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[1] R. Tiscini, I procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento e di liquidazione del patrimonio, in Riv. dir. proc., 2013, 649; G. Lo Cascio, L’ennesima modifica alla legge sulla composizione della crisi da sovraindebitamento, in Fall., 2013, 813; A. Guiotto, Nuove modifiche alla disciplina delle crisi da sovraindebitamento, in Fall., 2012, 1285. R. Battaglia, I nuovi procedimenti di composizione della crisi da sovraindebitamento dopo il maquillage della L. n. 3/2012, in Fall., 2013, 1433; M. Fabiani, Crescita economica, crisi e sovraindebitamento, in Corr. giur., 2012, 449. Per un riepilogo degli orientamenti giurisprudenziali sulla L. n. 3/2012, R. Battaglia, La crisi da sovraindebitamento nella giurisprudenza: lo stato dell’arte, in Fall., 2018, 233.

[2] Cass. 1° febbraio 2016, n. 1869, in Nuova giur. civ. comm., 2016, 989, con nota di F. Trubiani, Gli angusti orizzonti della nozione di consumatore nella disciplina della crisi da sovraindebitamento; in Fall., 2016, 661, con nota di F. Pasquariello, La Cassazione delinea il profilo del consumatore sovraindebitato.

[3] M. Ferro, La composizione della crisi da sovraindebitamento, in Sovraindebitamento e usura (a cura di M. Ferro), Milano, 2012, 50 ss.

[4] A. Crivelli, Il piano e la proposta nelle procedure di componimento della crisi da sovraindebitamento nella L. n. 3/2012 e nel CCII, in Fall., 2019, 713.

[5] F. Salerno, L’esdebitazione del consumatore, tra meritevolezza e responsabilità del finanziatore, in Fall., 2019, 1378; M. Lazzara, Riflessioni sulla meritevolezza del consumatore, in Dir. fall., 2017, 1571.

[6] M. Ferro, op. cit., 56. In merito alla nuova disciplina sull’esdebitazione contenuta nel Codice della crisi, v. D. Benincasa, L’esdebitazione, in Giur. it., 2019, 2033 ss.; L. Modica, Effetti esdebitativi (nella nuova disciplina del sovraindebitamento) e favor creditoris, in Contratti, 2019, 471.

[7] Sul punto sottolineava la disparità di trattamento, prima dell’entrata in vigore della L. n. 3/2012 tra i debitori che non potevano beneficiare dell’esdebitazione, pur avendo interesse a mettere a disposizione dei creditori il proprio intero patrimonio per liberarsi dai debiti L. Panzani, L’esdebitazione, in Il nuovo diritto fallimentare. Novità ed esperienze applicative a cinque anni dalla riforma (dir. da A. Jorio – M. Fabiani), Bologna, 2010, 826.

[8] V. art. 1, commi 2 e 3, CCII.

[9] Parla di chiusura del sistema dell’insolvenza M. Ferro, op. cit., 52.

[10] R. Rordorf, Prime osservazioni sul codice della crisi e dell’insolvenza, in Contratti, 2019, 2, 132.

[11] Legge 19 ottobre 2017, n. 155, Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi di impresa e dell’insolvenza.

[12] Direttiva UE 2019/1023 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 riguardante i quadri di ristrutturazione preventiva, l’esdebitazione e le interdizioni, e le misure volte ad aumentare l’efficacia delle procedure di ristrutturazione, insolvenza ed esdebitazione, e che modifica la direttiva (UE) 2017/1132 (direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza).

[13] Nel vigore della L. n. 3/2012 il legislatore ha predisposto, con l’art. 14 terdecies, un procedimento modellato su quello previsto negli artt. 142 ss. l.fall. per la procedura fallimentare. Non solo viene abolita questa ulteriore appendice procedimentale, ma sono significativamente ridotti anche i tempi. La liquidazione dei beni disciplinata negli artt. 14 ter ss., L. n. 3/2012 (in vigore fino a prossimo 15 agosto 2020) prevede una durata minima della procedura di quattro anni. L’art. 14 terdecies, comma 4, CCII, prevede, poi, che il debitore debba presentare il ricorso entro un anno dalla chiusura della procedura. L’art. 282 CCII stabilisce, invece, l’esdebitazione di diritto da pronunciare con il decreto di chiusura della procedura o, comunque, entro tre anni dalla sua apertura.

