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Cassazione civile sez. I, n. 33724 del 16/11/2022

MASSIMA ESTRATTA N. 1:

“La scrittura privata che viene in rilievo ai fini della verifica in discorso, laddove la domanda di insinuazione riguardi un credito derivante dal saldo negativo di un conto corrente intestato al fallito, è il contratto con il quale banca e cliente si determinano all’apertura del rapporto, l’accertamento della cui data certa ex art. 2704 c.c. [1], consente di opporre alla massa dei creditori il suo contenuto negoziale. Trattandosi di contratto che richiede la forma scritta ad substantiam, la sua prova non può essere data con altro mezzo (cfr. Cass. 17080/2016; nello stesso senso Cass. 4705/2011, Cass. 2319/2016, secondo cui la prova del contratto privo di data certa può essere data con ogni mezzo, “salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso”). L’inopponibilità della scrittura negoziale avente ad oggetto un contratto di c/c equivale, in buona sostanza, a mancanza di prova dell’esistenza del contratto. In difetto di tale prova, la banca non può avvalersi di altri mezzi istruttori, quali ad esempio gli estratti integrali del conto, al fine di veder accertato il credito di cui chiede l’ammissione: la verifica dell’andamento e delle modalità di svolgimento del rapporto per l’intera sua durata, ovvero del riscontro dell’effettiva e corretta esecuzione delle operazioni da cui scaturisce il saldo a debito del correntista, attiene, infatti, a un tema di indagine successivo, che in tanto può essere affrontato in quanto sia accertata o non sia in contestazione la sussistenza della fonte contrattuale che a detto rapporto ha dato origine. Nel caso di specie la mancanza, pacifica, di data certa dei contratti di conto corrente e di anticipazione al s.b.f. dedotti in giudizio era, pertanto, sufficiente a escludere che l’odierna ricorrente avesse fornito la prova di cui era onerata”.

 

MASSIMA ESTRATTA N. 2:

“Secondo la giurisprudenza di questa Corte, il creditore che agisce in sede di verifica del passivo fallimentare in base a un contratto di mutuo è tenuto a fornire la prova dell’esistenza del titolo, della sua anteriorità al fallimento e della disciplina dell’ammortamento, con le scadenze temporali e con il tasso di interesse convenuti (Cass. 16214/2015), mentre la produzione del piano di ammortamento non costituisce elemento indefettibile della prova del residuo credito da mutuo, specie ove i requisiti costitutivi delle reciproche obbligazioni, e in particolare quella restitutoria, risultino dalla chiara previsione contrattuale, dalla natura delle rate e dalla prevedibilità del loro importo per quota di interessi separata rispetto al capitale (v. Cass. 3015/2020, Cass. 26426/2017). Il tribunale, a fronte dell’ammissione parziale, per capitale e interessi, del credito vantato, la quale non poteva essere avvenuta se non sulla base di documentazione riconosciuta come avente data certa opponibile al fallimento e idonea a indicare anche i criteri di calcolo degli interessi, non poteva, in mancanza di alcuna impugnazione a questo proposito da parte del curatore (Cass. 9928/2018), opinare in senso contrario nell’apprezzare l’unico documento che assumeva rilievo ai fini dell’ammissione degli interessi, che era costituito dal contratto di mutuo contenente la disciplina dell’ammortamento. Di conseguenza, in caso di mancanza di uno specifico conteggio degli interessi dovuti alla stregua della disciplina negoziale o di contestazione di quello prodotto dalla creditrice, il giudice dei merito, non poteva limitarsi a disattendere la domanda, ma avrebbe dovuto procedere all’applicazione delle regole pattuite (anche disponendo, se del caso, consulenza contabile) allo scopo di individuare la somma spettante al creditore istante”.

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MOTIVAZIONE INTEGRALE:

Cassazione civile sez. I, n. 33724 del 16/11/2022

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il Tribunale di Roma, con decreto depositato in data 1 luglio 2015, rigettava l’opposizione L. Fall., ex art. 98, proposta da Banca […] s.p.a. per ottenere (per ciò che in questa sede ancora rileva) l’ammissione allo stato passivo di Impresa s.p.a. in amministrazione straordinaria dei crediti vantati a titolo di saldo debitore del c/c e del conto per anticipi al s.b.f., nonché del credito per interessi maturati in data successiva al 10.7.2013 su quello per sorte, già ammesso al passivo, corrispondente alle rate insolute dei finanziamenti da essa erogati a Impresa in bonis in pool con altre banche.

