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Anno nuovo, nuovi limiti per il pignoramento dello stipendio del lavoratore. Cosa cambia con il 2024? Quali sono i vincoli del pignoramento? In sintesi, dal 1° gennaio 2024, qual è l’importo dello stipendio che può essere pignorato?

Il problema si pone sia se lo stipendio è ancora in mano al datore, sia se la retribuzione sia stata già accreditata sul conto corrente del lavoratore.

La legge (l’art. 545 del c.p.c.) stabilisce che le somme, che sono dovute come stipendio o salario o altra indennità relativa al rapporto di lavoro, possono essere oggetto di pignoramento. Tuttavia, non è pignorabile tutto l’ammontare dello stipendio: c’è un limite da rispettare.

Qual è la soglia da non superare?

Innanzitutto, il pignoramento è la procedura diretta al recupero di un credito. Il pignoramento dello stipendio rientra nell’ambito del c.d. pignoramento presso terzi (art. 543 del c.p.c.): la procedura ha ad oggetto beni del debitore (lo stipendio del lavoratore) che sono nella disponibilità di terzi (il datore, la banca o l’ufficio postale).

Come detto, ci sono dei limiti da rispettare. Questo perché si vuole garantire al lavoratore il c.d. minimo vitale. In sintesi, l’ammontare corrispondente al c.d. “minimo vitale” è impignorabile, mentre la parte rimanente potrà essere aggredita.

La legge (l’art. 545 del c.p.c.) precisa che, in linea generale, lo stipendio del lavoratore può essere pignorato nella misura di un quinto. In pratica, il minimo vitale è rappresentato dai quattro quinti dello stipendio. Dunque, se lo stipendio netto del lavoratore è di 1.000 euro, potrà essere pignorata solo la somma di 200 euro, mentre i restanti 800 euro corrispondono al minimo vitale impignorabile.

Però, ci sono casi in cui si può oltrepassare la soglia di un quinto. Il codice (art. 545 del c.p.c.) prevede che, se un soggetto è debitore simultaneamente per più motivi (ad esempio, non ha pagato il compenso all’avvocato e non ha pagato tributi allo Stato), il pignoramento può superare la soglia di un quinto, ma non può andare oltre la metà dell’ammontare della somma.

Allora, ai sensi del codice di procedura civile (art. 545 del c.p.c.), nel caso di accredito dello stipendio su conto bancario o postale intestato al debitore, bisogna fare un discorso diverso. Infatti, per lo stipendio già accreditato sul conto corrente in data precedente al pignoramento, allora il pignoramento potrà esserci soltanto per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale.

Proprio in relazione al caso in cui il creditore aggredisca lo stipendio già accreditato sul conto del lavoratore, occorre guardare all’aggiornamento annuale della somma massima pignorabile. Infatti, come detto, la somma può essere pignorata per l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale e, di anno in anno, l’assegno sociale è soggetto a rivalutazione in base all’inflazione accertata dall’INPS: cioè, ogni anno, il valore dell’assegno sociale viene modificato e, quindi, cambia anche l’importo entro cui lo stipendio può essere pignorato.

Nel 2023, con un assegno sociale pari a 503,27 euro, il pignoramento non era possibile sotto la soglia dei 1.509,81 euro. Invece, quali sono i nuovi limiti per l’aggressione del conto corrente a partire dal 1° gennaio 2024? Quest’anno l’importo dell’assegno unico è aumentato del 5,4%: cioè, è passato da 502,27 euro a 534,41 euro.

Pertanto, nel 2024, con un assegno sociale di 534,41 euro, il limite, oltre cui è possibile procedere a pignoramento, è stato innalzato a 1.603,23 euro. Ad esempio, se il lavoratore ha un conto corrente con 3.000 euro, si potrà pignorare soltanto la somma di 1.395,77 euro.

E per lo stipendio accreditato alla data del pignoramento o dopo? Il codice (ancora l’art. 545 del c.p.c.) precisa che, di regola, queste somme potranno essere pignorate nel limite di un quinto.



 

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