[14] M. Ferro, op. cit., 63.

[15] M. Tola, Procedure familiari e attività d’impresa, in Nuova giur. civ. comm., 2019, 1110.

[16] Le norme trovano corrispondenza, rispettivamente negli artt. 146, comma 1, lett. b) e 268, comma 3, lett. b), CCII.

[17] R. Brogi, I negozi traslativi nelle crisi familiari e l’art. 64 l.fall., in Fall., 2018, 305.

[18] Per Cass. 9 maggio 2019, n. 12264, si tratta di un patrimonio separato, destinato al soddisfacimento di specifici scopi che prevalgono sulla funzione di garanzia per la generalità dei creditori. Sul fondo patrimoniale F. Gazzoni, Manuale di diritto privato, Napoli, 2019, 374, il quale parla di patrimonio vincolato e destinato a far fronte ai bisogni della famiglia. V. anche A. Fusaro, Sub art. 167 c.c., in Commentario del codice civile (diretto da E. Gabrielli), Della famiglia (a cura di G. Di Rosa), Milano, 2018, 1236 ss.

[19] Nella pratica è stato fatto un uso strumentale dell’istituto, non tanto con finalità di tutela della famiglia, ma come modalità per tentare di sottrarre i beni alle iniziative dei creditori, v. A. Figone, Fondo patrimoniale e successivo fallimento del disponente, in Fall., 2010, 555.

[20] E. Contu, Povertà ed esclusione nella “società del debito”, in Contr. e impr., 2019, 4, 1564.

[21] L’art. 69, comma 2, CCII limita, con una previsione sanzionatoria, il potere di opposizione e di reclamo avverso l’omologazione del piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore da parte del creditore che abbia determinato colpevolmente la situazione di sovraindebitamento o ne abbia determinato l’aggravamento o abbia violato quanto previsto nell’art. 124 bis, D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385.

[22] M. Tola, op. cit., 1113.

[23] L’art. 66, comma 1, CCII fa espresso riferimento ad un unico progetto di risoluzione della crisi da sovraindebitamento e prevede, quale requisito alternativo alla convivenza, la circostanza che il sovraindebitamento abbia un’origine comune.

[24] D. Benincasa, Le procedure in caso di sovraindebitamento ai sensi dell’art. 2, 1° comma, lett. c), in Giur. it., 2019, 2039.

[25] Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), CCII si intende per crisi: “lo stato di difficoltà economico-finanziaria che rende probabile l’insolvenza del debitore e che per le imprese si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate.”. Al momento della stesura del presente contributo vi sono delle bozze (non ancora ufficiali) di un primo decreto correttivo – in attuazione di una legge del marzo 2019 che proroga la delega per altri due anni al fine di consentire ulteriori modifiche al CCII – che preannuncia la sostituzione delle parole stato di difficoltà economico-finanziaria, con stato di squilibrio economico-finanziario. Sulla proroga di cui alla legge 8 marzo 2019, n. 20, M. Ferro, Codice della crisi dell’impresa: estesa la delega sulla riforma concorsuale fino al 2022, in Quot. Giur., 25 marzo 2019.

[26] Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), CCII si intende per insolvenza: “lo stato de debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

[27] Nel vigore della legge fallimentare si tratta del soggetto che ha le soglie di fallibilità indicate nell’art. 1, comma 2, l.fall., mentre nel Codice della crisi è l’imprenditore munito delle soglie necessarie per l’assoggettamento alla liquidazione giudiziale (destinata a prendere il posto della procedura fallimentare) e indicate nell’art. 2, comma 1, lett. d), CCII.

[28] L. D’Orazio, Il sovraindebitamento nel codice della crisi e dell’insolvenza, in Fall., 2019, 697 ss.

[29] Si prende a riferimento solo la persona fisica, dal momento che il tema è incentrato sulle procedure di sovraindebitamento che riguardano i membri di una stessa famiglia.

[30] Ciò potrà avvenire in presenza dei requisiti descritti nel par. successivo.