Il tribunale osservava: che la documentazione prodotta dalla banca a suffragio della richiesta di ammissione dei crediti derivanti dai contratti di conto corrente e di anticipazioni al s.b.f. non era opponibile – ex art. 2704 c.c. – alla procedura concorsuale, tanto più che non risultava provata la spedizione degli e/c prima dell’apertura della stessa, né risultava adempiuto l’obbligo della creditrice di trasmettere la documentazione scritta “completa e chiara”; che neppure poteva ritenersi provato il credito per interessi, sia perché non erano rinvenibili agli atti i conteggi richiamati dall’opponente, sia perché l’estratto conto integrale non era opponibile alla procedura.

3. Per la cassazione di questo decreto ha proposto ricorso Banca […] s.p.a. prospettando tre motivi di doglianza.

L’intimata Impresa s.p.a. in a.s. non ha svolto difese.

CONSIDERATO IN DIRITTO

che:

4. Il primo motivo di ricorso, che denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,2697,2704 e 2710 c.c., L. Fall., art. 99, comma 1, e art. 97, comma 2, art. 112 c.p.c., D.Lgs. n. 385 del 1993, artt. 50 e 119, investe la statuizione di rigetto dei crediti vantati in dipendenza dei contratti regolati in c/c.

Sotto un primo profilo, Banca […] s.p.a. assume che il giudice avrebbe violato il principio della corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, nonché il disposto dell’art. 115 c.p.c., ritenendo non accertato un fatto (l’invio degli estratti conto ad Impresa s.p.a. in bonis) che il Commissario straordinario aveva dato invece per ammesso, essendosi limitato ad eccepire che non v’era prova che la correntista non li avesse contestati, e andando così “oltre” l’eccezione sollevata dalla procedura.

Sotto altro profilo, la ricorrente sostiene che se il rapporto giuridico dal quale scaturisce il credito è di durata, come nel caso dei rapporti di c/c bancario, la computabilità della sua data riguardo ai terzi, ex art. 2704 c.c., non può essere desunta unicamente dal fatto che il documento contrattuale sia dotato ex se di data certa, perché ciò equivarrebbe a trasformare la certezza della data da requisito di opponibilità della scrittura ad elemento costitutivo del contratto; deduce, per contro, che il rapporto non può essere disconosciuto “se sussistente e adeguatamente provato con ogni altro mezzo legalmente previsto” (pag. 9 del ricorso): nella specie, pertanto, avendo essa prodotto gli estratti integrali del conto, il tribunale avrebbe dovuto ammettere il credito, con tutti i suoi accessori, nonostante il contratto fosse privo di data certa, perché la ricostruzione totale del rapporto consentiva di ritenere “tali emolumenti concordati in data anteriore al fallimento”.

5. Il motivo non è fondato.

5.1 Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (si veda, per tutte, Cass., Sez. U., 4213/2013) il curatore, in sede di formazione dello stato passivo, deve considerarsi terzo rispetto al rapporto giuridico posto a base della pretesa creditoria fatta valere con l’istanza di ammissione, conseguendone l’applicabilità della disposizione contenuta nell’art. 2704 c.c., comma 1.

Ne discende che l’onere probatorio incombente sul creditore istante in sede di ammissione al passivo può ritenersi soddisfatto ove questi produca documentazione idonea, perché dotata di data certa antecedente all’apertura del concorso, e come tale opponibile ai creditori, a dimostrare la fondatezza della pretesa formulata.

5.2 La scrittura privata che viene in rilievo ai fini della verifica in discorso, laddove la domanda di insinuazione riguardi un credito derivante dal saldo negativo di un conto corrente intestato al fallito, è il contratto con il quale banca e cliente si determinano all’apertura del rapporto, l’accertamento della cui data certa ex art. 2704 c.c., consente di opporre alla massa dei creditori il suo contenuto negoziale.

Trattandosi di contratto che richiede la forma scritta ad substantiam, la sua prova non può essere data con altro mezzo (cfr. Cass. 17080/2016; nello stesso senso Cass. 4705/2011, Cass. 2319/2016, secondo cui la prova del contratto privo di data certa può essere data con ogni mezzo, “salve le limitazioni derivanti dalla natura e dall’oggetto del contratto stesso”).

L’inopponibilità della scrittura negoziale avente ad oggetto un contratto di c/c equivale, in buona sostanza, a mancanza di prova dell’esistenza del contratto.

In difetto di tale prova, la banca non può avvalersi di altri mezzi istruttori, quali ad esempio gli estratti integrali del conto, al fine di veder accertato il credito di cui chiede l’ammissione: la verifica dell’andamento e delle modalità di svolgimento del rapporto per l’intera sua durata, ovvero del riscontro dell’effettiva e corretta esecuzione delle operazioni da cui scaturisce il saldo a debito del correntista, attiene, infatti, a un tema di indagine successivo, che in tanto può essere affrontato in quanto sia accertata o non sia in contestazione la sussistenza della fonte contrattuale che a detto rapporto ha dato origine.

