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Wikipedia è stato aggiornato:Roberto Maria Ferdinando Scarpinato (Caltanissetta, 14 gennaio 1952) è un politico ed ex magistrato italiano”, recita. Forse manca una ulteriore attività: “Mediatore immobiliare”. Perché se da senatore della Repubblica deve ancora insediarsi – lo farà la settimana prossima – e da magistrato si è già congedato, è l’attività di compravendita immobiliare che sembra averlo a lungo appassionato. Dalla Procura di Palermo ha chiuso la porta dietro di sé lasciando un alone di mistero sul quale facciamo parlare le carte: con i tanti interrogativi aperti sulla natura dei suoi rapporti con Antonello Montante, condannato in appello per associazione a delinquere, Scarpinato si troverà sempre a fare i conti.

Lo stesso Matteo Renzi, in campagna elettorale, aveva scoperchiato la pentola: “Io quando penso a Roberto Scarpinato penso alle pagine di Luca Palamara. Il sistema Montante, le raccomandazioni. Noi non prendiamo lezioni di antimafia da chi come Roberto Scarpinato ci cela il suo rapporto con Montante e siamo costretti a leggerlo sul libro di Palamara”. Ed ecco come Palamara riassume il caso, che parte da un compagno di cordata elettorale, anch’egli eletto (ma alla Camera) con il Movimento Cinque Stelle: “Cafiero de Raho nell’ottobre del 2017, come da accordi con Minniti, viene nominato alla Direzione nazionale antimafia, non prima di aver superato un pericoloso scoglio, la prestigiosa e inattesa candidatura per quello stesso posto del procuratore generale della Corte d’Appello di Palermo, Roberto Scarpinato”.

Luca Palamara dettaglia: “Ma anche Scarpinato, fortemente sostenuto dalle correnti di sinistra, all’ultimo incappa in un problema che giaceva dormiente al Csm dal 2016”. E già in quel dormiente giacere c’è la prima avvisaglia di qualcosa che non torna. Di cosa parla, Palamara, a proposito del sonnacchioso Csm? “Parliamo – scrive a pag. 163 de Il Sistema dell’inchiesta che ha portato prima all’arresto e poi alla condanna in primo grado a 14 anni di carcere di Antonello Montante, il presidente di Confindustria Sicilia paladino dell’antimafia, che aveva organizzato una rete spionistica per controllare il sistema politico-economico siciliano e trarne indebiti vantaggi”. E qui si precisa meglio anche di quali fatti si parli.

“Nel fascicolo mandato al Csm si fa riferimento a un foglio trovato durante la perquisizione a Montante, con in dettaglio i voti che Scarpinato avrebbe dovuto conseguire nel plenum del Csm che nel 2013 lo nominò procuratore generale di Palermo. Per quella vicenda il pubblico ministero di Catania, Rocco Liguori, che indagava sul caso, decise l’archiviazione per un “comportamento discutibile, che però non costituisce reato”. Varrà la pena di andare a leggere le motivazioni dell’archiviazione. Scrive il giudice Liguori: “Il Montante dichiarava che il dottor Scarpinato non gli aveva mai parlato di quella sua candidatura, e in merito alla piantina dell’immobile sito nel centro di Palermo di proprietà di parenti del dottor Scarpinato, lo stesso Montante dichiarava di essersi sì interessato all’acquisto, ma di non aver dato seguito all’affare”. La chiosa di Palamara è amara: “Gli esposti arrivati al Csm su questa vicenda non decolleranno mai”.

Salta all’occhio la ricorrenza degli affari immobiliari, anche nel documento della Procura catanese. Una piantina “di un immobile sito nel centro di Palermo”. Avevamo dato conto qualche giorno fa dello strano caso segnalato al Ministro della Giustizia del 2001 da uno dei suoi predecessori, Filippo Mancuso. L’avvocato e parlamentare siciliano aveva chiesto alle istituzioni più alte del Paese, con una interrogazione parlamentare, di aprire gli occhi sulla vicenda della compravendita di un immobile a Sciacca (Agrigento), venduto da Scarpinato alla moglie di un suo ex indagato, nel frattempo archiviato. Il ministro guardasigilli dell’epoca, Oliviero Diliberto, aveva dato una risposta che non aveva soddisfatto il richiedente e che suonava pressappoco così: “La compravendita c’è stata, tramite agenzia immobiliare, anni dopo l’archiviazione. Non si ravvisano comportamenti che violano la legge o la deontologia”.

