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Buy Now, Pay Later: si tratta di una forma di “accesso al credito” che si sta sviluppando in maniera esponenziale in tutto il mondo, ed anche in Italia, di pari passo con la crescita dell’e-commerce post pandemia.

Forse una ottima opportunità per molti, ma non per tutti.

Lo schema classico del BNPL (Buy Now, Pay Later) prevede il cliente/consumatore, un venditore, un terzo soggetto che sulla base di un accordo con il venditore consente al consumatore l’acquisto del bene con pagamento dilazionato o anche rateizzato, senza l’aggiunta di interessi ed oneri accessori lavvode i pagamenti siano regolari.

I pagamenti avvengono con addebito diretto sul conto. Si utilizza in genere per importi modesti e senza dubbio stimola la ripresa dei consumi con la garanzia per il venditore di allargare e fidelizzare la propria clientela. Il tutto è ancora più semplice dell’accesso alle carte di credito revolving.

Tutto bene quindi? Dipende.

Da uno studio di Banca d’Italia1 emerge che quasi tutti i prestiti BNPL sono a costo zero per i consumatori quando le rate sono rimborsate in tempo, ma possono risultare estremamente costosi in caso di ritardo o mancato pagamento. Per esempio, dallo studio di Banca d’Italia risulta che gli utilizzatori di Afterpay (Pay in 3) pagano immediatamente un terzo del prezzo d’acquisto e, in caso di ritardi sulle rate successive sono tenuti a versare commissioni che possono arrivare al 25 % del valore totale dell’ordine; Scalapay (Pay in 3) applica commissioni di ritardo che arrivano al 15% per cento del valore del prestito; Klarna chiede fino a 8 euro per ogni rata non pagata entro i termini; Soisy applica interessi di mora del 12%.


Pur trattandosi di importi modesti (che però possono anche cumularsi) esiste un serio problema di insolvenza; secondo un’analisi della CRIF del 20222 nel primo semestre 2021 i contratti BNPL hanno registrato una rischiosità maggiore rispetto a finanziamenti small ticket più tradizionali e il tasso di insolvenza su prestiti BNPL è quasi raddoppiato tra il 2020 e il 2021.

Il “compra adesso e paga dopo” quindi non è del tutto privo di rischi e sta registrando tassi di insoluto in tendenziale aumento, di pari passo con la crescita del fenomeno.

Senza voler demonizzare strumenti innovativi e largamente diffusi in Europa e nel mondo, non si può non osservare- come ha fatto la Banca d’Italia- che la facilità di accesso e l’uso per l’acquisto di beni che per oltre il 50% delle richieste BNPLè inferiore ai 500 euro e proviene per il 71% da utenti di età inferiore ai 30 anni (dati Crif), potrebbe incentivare acquisti non del tutto consapevoli e quindi potenzialmente non sostenibili da parte dei consumatori esponendoli ad un rischio di sovraindebitamento; è opportuno inoltre considerare che non viene svolta alcuna valutazione del merito creditizio ma le diverse piattaforme si basano su verifiche semplificate elaborate da algoritmi di intelligenza artificiale.

E un debito fantasma quindi che può non emergere ad un esame di merito creditizio per la richiesta di un successivo finanziamento più cospicuo, ma è fantasma anche perché dagli stessi utilizzatori non è percepito come una esposizione debitoria.

La normativa attuale non copre questi strumenti e l’utilizzo è sempre più diffuso e incentivato soprattutto in determinati periodi dell’anno per sostenere i consumi. Dal rapporto annuale ABI Lab 2022, risulta che il 27% delle banche offre funzionalità avanzate di BNPL collegate a sviluppi di App e di servizi on line.

Quali sono gli strumenti di tutela?

Quando a offrire il BNPL è una banca o un intermediario finanziario, il cliente è “tutelato” dalle regole sulla trasparenza bancaria, e in caso di problemi può inoltrare un reclamo all’intermediario e accedere, a seguito di risposta insoddisfacente, all’Arbitro Bancario Finanziario che tuttavia ad oggi non sembrerebbe essere stato ancora interessato da questioni riferite a contestazioni sul BNPL. Quando invece ad offrire strumenti di BNPL è direttamente il venditore (e questo accade nella maggioranza dei casi) il sistema di tutele previste per i soggetti vigilati da Banca d’Italia non c’è.

In questo scenario si colloca la nuova direttiva comunitaria 2023/2225 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 ottobre 2023 relativa ai contratti di credito ai consumatori che abroga la direttiva 2008/48/CE e si prefigge di rafforzare le tutele per i consumatori sotto molteplici aspetti. Gli Stati membri dovranno recepire la nuova direttiva entro il 20 novembre 2025, le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva troveranno applicazione a partire dal 20 novembre 2026.

Se davvero la nuova direttiva rafforzerà i diritti dei consumatori è tutto da vedere considerato il complesso sistema di deroghe e il tenore degli interventi previsti; è importante, tuttavia, rilevare il tentativo di adeguamento a standard di tutela informativi per i nuovi prodotti di credito, in particolare nell’ambiente online, sviluppatisi enormemente e non ricompresi nella direttiva sul credito al consumo 2008/48/CE.