[31] V. art. 191 c.c. È da rilevare come in caso di liquidazione dei beni ex artt. 14 ter ss., L. n. 3/2012, così come in merito alla liquidazione controllata del sovraindebitato di cui agli artt. 267 ss. CCII, manchi un’analoga previsione, nonostante il parallelismo pieno delle procedure richiamate, rispettivamente, con la procedura di fallimento e con quella di liquidazione giudiziale (destinata a prendere il posto della prima nel Codice della crisi). Due sono le possibili soluzioni: la prima è quella di un’applicazione analogica della norma dell’art. 191 c.c. anche all’ipotesi di apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato. La seconda fa leva sul principio affermato dal giudice di legittimità secondo il quale: “La natura di comunione senza quote della comunione legale dei coniugi comporta che l’espropriazione, per crediti personali di uno solo dei coniugi, di un bene (o di più beni) in comunione abbia ad oggetto il bene nella sua interezza e non per la metà, con scioglimento della comunione legale limitatamente al bene staggito all’atto della sua vendita od assegnazione e diritto del coniuge non debitore alla metà della somma lorda ricavata dalla vendita del bene stesso o del valore di questo, in caso di assegnazione (principio affermato ai sensi dell’art. 363 cod. proc. civ.).” (Cass. 14 marzo 2013, n. 6575, in Nuova giur. civ. comm., 2013, I, 663, con nota di C. Costa, Responsabilità della comunione per debiti personali dei coniugi: ancora non chiaro il concetto di quota. Secondo R. Amagliani, Sub art. 191 c.c., in Commentario del codice civile (diretto da E. Gabrielli), La famiglia (a cura di G. Di Rosa), Milano, 2018, 1489, per le procedure concorsuali diverse del fallimento occorre considerare che il coniuge ha uno strumento di portata generale per ottenere lo scioglimento della comunione, costituito dalla separazione giudiziale dei beni (art. 193 c.c.), con la conseguenza che, ove non si avvalga di tale opportunità, occorre propendere per il mantenimento del regime legale. L’A. evidenzia che, laddove la procedura concorsuale determini lo spossessamento per il fallito dei beni, l’ingerenza dei terzi nel suo patrimonio osterà al permanere del regime legale.

[32] Ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. e), CCII è consumatore “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno di tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro V del codice civile, per i debiti estranei a quelli sociali”. V. L. D’Orazio, op. cit., 702.

[33] Mentre l’art. 2, lett. c), CCII esclude dalla nozione di sovraindebitamento il debitore assoggettabile alla liquidazione giudiziale, la lettera e) della stessa norma qualifica il socio illimitatamente responsabile come consumatore solo se l’esposizione debitoria sia estranea a quella sociale.

[34] È preannunciata la pubblicazione di un decreto correttivo, il quale prevede l’abolizione dell’art. 65, comma 4, CCII, v. supra, nota 25 e infra, nota 37.

[35] Peraltro, l’art. 79, comma 4, CCII prevede già che il concordato minore della società produca effetti anche per i soci illimitatamente responsabili.

[36] In tale ipotesi, trattandosi di socio illimitatamente di impresa minore (non soggetta a liquidazione giudiziale) viene meno la preclusione ricavabile dalla nozione di sovraindebitamento delineata nell’art. 2, comma 1, lett. c), CCII, in base al quale il debitore non deve essere assoggettabile alla liquidazione giudiziale.

[37] È da rilevare, tuttavia, come la probabile imminente pubblicazione d’un decreto correttivo (sopra a nota 25) dovrebbe modificare l’art. 270 CCII, con il prevedere che la sentenza di apertura della liquidazione del sovraindebitato produca i suoi effetti anche nei confronti dei soci illimitatamente responsabili e che si applichi, in quanto compatibile, l’art. 256 CCII. Si avrà così, dal un lato, che la posizione del socio illimitatamente responsabile avrà un trattamento paritario, con riferimento all’estensione della procedura liquidatoria aperta nei confronti della società, a prescindere dal superamento delle soglie dimensionali di cui all’art. 2, comma 1, lett. d), CCII. Dall’altro lato, occorre evidenziare che con riferimento alle società prive di tali requisiti dimensionali e, conseguentemente, soggette all’apertura della liquidazione controllata del sovraindebitato ex art. 268 ss. CCII, non sarà possibile articolare un piano unitario ex art. 66 CCII che comprenda anche i membri della famiglia del socio illimitatamente responsabile. Quest’ultimo vedrà, infatti, regolata l’esposizione debitoria per i debiti sociali all’interno della procedura liquidatoria aperta nei confronti della società.

