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Trasformare un magazzino pertinenziale in autofficina commerciale è cambio di destinazione d’uso rilevante che incide sul carico urbanistico. Lo chiarisce il Tar Lazio

Il cambio di destinazione d’uso può risultare rilevante ed incisivo sul carico urbanistico anche semplicemente con un utilizzo diverso dei locali, senza operare modifiche ed interventi edilizi (c.d. cambio di destinazione d’uso senza opere). Lo ha spiegato il Tar Lazio attraverso una recente sentenza, la n. 8497-2024.

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Cambio di destinazione d’uso da magazzino ad autofficina e la doppia conformità non verificata. Il caso

Un Comune rigettava l’istanza di un privato ad oggetto un accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. 380/2001 per cambio di destinazione d’uso da magazzino ad autofficina. Il motivo sostanziale del rigetto era dato dalla mancata verifica della doppia conformità per le seguenti condizioni:

  • configurazione del cespite: il Comune sosteneva che il locale in questione era un vano interrato e accessorio a servizio dell’edificio, quindi escluso dal computo della superficie edificabile prevista dal P.R.G. risalente al 1931;
  • impossibilità di dimostrare la legittimità della destinazione d’uso: il Comune rilevava che non risultava dimostrato un cambio d’uso risalente all’anno 1962 da magazzino a destinazione commerciale (come sostenuto dal privato) e che le autorizzazioni commerciali non erano sufficienti a dimostrare la legittima destinazione ad auto-officina del vano in questione;
  • incremento del carico urbanistico: il Comune sosteneva che il cambio di destinazione d’uso comportava un incremento del carico urbanistico, poiché il locale non era più destinato a funzioni accessorie ma a un uso produttivo, quindi soggetto a regime concessorio oneroso;
  • contrasto con le norme urbanistiche: il Comune rilevava che il cambio di destinazione d’uso violava le norme urbanistiche vigenti, in particolare le NTA del PRG, che escludeva i locali interrati o seminterrati destinati a funzioni accessorie dal computo della Superficie Utile Lorda.

Il privato decideva, quindi, di fare ricorso al Tar.

Secondo il ricorrente, il cambio di destinazione d’uso da magazzino ad autofficina doveva essere consentito per i seguenti motivi:

  • il locale in questione non costituiva un “piano completamente interrato”, quindi non è escluso dal computo della superficie edificabile prevista dal P.R.G. del 1931;
  • il ricorrente possedeva già numerose autorizzazioni (antincendio, dell’Ispettorato provinciale del Lavoro, ASL e DIA) che avrebbero attestato la legittima destinazione d’uso ad auto-officina del vano magazzino, in conformità alle N.T.A.;
  • il cambio di destinazione d’uso avrebbe riguardato la medesima categoria produttiva, quindi sarebbe stato da ritenersi urbanisticamente irrilevante ai sensi dell’art. 23-ter del D.P.R. n. 380/2001.

In sintesi, il ricorrente sosteneva che il locale non fosse stato escluso dal computo della superficie edificabile, che le autorizzazioni già possedute avrebbero dimostrato la legittimità della destinazione d’uso, che il cambio di destinazione sarebbe stato urbanisticamente irrilevante, in quanto riguardante la stessa categoria produttiva.

Per il Tar Lazio il cambio di destinazione d’uso, anche senza opere, da magazzino ad auto-officina è rilevante poiché non riguarda la stessa categoria funzionale

I giudici in accordo con quanto rilevato dall’amministrazione comunale in merito alla mancata doppia conformità urbanistica, chiariscono che secondo giurisprudenza maggioritaria:

il cambio di destinazione d’uso di un immobile da magazzino ad autofficina, ancorché compatibile nella medesima zona omogenea, interviene tra categorie edilizie funzionalmente autonome e non omogenee e, quindi, integra una modificazione edilizia con effetti incidenti sul carico urbanistico soggetta a regime concessorio oneroso, indipendentemente dall’esecuzione di opere.

In definitiva, il Tar ha stabilito che il cambio di destinazione d’uso da magazzino ad autofficina ha comportato un incremento del carico urbanistico, poiché il locale non era più destinato a funzioni accessorie ma a un uso produttivo. Inoltre, la sentenza ha chiarito che le autorizzazioni commerciali non erano sufficienti a dimostrare la conformità urbanistica, poiché queste autorizzazioni non erano correlate alle norme urbanistiche vigenti.

Il ricorso non è, quindi, accolto.

D.L. “Salva-Casa”: come sarebbe cambiato il giudizio del Tar Lazio in merito al cambio di destinazione d’uso da magazzino ad auto-officina?

Come è noto, il decreto salva casa (D.L. 69/2024) ha introdotto alcune modifiche significative per il cambio di destinazione d’uso degli immobili, senza opere, anche tra categorie funzionali diverse, semplificando e rendendo meno complesso il requisito della doppia conformità in caso di sanatoria di abusi lievi.

Ricordiamo brevemente, che secondo il decreto salva casa, per gli abusi più leggeri, la doppia conformità è limitata all’accertamento del rispetto:

  • della disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda, disciplina che meglio può rappresentare gli interessi attuali del territorio;
  • dei requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione dell’intervento.

Nel caso discusso dal Tar Lazio, nell’eventualità di abuso lieve senza nuove opere edilizie, la doppia conformità, anche in questo caso, non sarebbe stata verificata poiché il cambio di destinazione d’uso da magazzino pertinenziale ad autofficina non rispetta la normativa urbanistica al momento della richiesta della sanatoria.

Infatti, più in dettaglio, si legge nella sentenza che al momento della presentazione dell’istanza di accertamento di conformità (art. 36 D.P.R. 380/2001):

la civica amministrazione ha, altresì, rilevato che, ai sensi dell’art. 4 N.T.A. del vigente P.R.G. “il locale completamente interrato, in precedenza destinato a magazzino, e quindi escluso dal computo della SUL, con la trasformazione a laboratorio determina un incremento di SUL su lotto completamente edificato” in tal modo determinandosi un asserito contrasto con l’art. 48, co. 3, lett. D), N.T.A. P.R.G. (che vieta eventuali interventi di ampliamento nel tessuto urbano in questione)

 

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