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Gli italiani che hanno alcuni debiti specifici con l’Agenzia delle Entrate potrebbero avere il proprio conto corrente bloccato.

Avere dei debiti con una persona non è mai piacevole, se poi tali debiti non sono nei confronti di un privato ma del Fisco allora la situazione è ancora più insostenibile. Gli italiani che hanno proprio questo tipo di debiti sanno benissimo che l’Agenzia delle Entrate gli è proprio con il fiato sul collo e il pagamento deve avvenire in breve tempo per scongiurare problemi ancora più gravi.

Il conto corrente sarà bloccato in caso di debiti con il fisco – Arabonormannaunesco.it

Coloro che hanno un debito con il Fisco pari o superiore a 5mila euro non avranno, poi, nemmeno liquidati la pensione o il TFR. L’esistenza di un debito con l’Agenzia delle Entrate e della Riscossione può infatti causare un ritardo nel pagamento della pensione e del TFR, poiché attiva il servizio di verifica degli inadempimenti, che a sua volta segnala all’AdER ai fini delle necessarie azioni di recupero.

Debiti con il Fisco: in questi casi avrai il conto corrente bloccato

L’articolo 48 bis del D.P.R. del 29 settembre 1973 prevede che le Amministrazioni Pubbliche e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare a qualunque titolo il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, devono verificare se il beneficiario sia inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento.

Conto corrente bloccato
Conto corrente bloccato in caso di debiti con il fisco – Arabonormannaunesco.it

Se l’ammontare complessivo è pari o superiore a 10mila euro allora non si avrà il pagamento della pensione o del TFR. Inoltre il tutto sarà segnalato all’agente della riscossione competente per il territorio. La legge di bilancio per il 2018 ha poi modificato il limite oltre cui scatta la suddetta verifica degli inadempimenti da 10.000 euro a 5.000 euro.

Per quanto detto fino ad ora, le somme dovute a titolo di pensione, di indennità o altri assegni di quiescenza, non possono quindi essere pignorate per un ammontare corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un minimo di 1.000 euro (INPS, circ. 23/2023).

Vediamo ora i limiti di impignorabilità. La pensione non può essere pignorata per un importo inferiore a 1.000 euro mentre, oltre al minimo vitale, la pensione non può essere pignorata per un importo corrispondente al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale. Per il 2023, questo ammontare è pari a € 1.006,64.

Le somme eccedenti i limiti sopra indicati possono essere pignorate secondo le seguenti fasce: 1/10 per importi fino a 2.500,00 euro; 1/7 per importi da 2.500,00 a 5.000,00 euro e 1/5 per importi superiori a 5.000,00 euro. Le somme accreditate sul conto corrente a titolo di pensione possono essere pignorate con le stesse modalità indicate sopra, tenendo conto del triplo dell’assegno sociale.

In pratica significa che le somme pignorabili sono quelle eccedenti il triplo dell’assegno sociale (3.019,92 euro per il 2023) se l’accredito è avvenuto prima del pignoramento. Se l’accredito avviene in data di pignoramento o successivamente, si applicano le fasce di pignorabilità indicate sopra (1/10, 1/7, 1/5).

Invece il TFR è pignorabile per un quinto, ossia per il 20% mentre le somme accantonate in un fondo pensione non sono pignorabili durante la fase di accumulo. Queste diventano pignorabili solo dopo la riscossione sotto forma di rendita o capitale. Dal canto suo il debitore pignorato può opporsi al pignoramento se ritiene che siano stati violati i suoi diritti. L’opposizione deve essere presentata al Tribunale in funzione di Giudice dell’esecuzione.

 

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