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Il Consiglio dei Ministri del 30 aprile scorso, ha varato il DL che riforma le Politiche di coesione e il Dlgs per la Revisione del regime Irpef e Ires, quest’ultimo impreziosito da una misura per erogare nel gennaio del prossimo anno “un’indennità di 100 euro a favore dei lavoratori dipendenti, con reddito complessivo non superiore a 28.000 euro con coniuge e almeno un figlio a carico, oppure per le famiglie monogenitoriali con un unico figlio a carico”. Definito ironicamente “Bonus Befana”, è quello che l’esecutivo ha definito un primo passo – destinato ad una platea valutata in un milione e cento famiglie – che dovrebbe essere seguito (al netto delle coperture) da un intervento diretto sulle tredicesime, per cui era stata ipotizzata una sorta di flat tax.

Il bonus sarà erogato attraverso i sostituti d’imposta nel 2025, poiché nell’anno in corso è già stato dato fondo alle risorse per i primi 13 decreti legislativi attuativi della delega. “Il governo ha scelto di andare incontro alle fasce medio basse aggiungendo questo beneficio in un momento particolare come quello di fine anno per i dipendenti che hanno redditi non elevati – ha commentato il viceministro all’economia Leo – come primo obiettivo per il 2025 c’è il consolidamento delle famose tre aliquote spingendoci ancora oltre. Vedremo quale sarà il risultato del concordato preventivo biennale per le partite Iva cui dobbiamo tendere la mano ma anche fare in modo che dichiarino redditi coerenti con la loro capacità contributiva, per venire incontro al ceto medio, quello in maggior sofferenza”.

L’intento dell’esecutivo, come confermato dalla Premier Meloni ai sindacati, è proseguire sulla strada del sostegno alla crescita dell’occupazione verso un calo del numero di disoccupati e inattivi, ma senza mai dimenticare di “difendere il potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori più esposti”. A questo punta il pacchetto di misure per ridurre di due anni gli oneri retributivi, riqualificare i lavoratori delle grandi imprese in crisi e incentivare la nascita di nuove attività, con particolari attenzioni verso il mezzogiorno e l’occupazione di giovani, donne e categorie svantaggiate impiegati nella nuova Zes unica Mezzogiorno, la zona Economica Speciale che dal 1° gennaio scorso racchiude i comuni di diverse regioni (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Sicilia, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna).

L’intento del Decreto Coesione è anche di imprimere una forte accelerazione alle politiche di coesione che l’Europa assegna ogni sette anni e garantirebbero all’Italia 75 miliardi di euro. Rientrano nel DL Coesione i 18,5 milioni di euro per rinnovare fino al 15 giugno prossimo degli incarichi a 6.147 collaboratori scolastici assunti a tempo determinato per progetti legati al Pnrr e Agenda Sud, e i 450 milioni necessari per finanziare il programma “Scuola e competenze” 2021-2027.

Al termine del CDM, il ministro degli Affari Europei, Sud, Politiche di Coesione e Pnrr Raffaele Fitto, ha ammesso che negli ultimi due rapporti europei sui fondi di coesione per l’Italia “il quadro è poco edificante per l’efficacia della spesa, in particolare per la programmazione 2021-2027 gli impegni e le spese sono quasi pari a zero. L’obiettivo è quindi rimettere in moto risorse europee pari a 43 miliardi ai quali si aggiungono risorse nazionali di cofinanziamento per un importo complessivo di 75 miliardi. La riforma crea le condizioni perché i diversi fondi dialoghino e diventino complementari, evitando il rischio che marciassero in contrasto gli uni con gli altri”.

Il decreto – ha aggiunto Fitto – destina anche 1,2 miliardi di euro per gli interventi di bonifica e riqualificazione dell’area di Bagnoli, con l’obiettivo di “restituire ai cittadini un territorio per troppo tempo abbandonato al degrado alle porte di Napoli e valorizzarne la posizione strategica, anche in una prospettiva di rilancio industriale dell’intero Mezzogiorno”.



 

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