Una formula che ricorre spesso, nella vita di Scarpinato. Dove, per esempio? Apriamo il faldone con il quale la Procura di Catania provava a mettere in fila le carte: ci troviamo davanti a una ulteriore notizia di attività immobiliare, che se anche non sembra essersi finalizzata, certamente è stata intrapresa. Siamo nel novembre 2016, il caso della doppia vita di Montante, paladino antimafia di giorno e confidente delle famiglie di notte, è ormai esploso. Il Sostituto procuratore Liguori scrive in atti: “Nella perquisizione presso l’abitazione di Montante Antonello, sottoposto a indagini per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, venivano rinvenute, all’interno di dispositivi elettronici nella disponibilità del Montante (e di un suo stresso collaboratore), una serie di cartelle contenenti numerosi file relativi ai rapporti tra lo stesso Montante ed alcuni magistrati”. Le cartelle trasmesse facevano riferimento a quali magistrati? Le carte parlano di Roberto Scarpinato, dopo aver fatto la gimcana tra una serie di Omissis che appongono i sigilli della massima riservatezza all’atto di inchiesta.

È ancora la Procura di Catania a dirci che tra Scarpinato e Montante il dialogo è fitto e concreto: c’è uno scambio di richieste, di segnalazioni, di nominativi che l’uno raccomandava all’altro. Un po’ grigiamente, gli uffici giudiziari annotano: “Venivano evidenziati una serie di appuntamenti del Montante con il predetto magistrato”. La disamina del materiale rinvenuto è articolata, ma a richiamare l’attenzione del cronista è un paragrafo in particolare del foglio 2: “Tra gli appunti conservati dal Montante compariva in data 13.12.2010 la consegna di una piantina di un’abitazione sita a Caltanissetta di proprietà di parenti del Dr. Scarpinato. La stessa piantina veniva rinvenuta anche tra i file in sequestro al Montante”. Dunque risulta agli atti che un interessamento per l’acquisto di quell’immobile vi fu, e se a riceverlo fu come risulta il Montante, a sottoporgliene l’opportunità non poteva essere altri chi ne aveva indirettamente la disponibilità, Scarpinato.

Non sappiamo a che titolo Scarpinato sembra aver trattato con Montante la compravendita di quell’immobile, possiamo solo sperare di ricevere dall’interessato un chiarimento utile a fugare ogni dubbio. Quanto risulta agli atti, conferma la richiesta avanzata dal giudice: “Con riferimento all’abitazione sita nel centro storico di Caltanissetta, di proprietà dei parenti del dr. Scarpinato, il Montante riferiva che l’immobile era in vendita e di essersi interessato per l’acquisto, ricevendo anche la piantina dell’immobile, ma di non aver dato seguito a contrattazioni”. Ed ecco anche a Catania il ritorno della formula dell’archiviazione per il magistrato, previa solita tiratina d’orecchi: “Tale condotta, in assenza di altri elementi di difficile accertamento, per quanto discutibile, non può ritenersi penalmente illecita”.

Abbiamo iniziato a esaminare le carte e subito ci troviamo davanti a una condotta che gli stessi magistrati definiscono “discutibile” e che riguarda già, per quello che sappiamo, tre operazioni immobiliari che il neo senatore del Movimento Cinque Stelle aveva tanto a cuore da finire per parlarne perfino con soggetti non proprio raccomandabili, in odore di mafia: una a Sciacca, una a Palermo, una a Caltanissetta. In tanti casi i giornali hanno scritto del Risiko delle Procure. Nel caso di Scarpinato era piuttosto Monopoli.

 

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