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La Corte di Cassazione, con la sentenza del 23 ottobre 2018, n. 26701, si pronuncia per la prima volta su un tema mai affrontato, ossia l’applicabilità dell’art. 2643 n. 9 c.c. – in materia di trascrizione – alla cessione d’affitto d’azienda.

Secondo i giudici, la cessione del canone derivante dal contratto di affitto di azienda è opponibile al creditore pignorante solo qualora sia stata debitamente trascritta ai sensi dell’art. 2643 n. 9 c.c.

La prefata norma si riferisce anche ai corrispettivi per l’affitto di un’azienda, fra i cui beni sia compreso un immobile; la figura dell’affitto di azienda (art. 2562 c.c.), infatti, è riconducibile alla fattispecie cui all’art. 1615 c.c. e, quindi, la nozione di fitto, di cui al detto n. 9 è idonea a comprendere anche il corrispettivo dell’affitto di azienda.

Il Comune di Levanto agisce con un’espropriazione di crediti presso terzi per recuperare dei tributi locali. Il pignoramento aveva riguardato le somme dovute a titolo di canoni dell’affitto d’azienda relativamente al contratto stipulato dal locatore (debitore) con l’affittuario (terzo pignorato). Il debitore esecutato aveva in godimento la suddetta azienda – di proprietà della suocera – grazie ad un contratto di comodato gratuito e aveva locato l’immobile, in cui si svolgeva l’attività di panificazione, con un affitto d’azienda. L’affittuario (terzo pignorato) dichiarava di non dovere nulla al debitore esecutato (locatore) perché gli era stato notificato l’atto di cessione del credito, da parte del locatore, alla suocera – proprietaria dell’azienda che aveva concesso in godimento al genero – riguardo ai canoni d’affitto nella misura di 80.000,00 euro e da quella data aveva versato alla cessionaria i canoni fino a concorrenza di quell’importo. Il Giudice dell’Esecuzione assegnava le somme pignorate al Comune, reputando che si trattasse di cessione di crediti futuri e non fosse opponibile al creditore pignorante.

L’ordinanza veniva opposta dal debitore esecutato (locatore), dal terzo pignorato (affittuario) e dalla cessionaria del credito (titolare dell’azienda).

Riassumendo: un creditore agisce con un pignoramento presso terzi al fine di recuperare il dovuto. Il terzo pignorato – che avrebbe dovuto corrispondere l’affitto d’azienda al debitore esecutato – gli eccepisce la cessione dell’affitto d’azienda. Quindi, la questione da risolvere riguarda l’opponibilità al creditore pignorante della cessione dei canoni locatizi

Vediamo come si è pronunciata la Suprema Corte.

In buona sostanza, occorre acclarare se la cessione del canone derivante dal contratto di affitto di azienda sia opponibile al creditore pignorante. Prima di affrontare la questione, ricordiamo brevemente cosa s’intende con affitto d’azienda. La cessione del godimento dell’azienda può avvenire tramite usufrutto o affitto, come previsto dagli artt. 2561 e 2562 c.c.. L’affitto costituisce una species del genus locazione, in cui la caratteristica precipua risiede nella natura della cosa locata, che è una res produttiva1. L’azienda, per definizione codicistica, è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa (art. 2555 c.c.). L’affitto di azienda, quindi, riguarda la cessione del godimento di un complesso unitario di beni, tra i quali il bene immobile che, seppur in posizione principale, si trova in rapporto di complementarietà con gli altri2.

In linea generale, non sono opponibili al creditore pignorante le cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto (o accettate dal medesimo) successivamente al pignoramento (art. 2914 n. 2 c.c.). Tuttavia, nel caso di specie, non si tratta di una cessione di credito tout court, ma di una cessione di canoni derivanti dall’affitto d’azienda, per la cui opponibilità al creditore, se ricorrono le condizioni richieste dalla norma, occorre la trascrizione ex art. 2643 n. 9 c.c.

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Il ricorrente, tra i vari motivi3 di ricorso, contesta l’affermazione del Tribunale secondo cui la cessione dei canoni di locazione, per essere opponibile al creditore pignorante, debba essere trascritta ai sensi del combinato disposto degli artt. 2918 e 2643 n. 9 c.c., poiché di durata superiore al triennio. In particolare, la prima norma (art. 2918 c.c.), rubricata “cessione e liberazioni di pigioni e fitti”, dispone che4:

  • le cessioni di affitti non ancora scaduti per un periodo eccedente i tre anni non producono effetto nei confronti del creditore pignorante (e dei creditori intervenuti), se non sono trascritte anteriormente al pignoramento;
  • le cessioni di affitti per un periodo inferiore ai tre anni non trascritte non producono effetto se non hanno data certa anteriore al pignoramento e non oltre il termine di un anno dallo stesso;
  • le cessioni di affitti per un periodo superiore ai tre anni non trascritte non producono effetto se non hanno data certa anteriore al pignoramento e non oltre il termine di un anno dallo stesso.