La nuova direttiva, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 30/10/2023, riconosce infatti che il credito offerto ai consumatori è cambiato e si è diversificato notevolmente negli ultimi anni soprattutto per la comparsa di nuovi prodotti in particolare nell’ online.

Il Considerando n. 16 della nuova direttiva sul credito al consumo, espressamente prevede che l’ambito di applicazione dovrebbe estendersi anche ai sistemi «Compra ora, paga dopo». Esisterebbe così un sistema di norme più specifico anche per questi strumenti con adeguamenti di informative e corretta pubblicità rivolta alla clientela, garanzie di istruttorie sulla valutazione del merito creditizio verificabili e allert informativi in merito al rischio di sovraindebitamento.

In sostanza il “compra ora e paga dopo” viene riconosciuto come uno strumento di credito non più, come generalmente si percepisce, come un mero strumento di pagamento.

L’incidenza del “debito a breve” nella determinazione della condizione di sovraindebitamento

La condizione di sovraindebitamento, intesa come difficoltà a rimborsare in maniera regolare i propri debiti, (anche considerando le disponibilità economiche dei successivi dodici mesi), può dipendere da eventi traumatici come la perdita di lavoro ma anche da un insieme di situazioni singolarmente poco significative (es tanti acquisti a rate) ma che determinano uno squilibrio economico tale da comportare la necessità di una profonda riorganizzazione del proprio reddito, delle risorse patrimoniali disponibili e non ultimo una riconsiderazione del proprio stile di vita.

Situazioni di rischio da sovraindebitamento, come ci ricorda la Fondazione Salus Populi Romani (riconosciuta dal Ministero dell’Economia e delle Finanze tra gli enti gestori del Fondo per la prevenzione del fenomeno dell’usura), nel suo recente rapporto sulle attività, possono essere molto comuni.

La Fondazione ha svolto un’analisi approfondita di 558 casi riferiti al periodo 2020-2022 per un totale di 1800 posizioni debitorie analizzate per un valore complessivo di oltre 37 milioni di euro3.

Tra le cause del sovraindebitamento emergono con particolare peso quelle che hanno a che fare con il lavoro: riduzione o perdita del reddito familiare unito alla attività autonoma in difficoltà, emergono però anche altri fenomeni riguardanti in particolare la conflittualità familiare (separazione/divorzi), la necessità di spese per cure sanitarie.

Tra le cause di sovraindebitamento, inoltre, la Fondazione registra: l’intervento per aiutare amici o parenti a loro volta in situazioni difficili, acquisto beni durevoli e di consumo che richiedono, anche in relazione agli strumenti di credito, una sempre maggiore educazione finanziaria.

Il tema della sovraesposizione debitoria può riguardare davvero tutti, sono infatti prevalentemente le cosiddette famiglie “produttive” quelle che si rivolgono alla Fondazione; hanno debiti con finanziarie, molti dei quali gestiti da società di recupero, vivono in affitto, ma nel 40% circa hanno una casa di proprietà (nel 17% dei casi con un mutuo da pagare); si tratta di adulti oltre i 45 anni, di nuclei genitoriali con figli ma non sempre minori, spesso con un solo genitore (in prevalenza donna). Si dividono tra lavoro autonomo e lavoro dipendente, con una netta prevalenza di quest’ultimo, e molti pensionati.

Analizzando più nel dettaglio la situazione debitoria di coloro che presentano una situazione a rischio di sovraindebitamento, la Fondazione rileva che il volume complessivo dei debiti “A breve” raggiunge un importo complessivo pari a 22,36 Mln di euro, pari al 59,4% del capitale totale. Ed è proprio questa tipologia di debitoria quella dove è possibile rinvenire anche gli strumenti del “compra ora paga dopo”. 

La realtà dei debiti “A breve” è, molto spesso, l’indicatore di uno stato di bisogno che orienta le persone verso scelte imprudenti che possono apparire “innocue” ma che, se sommate ad altri impegni di natura economica (es rata di un mutuo) e se innesta una spirale di ricorso eccessivo a varie forme di credito al consumo, rischia di delineare un sovraindebitamento delle famiglie sottovalutato. Le nuove norme quindi servono, ma da sole non bastano.

Gli Stati membri, prevede ancora la nuova direttiva sul credito al consumo, “dovrebbero adottare le misure appropriate per promuovere pratiche responsabili in tutte le fasi del rapporto di credito. Tali misure dovrebbero poter includere, per esempio, l’informazione e l’educazione dei consumatori, compresi gli avvertimenti sui rischi connessi a un mancato pagamento o al sovraindebitamento. In un mercato creditizio in espansione, in particolare, è importante che i creditori non concedano prestiti in modo irresponsabile o senza preliminare valutazione del merito creditizio”.

Nel contesto di estrema facilità all’indebitamento, e in attesa dell’implementazione di nuove e articolate norme, c’è un altro tema che bisogna considerare: il ricorso all’ usura di prossimità, quella che sembra quasi una cortesia, un aiuto provvidenziale e invece è un pericolo serio e purtroppo non adeguatamente percepito…e si ha l’impressione che se ne parli troppo poco.

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