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Anche i conti correnti situati fuori dall’Italia possono essere pignorati, ma la procedura è più complicata ed è difficile venire a conoscenza della loro esistenza.

Quando si hanno molti debiti, sia con i privati, sia con il fisco, sono numerose le soluzioni che si cerca di adottare nel tentativo di sfuggire alle azioni di recupero. Tra queste c’è il ricorso a conti correnti situati fuori dall’Italia e, in alcuni casi, dall’Europa. Tra tutti questi il più utilizzato è PayPal. Ma immancabilmente sorge una domanda: si può pignorare un conto all’estero? Un creditore potrebbe bloccarlo?

Sì, è possibile, ma non è così semplice. Cerchiamo di comprendere cosa dice la legge, come fa il creditore a sapere che possiedi un conto all’estero e quale procedura dovrebbe adottare per attuare il pignoramento.

I conti all’estero sono pignorabili?

Per legge, ogni cittadino risponde dei propri debiti con tutti i suoi beni presenti o futuri (quelli cioè che dovessero pervenirgli in futuro) [1]. Quindi, il debitore risponde anche con i beni ubicati all’estero, quale che sia il creditore, privato o pubblico. Un creditore italiano così come può pignorare una casa situata in Francia, può altresì pignorare un conto corrente in una banca tedesca, lituana, svizzera o anche cinese.

Dobbiamo quindi concludere che, almeno in astratto, i conti correnti in banche estere sono pignorabili.

Se poi si tratta di banche situate in Paesi ritenuti “Paradisi fiscali” (ossia collocati nella famosa black list) dell’Agenzia delle Entrate, scatta anche la presunzione di evasione fiscale; in tal caso spetta al contribuente difendersi e dimostrare che il denaro ivi depositato è stato dichiarato o comunque proviene da fonti lecite.

Come fa il creditore a sapere che ho un conto all’estero?

La difficoltà, per il creditore, di aggredire i conti situati in istituti di credito fuori dall’Italia è, semmai, di natura pratica, e non giuridica, dal momento che egli dovrebbe innanzitutto essere a conoscenza dell’esistenza di tali conti e, in secondo luogo, del nome dell’Istituto presso cui sono depositati.

Non esiste peraltro un registro dei conti correnti all’estero, così come invece è previsto per i conti italiani. Cerchiamo di spiegarci meglio.

Qualche anno fa, la legge ha istituito l’Anagrafe dei rapporti tributari, meglio conosciuta come Anagrafe dei conti correnti. Si tratta di un database in uso al Fisco (ossia all’Agenzia delle Entrate) ed alimentato con le informazioni che gli stessi istituti di credito forniscono. In particolare ogni banca deve indicare tutti i rapporti in essere con i propri clienti: numero di conto corrente, deposito, lista movimenti, contratti di deposito titoli, investimenti, cassette di sicurezza, ecc.

Tali informazioni vengono poi utilizzate dal fisco per scovare l’evasione. Tuttavia la legge consente anche ai creditori, muniti di titolo esecutivo (ad esempio una sentenza di condanna, un decreto ingiuntivo definitivo, un assegno o una cambiale) di accede all’Anagrafe dei conti correnti per verificare presso quale istituto di credito il debitore ha il conto e procedere al pignoramento.

Come dicevamo sopra, tale Anagrafe non contiene l’indicazione dei conti correnti all’estero. Ma come fa allora il creditore a pignorarli? Il problema potrebbe essere superabile in due modi.

Se il debitore ha regolarmente denunciato il conto corrente al Fisco, il creditore potrebbe chiedere all’ufficiale giudiziario di rivolgersi all’Anagrafe Tributaria per l’individuazione dei beni del debitore [2]. L’esistenza dei conti all’estero (per esempio, in Svizzera) risulterà dunque immediatamente dai registri dell’Agenzia delle Entrate.

In secondo luogo, avviando un pignoramento mobiliare, con conseguente un accesso al luogo di residenza o alla sede legale del debitore, l’ufficiale giudiziario che non trovi beni sufficienti da pignorare, ingiunge al debitore di rivelargli l’esistenza di ulteriori beni. A tal punto, dovrebbe stare nella “buona fede” del soggetto pignorato rivelare eventuali conti esteri.

È verosimile tuttavia che, pur essendo la falsa dichiarazione al pubblico ufficiale un illecito grave, nessuno fornirà facilmente tali dati.

Insomma non è affatto facile sapere se qualcuno ha un conto in un altro paese. Spesso, bisogna assumere investigatori privati, e questo costa caro.

Come si fa il pignoramento dei conti esteri?

Ammettiamo che il creditore venga a conoscenza dell’esistenza del conto estero. A questo punto scatta un secondo problema: quello della procedura. Si tratta di una procedura più complessa rispetto a un conto italiano.

Dal punto di vista procedurale, la sentenza di condanna emessa dal giudice italiano è titolo per l’espropriazione in un Paese estero che ha aderito alla “Convenzione concernente l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale” [3].

Con gli altri Stati invece sono previste appositi accordi bilaterali.

Se si vuole bloccare un conto all’estero, serve una procedura speciale che richiede l’aiuto di un avvocato esperto in queste questioni internazionali. Potresti avere bisogno anche di qualcuno che traduca i documenti legali.

Tentare di bloccare un conto all’estero ha poi dei costi superiori a quelli per i conti nazionali. Le spese legali sono maggiorate per via delle notifiche internazionali.

Sicuramente c’è un’enorme differenza se il conto è in un paese dell’Unione Europea o fuori.

Per i Paesi dell’UE ci sono delle regole comuni che possono semplificare un po’ le cose. Ma comunque devi fare riconoscere il tuo diritto a bloccare i soldi nel paese dove si trova il conto.

Per i Paesi fuori dall’UE il discorso si complica tutto. Alcuni Stati potrebbero non riconoscere la decisione di un giudice italiano.

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