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Per Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital, il sotto-segmento è la soluzione ideale per non rinunciare a un’asset class che potrebbe rivelarsi troppo rischiosa. Occhi puntati sull’Asia centrale, mentre in Italia guadagna spazio l’impact investing

Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital
Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital

Inflazione persistente, banche centrali incerte sulle prossime mosse di politica monetaria e lo spettro di una recessione globale che si fa sempre più concreto. Il permanere all’orizzonte di numerosi fattori di incertezza sta spingendo gli investitori finanziari ad abbandonare l’obbligazionario high yield percependolo come troppo rischioso. Per Vincenzo Trani, presidente di Mikro Kapital, conviene invece puntare a sotto-segmenti dell’asset class capaci di offrire maggiori garanzie: primo tra tutti il microcredito. Ecco perché la sua società, attiva in questo settore e nell’impact investing sia sul fronte del finanziamento alle pmi sia su quello dell’emissione di bond per operatori istituzionali o family office, offre fondi di categoria allocati sui titoli opportunamente selezionati in base al merito creditizio degli emittenti. Una soluzione che trova la sua destinazione ideale soprattutto nei mercati emergenti e nella sostenibilità.

Qual è la vostra view sull’evoluzione del quadro macro da qui a fine anno?

Le previsioni del Fondo monetario Internazionale non sono rosee: diminuzione della crescita del Pil mondiale dal 3,5% al 3% nel 2023 e inflazione, seppur ridotta rispetto al 2022, a circa il 7%. L’ultimo trimestre del 2023 non vedrà sostanziali scostamenti da queste stime. In Europa la Bce cerca di tenere a freno l’inflazione, e alcuni miglioramenti ci sono stati, ma ancora poco significativi se inseriti in un contesto mondiale.

In uno simile scenario, e con i segnali di un rallentamento (quindi di default societari) che si rafforzano, quali sono le prospettive per il segmento high yield?

L’emissione obbligazionaria ha da sempre rappresentato una forma di finanziamento indispensabile per le imprese, piccole e grandi, come di dimostrano anche i mini-bond italiani. Ora però questi strumenti, che prima offrivano un ottimo premio al rischio, per via dei rendimenti elevati, sono in concorrenza con strumenti monetari ad alta liquidità. Tuttavia, i dati delle aziende fanno ben sperare: il tasso di insolvenza è contenuto e i bilanci appaiono sani. Gli investitori che hanno un lungo orizzonte temporale potranno sicuramente beneficiare di questa situazione e, guardando in modo critico a un’offerta sempre più diversificata, sapranno anche garantirsi alti rendimenti per lungo tempo.

In cosa si differenziano gli asset in cui investono i fondi obbligazionari di Mikro Kapital?

I nostri fondi di cartolarizzazione lussemburghesi raccolgono risorse finanziarie da investitori istituzionali e privati europei attraverso l’emissione di titoli di debito a tasso fisso (fino al 12,5% annuo) e scadenza fissa legati ai rischi connessi alla microfinanza. Questi proventi vengono investiti nelle società del proprio portafoglio in Paesi emergenti in Europa, Asia centrale e nella regione APAC. Le società forniscono microcrediti, microprestiti e soluzioni di sharing economy alle micro e piccole imprese dell’economia reale (agricoltura, costruzioni, manifattura ecc.) per sostenere il loro sviluppo e generare un impatto positivo sulle comunità locali. Non sono prestiti al consumo ma mirati a un progetto imprenditoriale di sviluppo monitorato e sostenuto dalle nostre lending companies locali. I piccoli imprenditori di questi Stati forniscono garanzie reali a fronte del prestito.

Microcredito ma anche impact investing per garantire opportunità di ritorno alternative a chi abbia del capitale da impiegare: qual à il modello business e come funziona il vostro processo di valutazione del merito creditizio? 

Lavorando sullo sviluppo di un portafoglio proprietario, possiamo integrare al meglio tutte le fasi di identificazione, analisi e valutazione del rischio nell’intera catena del valore. Sviluppando così un sistema coeso di procedure e regolamenti atti a mitigare e a monitorare i rischi in modo diretto ed efficace. Generando direttamente il portafoglio crediti, massimizziamo il rimborso dei prestiti, perché analizziamo direttamente i piccoli imprenditori che ne fanno richiesta. Validiamo il modello di business e verifichiamo la disponibilità di un flusso di cassa positivo. Inoltre, ogni prestito è supportato dal collaterale posto a garanzia, pari ad almeno il 130% dell’erogato. A questi strumenti si affiancano la forte diversificazione geografica, per settore e per attività (manifatturiero, agricoltura, logistica, costruzioni, salute e istruzione). Infine, i crediti erogati sono anche altamente frammentati in piccoli importi.

Siete focalizzati sui Paesi emergenti e, in particolare, su Emea e Apac. In termini di impact investing, quali opportunità offrono queste aree oggi? Ci sono Paesi, infra-area, più interessanti di altri?

I Paesi dell’Asia centrale stanno vivendo una fase di sviluppo incredibile. Dopo un periodo un po’ letargico, seguito dall’uscita dell’area di influenza sovietica, i governi hanno capito che la base dei loro sistemi produttivi non sono solo le grandi industrie minerarie ed estrattive ma piuttosto la piccola imprenditoria.  Specie quella attiva in quei nei settori dell’economia reale veramente in grado, se supportati, di far sviluppare il tessuti locali e quello nazionale: agricoltura e manifattura in primis). Oltre ad attuare politiche a sostegno delle piccole realtà, gli esecutivi si stanno orientando già al supporto degli investimenti ESG, favorendo l’iniziativa femminile, quindi l’inclusione di genere, e misure volte a proteggere l’ambiente. Per citarne alcuni: il Kazakistan, per il quale l’Asian Development Bank ha previsto che il Pil crescerà del 4,3%; il Kirghizistan, che nel 2023 dovrebbe crescere del 4,2%; il Tajikistan (+7,9%).

Ci sono settori merceologici più interessanti di altri?

In primis l’agricoltura. Ma anche il settore manifatturiero, il piccolo commercio, l’istruzione, i trasporti e il benessere, inteso sia nel senso di salute sia come svago (quindi servizi ricreativi).

In Europa e a livello globale l’impact investing si sta imponendo come trend. Come vede la situazione nel mercato italiano e quali sono le prospettive per il futuro? 

Le nuove generazioni di investitori si stanno avvicinando ai mercati finanziari. Hanno valori ed esperienze diverse rispetto ai loro predecessori e sono cresciuti con una maggiore consapevolezza dell’impatto delle proprie azioni e soprattutto degli effetti positivi che i loro investimenti possono generare. Sono molto più attenti e sensibili ad argomenti come la sostenibilità e vogliono essere protagonisti di un cambiamento positivo. Per quanto riguarda il mercato domestico, è difficile dare dei dati precisi ma gli effetti tenderanno a riprodurre i trend europei e globali. Negli Stati Uniti, ad esempio, la US SIF Foundation nel 2021 ha ricondotto a strategie di impact investing 8,4 trilioni di dollari di asset gestiti: in pratica, un dollaro su otto.  Un anno dopo, il dato era aumentato a un dollaro ogni tre. Credo che i numeri del 2023 confermeranno questa dinamica.

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