Nel caso di specie la mancanza, pacifica, di data certa dei contratti di conto corrente e di anticipazione al s.b.f. dedotti in giudizio era, pertanto, sufficiente a escludere che l’odierna ricorrente avesse fornito la prova di cui era onerata.

Ciò senza contare che il tribunale, con accertamento non specificamente contestato, ha ritenuto priva di data certa l’intera documentazione prodotta da Banca […] s.p.a. (ivi compresi, dunque, gli estratti integrali del conto e le distinte relative alle anticipazioni).

Ne consegue l’inammissibilità della censura con la quale la ricorrente contesta gli ulteriori (e superflui) accertamenti del giudice del merito, ciascuno dei quali integranti autonome rationes decidendi sottese al rigetto della domanda, secondo cui non risultava provata la spedizione degli estratti conto prima dell’apertura della procedura, né adempiuto da parte della banca l’obbligo di trasmettere la documentazione scritta “completa e chiara”.

6.1 Il secondo motivo di ricorso lamenta l’omesso esame dei documenti prodotti a dimostrazione del credito per interessi da finanziamento, costituiti dalla copia del contratto notarile con cui il mutuo era stato erogato e dai conteggi allegati sub doc. 2.6, ove erano espressamente ed analiticamente indicati gli elementi per la determinazione degli interessi dovuti sulla quota capitale residua.

6.2 Il terzo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1832,2697,2704 e 2710 c.c., L. Fall., art. 99, comma 1, e art. 97, comma 2, e art. 112 c.p.c..

La ricorrente deduce che l’ammissione ad opera del G.D. di parte del credito, per capitale e interessi, vantato in relazione al finanziamento in pool era evidentemente avvenuta sulla base di documentazione avente data certa anteriore al fallimento; dunque, il collegio dell’opposizione non poteva affermare la carenza di tale requisito rispetto a quella minima parte del medesimo credito rappresentata dagli interessi maturati dopo il 10.7. 2013.

7. I motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono fondati.

Lo stesso provvedimento impugnato dà conto (a pag. 3) dell’ammissione da parte del giudice delegato del credito vantato da Banca […] s.p.a. per quota di spettanza del finanziamento erogato con atto a rogito del notaio G. di Roma in data 15 novembre 2011 da un pool di banche, seppur per il minor importo di Euro 43.757.286,31, con esclusione del credito rivendicato per Euro 145.541,02 “per la parte degli interessi non documentati sulle linee A e B del finanziamento in pool” (pag. 7).

Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte, il creditore che agisce in sede di verifica del passivo fallimentare in base a un contratto di mutuo è tenuto a fornire la prova dell’esistenza del titolo, della sua anteriorità al fallimento e della disciplina dell’ammortamento, con le scadenze temporali e con il tasso di interesse convenuti (Cass. 16214/2015), mentre la produzione del piano di ammortamento non costituisce elemento indefettibile della prova del residuo credito da mutuo, specie ove i requisiti costitutivi delle reciproche obbligazioni, e in particolare quella restitutoria, risultino dalla chiara previsione contrattuale, dalla natura delle rate e dalla prevedibilità del loro importo per quota di interessi separata rispetto al capitale (v. Cass. 3015/2020, Cass. 26426/2017).

Il tribunale, a fronte dell’ammissione parziale, per capitale e interessi, del credito vantato, la quale non poteva essere avvenuta se non sulla base di documentazione riconosciuta come avente data certa opponibile al fallimento e idonea a indicare anche i criteri di calcolo degli interessi, non poteva, in mancanza di alcuna impugnazione a questo proposito da parte del curatore (Cass. 9928/2018), opinare in senso contrario nell’apprezzare l’unico documento che assumeva rilievo ai fini dell’ammissione degli interessi, che era costituito dal contratto di mutuo contenente la disciplina dell’ammortamento.

Di conseguenza, in caso di mancanza di uno specifico conteggio degli interessi dovuti alla stregua della disciplina negoziale o di contestazione di quello prodotto dalla creditrice, il giudice dei merito, non poteva limitarsi a disattendere la domanda, ma avrebbe dovuto procedere all’applicazione delle regole pattuite (anche disponendo, se del caso, consulenza contabile) allo scopo di individuare la somma spettante al creditore istante.

8. Il provvedimento impugnato va dunque cassato, con rinvio al Tribunale di Roma, il quale, nel procedere a nuovo esame della causa, si atterrà ai principi sopra illustrati, avendo cura anche di provvedere sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo, cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa al Tribunale di Roma in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2022.

Depositato in Cancelleria il 16 novembre 2022

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