La seconda disposizione (art. 2643 n. 9 c.c.) impone la trascrizione degli atti5 da cui derivi la cessione di affitti non ancora scaduti per un termine maggiore di tre anni.

Orbene, la quaestio iuris è la seguente: se la cessione dei canoni di affitto d’azienda rientri nell’ambito di applicazione della norma di cui sopra. La Corte, pur ritenendo infondato il motivo di ricorso, si pronuncia ugualmente ex art. 363 c. 3 c.p.c., infatti, la questione viene considerata di particolare importanza, anche in considerazione della mancanza di precedenti in materia. 

Secondo il Collegio, l’art. 2643 n. 9 c.c., in tema di trascrizione, si riferisce anche ai canoni per l’affitto di un’azienda, fra i cui beni sia compreso un immobile, esattamente come nel caso di specie. La figura dell’affitto d’azienda (art. 2562 c.c.) rientra nella fattispecie di cui all’art. 1615 c.c., in cui si menzionano “la gestione e il godimento della cosa produttiva”; dunque, la nozione di fitto, citato al n. 9 dell’art. 2643 c.c., è idonea a comprendere anche il corrispettivo dell’affitto di azienda.

La Corte precisa come il richiamo all’art. 1615 c.c. – da cui consegue l’applicabilità dell’art. 2643 n. 9 c.c. – non configura un’interpretazione analogica né estensiva, ma si tratta di un’esegesi sistematica delle norme in discorso.

Tale decisione consente di risolvere eventuali conflitti tra più cessionari dello stesso credito (in materia di affitto d’azienda) o tra il cessionario del credito e l’acquirente del bene affittato. 

Esemplifichiamo.

Innanzitutto, se il locatore (creditore cedente) cede il canone di locazione al terzo cessionario, il conduttore (debitore ceduto) dovrà versare l’affitto a quest’ultimo.

Ciò premesso, tra più aventi causa dallo stesso dante causa, ossia tra più cessionari dello stesso credito, avente ad oggetto la cessione dell’affitto d’azienda, prevale chi tra i due abbia trascritto per primo la cessione del credito di durata ultratriennale.

In caso di conflitto tra acquirente del bene affittato e cessionario del credito, accade quanto segue:

  • se la cessione ha durata superiore a 3 anni e viene trascritta, è opponibile all’acquirente e prevale il cessionario;
  • se la cessione ha durata superiore a 3 anni e non viene trascritta, la cessione non è opponibile all’acquirente per i canoni dovuti oltre il triennio;
  • se la cessione ha durata inferiore a 3 anni, non deve essere trascritta ed è opponibile (dal cessionario all’acquirente) se ha data certa (art. 2704 c.c.)

Sino ad oggi, l’art. 2643 n. 9 c.c. è stato interpretato come se riguardasse unicamente i canoni relativi a contratti di locazione o di affitto di beni immobili, atteso che si tratta di una disposizione dettata in materia di trascrizione. Tuttavia, mentre il numero 8 dell’art. 2643 c.c. fa cenno ex professo ai beni immobili, con riferimento alla trascrizione nei registri immobiliari dei contratti di locazione ultranovennale, così non accade nel numero 9. La pronuncia in commento, con un’interpretazione sistematica, fa rientrare nel citato n. 9 i contratti aventi ad oggetto la cessione di canoni dovuti per l’affitto di un’azienda, fra i cui beni sia compreso un immobile. In particolare, la Corte, stante la particolare rilevanza della questione, ha enunciato il seguente principio di diritto: 

«L’art. 2643 c.c., n. 9, là dove dispone che sono soggetti all’onere della trascrizione gli atti e le sentenze da cui risulta liberazione o cessione di pigioni o di fitti non ancora scaduti, per un termine maggiore di tre anni, si riferisce anche ai corrispettivi per l’affitto di un’azienda, fra i cui beni sia compreso un immobile, in quanto la figura dell’affitto di azienda, di cui all’art. 2562 c.c., è riconducibile a quella fattispecie di locazione indicata dall’art. 1615 c.c., con l’espressione gestione e godimento della cosa produttiva e, pertanto, la nozione di fitto, di cui al detto n. 9 è idonea a comprendere anche il corrispettivo dell’affitto di azienda»

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