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Nell’ambito della conclusione di un affare, ed in specie di una compravendita immobiliare, può accadere che la misura e la proporzione della provvigione siano differenti per le due (o più) parti coinvolte.

Si può dare il caso, in particolare, che la provvigione, in misura d’uso sia espressamente rinunciata dal mediatore nei confronti di una parte (sovente, del venditore), così come, diversamente, può accadere che, in misura superiore (talora doppia) di quella d’uso, essa sia posta interamente a carico di una sola parte (in genere l’acquirente).

In realtà, a mente dell’articolo 1754 codice civile, il diritto alla provvigione sorge e permane nei confronti di tutte le parti del rapporto mediatizio che, in quanto tali, beneficiano della “messa in relazione” ai fini della conclusione dell’affare, in forza del contratto di mediazione tipicamente disciplinato dalla normativa codicistica.

A fronte di tale inqadramento, appare corretta la questione sulla legittimità di una attribuzione della provvigione ad una sola delle Parti, anche in funzione della posizione di intermediario, e dunque di terzo imparziale, che il mediatore dovrebbe assumere.

Come noto, infatti, il mediatore è soggetto, in forza della propria normativa professionale, a vincoli e ad incompatibilità (v. articolo articolo 5 comma 3 l. 39/1989, che recita: “L’esercizio dell’attività di mediazione è incompatibile con l’esercizio di attività imprenditoriali di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione, nonché con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o privato, o di dipendente di istituto bancario, finanziario o assicurativo ad esclusione delle imprese di mediazione, o con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi.”).

Vero è, tuttavia, che l’articolo 1755 comma 2 codice civile, con una formulazione ripresa dall’articolo 6 comma 2 della l. 39/1989 (in tema di usi), fa riferimento alla “misura della provvigione e alla proporzione con cui questa deve gravare su ciascuna delle Parti”, consentendo che, in mancanza di patto, di tariffe professionali o di usi, queste siano determinate dal giudice secondo equità.

Appare lecito, dunque, ipotizzare che la “proporzione” con cui la provvigione grava sulle Parti possa essere diversa, fino all’estremizzazione della stessa, ovvero all’azzeramento nei confronti di una di essa.

Peraltro, in tale ipotesi, la mediazione viene definita (quasi in un ossimoro) “unilaterale”, divenendo una figura contrattuale atipica ed assumendo i contorni e le caratteristiche di altra e diversa forma contrattale, che va a ritrovarsi in quella del mandato

Sul punto sono intervenute la Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 19161 del 2.8.2017, con la quale hanno affermato il seguente principio di diritto:

“…è configurabile, accanto alla mediazione ordinaria, una mediazione negoziale cosiddetta atipica, fondata su un contratto a prestazioni corrispettive, con riguardo anche ad una soltanto delle parti interessate (c.d. mediazione unilaterale). Tale ipotesi ricorre nel caso in cui una parte, volendo concludere un singolo affare, incarichi altri di svolgere un’attività intesa alla ricerca di un persona interessata alla conclusione del medesimo affare a determinate, prestabilite condizioni, e proprio per il suo estrinsecarsi in attività di intermediazione, rientra nell’ambito di applicabilità della disposizione prevista dalla L. n. 39 del 1989, articolo 2, comma 4, che, per l’appunto, disciplina anche ipotesi atipiche di mediazione per il caso in cui oggetto dell’affare siano beni immobili o aziende.”

In tal guisa, il Supremo Collegio raccoglie e fa proprio l’orientamento di una parte della giurisprudenza di merito, quale, ad esempio, quello della Corte d’Appello di Catanzaro espresso nella sentenza del 21.3.2017.

La Corte calabrese afferma, come “nel contratto di mediazione atipica il mediatore è un mandatario, giacché, sulla base della causa in concreto del contratto posto in essere, assume l’incarico di reperire un acquirente (oppure un venditore) o un locatario (oppure un locatore) di un immobile, con la previsione del diritto di esclusiva all’incaricato nonché il diritto di recesso per entrambi i contraenti. A fronte di dette prestazioni riceve un corrispettivo, nella percentuale convenuta sul prezzo di compravendita, con pagamento sospensivamente condizionato alla conclusione dell’affare.”

Il diritto a tale “corrispettivo” in realtà, non sorge più ex articolo 1755 codice civile, prosegue la Corte “nei confronti di ciascuna delle parti”  e per il solo effetto dell’intervento del mediatore, ma rimane “a carico del solo mandante, per quanto previsto agli articoli 1709 e 1720 codice civile, rispetto al quale è contrattualmente vincolato, nell’espletamento dell’incarico e delle connesse prestazioni”.

In conclusione, sia la giurisprudenza di merito che la (più autorevole) giurisprudenza di legittimità ritengono legittimo, mediante la c.d. mediazione unilaterale, che il mediatore possa ricevere la provvigione per la conclusione dell’affare solamente da una delle Parti, trattandosi in tale ipotesi, di una mediazione atipica, non rientrante nella disciplina di cui agli articoli 1754 e ss. codice civile ma in quella del contratto di mandato ex articoli 1703 e ss. codice civile.

 

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