[38] Per i requisiti v. par. succ.

[39] G. Di Rosa, Sub art. 230 bis c.c., in Commentario del Codice civile (diretto da E. Gabrielli), Della famiglia (a cura di G. Di Rosa), Milano, 2018, 1677 ss. L’A. (1679 e 1702) osserva che tra le persone menzionate nell’art. 230 bis, comma 3, c.c. (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo), debba intendersi anche la parte dell’unione civile, ai sensi dell’art. 1, comma 13, L. 20 maggio 2016, n. 76. Sul punto v. L. Ghidoni, Unione civile e impresa familiare: la disarmonia di una mera estensione normativa, in questa Rivista, 2017, 7, 701. Con riferimento ai rapporti di convivenza v. M. Tola, Impresa familiare e convivenze, in Riv. dir. civ., 2019, 705.

[40] Per i requisiti v. par. succ.

[41] La natura giuridica dell’impresa familiare è controversa: alla tesi di chi vi ravvisa un’impresa collettiva (Cass. 16 ottobre 1999, n. 11689), rilevante davanti ai terzi anche ai fini dell’assunzione di una responsabilità collettiva nei confronti dei terzi si contrappone quella che attribuisce l’esclusiva titolarità all’imprenditore (Cass. 2 dicembre 2015, n. 24560). V. G. Di Rosa, op. cit., 1704 e L. Balestra, Attività d’impresa e rapporti familiari, in Trattato teorico-pratico di diritto privato (diretto da G. Alpa – S. Patti), Milano, 2009, 143 ss., ai quali si rinvia anche per la ricostruzione del dibattito in dottrina e in giurisprudenza. Su tale dibattito, quanto meno a livello, giurisprudenziale, è da considerare risolutivo l’intervento del massimo consesso di legittimità, il quale ha affermato la natura esclusivamente individuale dell’impresa familiare: così Cass., SS.UU., 6 novembre 2014, n. 23676, in questa Rivista, 2015, 768, con nota di M. Martino, Sulla compatibilità tra impresa familiare e impresa societaria; in Nuova giur. civ. comm., 2015, I, 355, con nota di G. B. Barillà, Impresa familiare e forma societaria: due modelli incompatibili (al quale si rinvia anche per la bibliografia sulla vexata quaestio della natura individuale o collettiva dell’impresa familiare); in Corr. giur., 2015, 1249, con nota di A. Scotti, Dalla Corte di cassazione un’occasione per tornare a riflettere sulla compatibilità tra impresa familiare e forme collettive di impresa.

[42] In questo senso anche M. Tola, op. cit., 1114.

[43] Come già rilevato viene in rilievo, ai fini dell’art. 66 CCII, solo l’imprenditore individuale che eserciti un’attività commerciale e sia privo delle soglie previste nell’art. 2, comma 1, lett. d), CCII o che sia imprenditore agricolo, a prescindere dalle soglie dimensionali dell’impresa. V. M. Tola, op. cit., 1116.

[44] Sulla nozione di gestione straordinaria v. L. Balestra, op. cit., 262. Per l’A. occorre guardare alla natura e alle dimensioni dell’impresa, all’importanza dell’atto e alle conseguenze che da esso scaturiscono.

[45] A prescindere da eventuali contrasti familiari è da richiamare la norma dell’art. 79, comma 4, CCII che non ammette al voto e non computa ai fini del raggiungimento delle maggioranze sulla proposta di concordato minore il coniuge, la parte dell’unione civile e il convivente di fatto del debitore di cui alla L. n. 76/2016.

[46] Nella L. n. 3/2012 il consumatore può accedere, indistintamente a tutte e tre le procedure (accordo di composizione della crisi, piano del consumatore e liquidazione dei beni), mentre chi non è consumatore può accedere solo all’accordo di composizione della crisi o alla liquidazione dei beni. In senso critico verso la scelta fatta dal legislatore delegato nel Codice della crisi, v. L. D’Orazio, op. cit., 699.

