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Il debitore che ha subito il pignoramento dell’abitazione principale, in seguito al mancato pagamento delle rate di un mutuo ipotecario, può evitare la vendita forzata. La norma speciale di riferimento è quella portata dall’articolo 41 bis della legge 19 dicembre 2019, n. 157 di conversione del decreto-legge n. 124/2019 (integralmente sostituito dall’articolo 40-ter, della legge 69-2021) e di essa, con un provvedimento inedito, dà applicazione il Tribunale di Palermo, sezione Esecuzione, con Ordinanza del 16 aprile 2022.
La disposizione – che integra una alternativa al procedimento di esdebitazione – nasce al fine di fronteggiare, in via eccezionale, temporanea e non ripetibile, i casi più gravi di crisi economica dei consumatori, ove una banca o una società veicolo, creditrice ipotecaria di primo grado, abbia avviato o sia intervenuta in una procedura esecutiva immobiliare avente ad oggetto l’abitazione principale del debitore.
In questo caso il debitore consumatore, al ricorrere delle condizioni specificate dalla norma (elencate al comma 2), ha la possibilità di chiedere la rinegoziazione del mutuo in essere ovvero un finanziamento, con surroga nella garanzia ipotecaria esistente, a una banca terza, il cui ricavato però deve essere utilizzato per estinguere il mutuo in essere, con assistenza della garanzia del Fondo di garanzia per la prima casa, di cui all’articolo 1, comma 48, lettera c), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e con il beneficio dell’esdebitazione per il debito residuo.

La sospensione automatica
Ora, ciò che rileva, nel procedimento in esame, è l’assenza di discrezionalità da parte del creditore procedente a fronte dell’istanza presentata dal debitore esecutato e la conseguente automatica sospensione del procedimento esecutivo da parte del giudice per un periodo massimo di sei mesi per consentire l’avvio della rinegoziazione.
Ne consegue che la legge richiede alla banca – così soggiunge testualmente il provvedimento in esame – un comportamento che si compone di due fasi distinte: (i) dapprima, la valutazione del merito del credito, di poi, (ii) la risposta, positiva o negativa, che sia, alla richiesta del debitore.
Sotto il profilo che in questa sede interessa, del potere di sospensione della procedura esecutiva da parte del Giudice dell’Esecuzione, occorre rilevare che, nel contesto normativo di cui all’articolo 41-bis, il provvedimento di sospensione del processo esecutivo non presuppone necessariamente una dichiarazione di apertura della trattativa da parte della Banca, che, in quanto tale, la subisce senza potersi opporre.
Tuttavia, occorre osservare che la valutazione sul merito di credito va effettuata dal creditore, analizzando la posizione patrimoniale, economica e reddituale complessiva delle parti interessate, circostanze che non devono necessariamente essere allegate all’istanza, attenendo ad un momento successivo alla presentazione dell’istanza che è quello indicato dal comma 5 della disposizione in esame di valutazione del merito di credito.
Il legislatore, dunque, consente ai consumatori esecutati che rientrino nelle menzionate condizioni un vero e proprio diritto ad ottenere rinegoziazione o rifinanziamento e l’esdebitazione per il residuo. Peraltro, come segnala la stessa Circolare ABI. del 31/05/2021, rispetto alla precedente formulazione dell’articolo 41 bis, «al fine di rendere immediatamente operativa la disciplina in questione, l’attuale norma non prevede più l’emanazione di un Decreto da parte del Ministro dell’Economia e delle Finanze (di concerto con il Ministro della Giustizia e con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentita la Banca d’Italia) per definire ulteriori modalità di applicazione della disciplina in questione».

 

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