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Vivere a Milano è un salasso. Sia i prezzi al metro quadrato, per chi compra, sia i canoni d’affitto, per chi punta alla locazione, sono sempre alle stelle e ormai diversi report registrano un aumento delle richieste verso le località dell’hinterland.

Il Comune, in realtà, ci prova a raddrizzare la china, e le cronache sono piene di grandi progetti di riqualificazione urbana, dove viene sottolineata con insistenza la parte di residenziale “accessibile”, ossia la realizzazione di alloggi abbordabili, destinati ai nuclei meno abbienti. Eppure, non sembra essere sempre così.


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“Reinventing cities”

Non ha funzionato l’ultimo capitolo dell’iniziativa “Reinventing cities”, una sorta di competizione globale, promossa dal gruppo C40 Cities Climate Leadership Group, network che comprende 96 metropoli di tutto il mondo.

Il bando internazionale, nel caso milanese, metteva all’asta sei porzioni di territorio in altrettante aree periferiche della città (da Abbiategrasso alla Bovisasca), offrendole a un prezzo soltanto simbolico, con base d’asta 1 euro, per promuovere la realizzazione di appartamenti a prezzi convenzionati.

L’obiettivo, come spiegato dallo stesso Comune in una nota, era “sfidare” il mercato con soluzioni a prezzi abbordabili, prevalentemente in affitto, a 85 euro al metro quadro all’anno. Detto in altre parole, offrire appartamenti di piccolo taglio, che costassero circa 425 euro al mese. Un valore che a Milano normalmente non permette di affittare neanche un monolocale, al massimo una stanza singola.

Gli alloggi in costruzione sarebbero stati assegnati sotto forma di Erp (edilizia residenziale pubblica) o Ers (edilizia residenziale sociale), dove la prima indica le cosiddette “case popolari” per i ceti più bassi, cui si accede tramite bando gestito direttamente dal Comune o dalle società preposte (tipo Aler o MM).

La seconda, invece, quell’edilizia destinata a famiglie di ceto medio o medio basso, che non maturano i requisiti per accedere alle Erp, ma non possono comunque permettersi i canoni del libero mercato

La nota dell’amministrazione

Date le mutate condizioni dei costi di costruzione e di costo del denaro, durante la gara nei quesiti si è aperto alla possibilità di presentare progetti anche con piani finanziari diversi purché nel rispetto degli obiettivi sociali alla base del bando” specifica l’amministrazione in una nota.

Tuttavia, non è bastato; solo un’area, la più piccola (1.800 mq in Bovisasca) ha ottenuto una proposta. Per le altre cinque non è arrivata alcuna manifestazione d’interesse. 

L’assessore alla Casa di Milano, Pierfrancesco Maran ha sottolineato che a incidere, oltre a un aumento dei costi di costruzione, sono stati sia il costo del denaro “sia la propensione dei fondi immobiliari a sostenere iniziative con ritorni più alti rispetto a quelli possibili con iniziative in edilizia convenzionata”.

Questo, in effetti, rappresenta uno degli aspetti principali. Fondi, Sgr o altri soggetti istituzionali, sia nazionali sia esteri, sono sempre interessati a sostenere il “mattone”.

Di norma, però, le grandi opere di riqualificazione urbana prevedono di ricreare un mix di funzioni, tra aree verdi, residenziale in vendita, uffici, negozi, che alla fine determinano un ritorno interessante.

E se anche qualche centinaio di alloggi viene riservato all’edilizia popolare, il guadagno è comunque salvo. Ma se l’operazione ha come oggetto esclusivamente lo sviluppo di case per i più poveri, il gioco non vale la candela.

Gli altri progetti a Milano

Basta dare un’occhiata ai numeri di altri grandi progetti per capire la differenza. A ovest di Milano, nell’area dell’ex trotto di San Siro, sarà sviluppato un grande progetto da 450 milioni di euro complessivi, con capofila Hines, che nella parte residenziale prevede di realizzare fino a 800 appartamenti vincolati a un canone convenzionato.

Non sarà strettamente edilizia sociale, ma saranno costruiti appartamenti in cui le famiglie potranno vivere con circa mille euro al mese di affitto per 100 metri quadrati. Accanto a questi, però, nasceranno anche circa 400 alloggi da rivendere sul libero mercato. Per ipotesi, calcolando 400 alloggi in media da 70 metri quadrati, venduti a 4mila euro al metro (una stima prudenziale, visto che si tratta di “nuovo”), il ricavo potenziale è di 112 milioni di euro. 

Un altro progetto milanese, di taglio più piccolo, mostra però come la strada più praticabile nel mercato di oggi sia il coinvolgimento di investitori diversi tra loro e caratterizzati da uno status non esclusivamente privato e finanziario.

È stato presentato da poco un piano che porterà alla riqualificazione di circa 200 appartamenti nel quartiere “cinese” di via Sarpi (edifici che oggi appartengono al Policlinico di Milano), in futuro destinati a famiglie della “fascia intermedia”, che cioè non sono in grado di accedere né al libero mercato né all’edilizia residenziale pubblica. Innanzitutto, il progetto ha ricevuto un finanziamento da 34 milioni di euro da parte di un soggetto pubblico comunitario come la Bei (Banca europea per gli investimenti).

Ed è promosso da un fondo (fondo Ca’ Granda) gestito da un soggetto finanziario come Investire Sgr, ma sottoscritto da due fondazioni (Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e la fondazione Cariplo) e da un altro soggetto che in ultimo rimanda al pubblico, ossia la Cassa depositi e prestiti (in questo caso Cdp Real Asset Sgr).


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