenti al mondo di derivati, tanto che delle prime 10 ben 5 hanno partecipato al cartello) hanno condizionato il mercato dei derivati provocando il progressivo innalzamento dell’Euribor, pur ottenendo nell’immediato consapevoli perdite dovendo pagare flussi positivi ai contraenti di prodotti derivati: hanno spinto gli Stati e gli Enti territoriali a contrarre strumenti derivati per mitigare gli effetti degli aumenti dei tassi sui debiti contratti, ben sapendo che un bel giorno i tassi sarebbero drasticamente scesi garantendo utili immensi dovendo gli Enti pagare un tasso fisso e le banche il tasso Euribor nel frattempo tornato a livelli fisiologici.

È stato provocato l’innalzamento dell’Euribor (ben sapendo che sarebbe presto repentinamente sceso) pagando per pochi mesi flussi a favore delle controparti, per indurre a contrarre derivati con durata oltre 5 anni, di modo da garantirsi ricchi flussi positivi o alti valori di “mark to market”.

Ecco perché i derivati oltre i 5 anni (quelli abbinati ai mutui che notoriamente hanno durata di almeno 10 anni) sono aumentati di ben il 277,50%: le banche manipolatrici hanno pagato flussi positivi alle loro controparti per un periodo limitato ben sapendo che avrebbero ottenuto flussi a proprio favore, e di rilevante importo, per la restante durata dei contratti, anche fino a 20 anni.

Quanto sopra è confermato dai dati economici della banche manipolatrici, contenuti in uno studio effettuato da Mediobanca sulle maggiori banche internazionali dove risulta, e a questo punto non può essere una coincidenza, che le banche coinvolte nella manipolazione hanno in quegli anni quasi raddoppiato lo stock di derivati proprio perché sapevano che i tassi Euribor sarebbero scesi repentinamente garantendogli utili immensi: al 31/12/2005 Deutsche Bank aveva 29280 miliardi di euro in derivati, Barclays 26097, RBS 17874; JP Morgan 44538; mentre al 31/12/2008 Deutsche Bank aveva 48053 miliardi di euro in derivati, Barclays -48153, RBS 66570; JP Morgan 63354.

Una volta compreso perché sono stati manipolati i tassi Euribor è raggiunta anche la prova che vi sia stata una doppia manipolazione, dapprima al rialzo, dal 29/9/2005 in poi, e poi al ribasso, da metà 2008 in poi, al fine di poter finalmente ottenere in vantaggi della manipolazione, ossia il garantirsi enormi flussi positivi sui derivati stipulati nel periodo della manipolazione

 

 

 

 

 

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[1] Il riferimento è a L. Giulietti, EURIBOR: molto rumore per nulla?, 14 marzo 2024, EURIBOR: molto rumore per nulla? – Diritto del Risparmio.

[2] Medesima doglianza è stata espressa nella nota a firma dell’Avv. Giulietti.

 

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