[47] La norma prevede che la liquidazione del compenso dovuto all’organismo di composizione della crisi sia ripartita tra i membri della famiglia in misura proporzionale all’entità dei debiti di ciascuno, evocando così l’idea di una liquidazione unitaria.

[48] In presenza di una norma definitoria come l’art. 2 CCII (che nel proprio incipit precisa che Ai fini del presente codice si intende per ..), la nozione di consumatore sarà quella delineata all’interno di quest’ultima norma e individuata, pertanto, nella persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile per debiti estranei a quelli sociali.

[49] Si tratta di una soluzione adottata dal legislatore nell’art. 287 CCII con riferimento al gruppo di imprese. La norma prevede tale possibilità quando risultino opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi, in funzione della miglior soddisfazione dei creditori, fermo restando il principio di autonomia delle masse. Tale soluzione interpretativa deve ritenersi ammissibile anche nell’ipotesi dell’art. 66, comma 1, CCII, quanto meno laddove siano opportune forme di coordinamento nella liquidazione degli attivi. L’unicità di procedura consente di avere, infatti, un unico liquidatore e di poter svolgere le attività di liquidazione in un contesto unitario, ferma restando l’autonomia delle masse attive e passive dei singoli soci.

[50] L. D’Orazio, op. cit., 705.

[51] V. art. 33 CCII. Si rinvia al paragrafo precedente per quanto riguarda la posizione del socio illimitatamente responsabile di società di persone e per il socio di società di capitali.

[52] Rispetto al concordato di gruppo disciplinato nell’art. 284 CCII, che prevede sia un piano unitario sia più piani reciprocamente collegati e interferenti l’art. 66, comma 1, CCII ha una struttura più rigida, consentendo la sola predisposizione di un progetto unitario.

[53] OCC: “Organismi di Composizione delle Crisi” da sovraindebitamento disciplinati dal decreto del Ministro della giustizia del 24 settembre 2014, n. 202 e successive modificazioni, che svolgono i compiti di composizione assistita della crisi da sovraindebitamento ora previsti dal CCII.

[54] La norma con riferimento al concordato preventivo stabilisce che: “Nel concordato liquidatorio l’apporto di risorse esterne deve incrementare di almeno il dieci per cento, rispetto all’alternativa della liquidazione giudiziale, il soddisfacimento dei creditori chirografari, che non può essere in ogni caso inferiore al venti per cento dell’ammontare complessivo dei crediti chirografari.”.

[55] È applicabile un criterio simile a quello previsto nell’art 285, comma 4, CCII per l’ipotesi del concordato di gruppo.

[56] Nella pratica sarà frequente che il ricorso all’art. 66, comma 4, CCII sarà conseguenziale ad un tentativo, con esito negativo di un piano unitario di gruppo ex art. 66, comma 1, CCII, sia per la mancanza delle condizioni di ammissibilità riferibili ad un membro della famiglia, sia per l’insuccesso di eventuali trattative con i creditori. Tale ipotesi porterà ad una serie di domande distinte e contestuali presentate dal medesimo OCC davanti ad un unico ufficio giudiziario.

[57] La preannunciata modifica dell’art. 270 CCII con la previsione dell’estensione al socio illimitatamente responsabile della procedura di liquidazione controllata nei confronti del sovraindebitato aperta nei confronti della società priva delle soglie dimensionali previste nell’art. 2, comma 1, lett. c), CCII, fa sorgere un’ulteriore questione. Seguire un’interpretazione ampia dell’art. 66, comma 4, CCII porterà a concentrare davanti all’organo giudiziario presso il quale è pendente la procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato aperta nei confronti della società e quella (in estensione) del socio illimitatamente responsabile, anche quella relativa ai familiari di quest’ultimo che si trovino in stato di sovraindebitamento. Ciò comporterebbe, in termini di competenza, una vis actractiva del tribunale competente per la società individuato ai sensi dell’art. 27, comma 2, CCII, con l’operatività della presunzione di cui all’art. 27, comma 3, lett. c), CCII, relativa alla sede legale della società.

 

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