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La Corte di Giustizia UE, Seconda Sezione, con sentenza dell’8 maggio 2024, resa nella causa C‑20/23 (Pres. Prechal, Rel. Biltgen), si è pronunciata sull’interpretazione dell’art. 23, paragrafo 4, della Direttiva (UE) 2019/1023, sulla ristrutturazione e sull’insolvenza, ovvero se tale norma possa consentire l’esclusione dalla procedura di esdebitazione di una categoria specifica di debiti, diversa da quelle elencate in tale disposizione, come quelli tributari e previdenziali.

La Corte ritiene che dall’interpretazione letterale di tale articolo – corroborata dal considerando 81 della Direttiva – risulta che il legislatore UE ha considerato che gli Stati membri dovrebbero poter escludere ulteriori categorie di debiti, ove debitamente giustificato: pertanto, l’elenco delle categorie specifiche di debiti in esso contenuto non ha carattere esaustivo e gli Stati membri hanno la facoltà di escludere dall’esdebitazione categorie specifiche di debiti diverse da quelle elencate in tale disposizione, in casi debitamente giustificati.

Le motivazioni di tali deroghe devono risultare dal diritto nazionale o dal procedimento che ha condotto a queste ultime e che tali motivazioni devono perseguire un interesse pubblico legittimo: d’altro canto la Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza non esige che la giustificazione dell’esclusione venga fornita nell’atto stesso destinato a trasporre tale direttiva.

Infatti, ben può essere contenuta nei lavori preparatori, nei preamboli e nelle esposizioni delle motivazioni degli atti legislativi o regolamentari che prevedono tale esclusione; la giustificazione può risultare anche da altre disposizioni del diritto nazionale diverse da quella contenente tale esclusione, come una disposizione costituzionale, legislativa o regolamentare nazionale.

Il Giudice del rinvio chiedeva inoltre alla Corte se gli Stati membri avessero quindi la facoltà di escludere dall’esdebitazione, nello specifico, i debiti tributari e i debiti previdenziali, e di attribuire loro in tal modo uno status privilegiato.

Secondo la Corte, né la Direttiva sulla ristrutturazione e sull’insolvenza né i lavori preparatori della stessa contengono elementi idonei a corroborare la tesi secondo cui, alla luce della coerenza interna delle categorie di debiti espressamente contemplate all’art. 23, paragrafo 4, della Direttiva, il legislatore dell’Unione intendesse limitare il margine di discrezionalità degli Stati membri in ordine all’esclusione dall’esdebitazione di categorie di debiti diverse da quelle elencate in detta disposizione, come i debiti tributari e i debiti previdenziali: pertanto, tale norma non restringe il margine di discrezionalità di cui gli Stati membri dispongono in merito alla scelta delle categorie di debiti diverse da quelle elencate nell’art. 23, che essi intendono escludere dall’esdebitazione.

Conclusivamente, secondo la Corte tale articolo va interpretato nel senso che:

  • un’esclusione dall’esdebitazione di una categoria specifica di debiti diversa da quelle elencate nella disposizione sopra citata è possibile soltanto qualora tale esclusione sia debitamente giustificata in virtù del diritto nazionale
  • gli Stati membri hanno la facoltà di escludere dall’esdebitazione talune categorie specifiche di debiti, quali i debiti tributari e i debiti previdenziali, e di attribuire loro in tal modo uno status privilegiato, purché tale esclusione sia debitamente giustificata in virtù del diritto nazionale.

 

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