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  • Oggi chi ha un immobile può proporlo ai turisti tramite la modalità dell’affitto breve: entro certe soglie non si rientra ancora nell’attività imprenditoriale.
  • La cedolare secca secondo le regole italiane non si applica su immobili affittati a titolo imprenditoriale, ovvero nel caso in cui il proprietario conduca una vera e propria attività redditizia nel tempo.
  • Nel caso di un B&B non imprenditoriale la cedolare secca si può applicare, secondo le più recenti normative, al 21% sul primo immobile locato oppure al 26% secondo gli ultimi aumenti stabiliti dalla manovra 2024.

Intorno alle regole fiscali che riguardano l’affitto di immobili a fini turistici possono sorgere diversi dubbi: è possibile avvalersi della cedolare secca per un B&B condotto in modo non imprenditoriale? Quando costa e come deve essere versata questa tassa?

Se da un lato le regole per l’ordinaria locazione sono piuttosto lineari, quando si parla di affitti brevi la situazione si complica, per cui bisogna fare attenzione a rispettare tutte le normative per non incorrere in sanzioni di vario genere.

Inoltre nel 2024 le disposizioni intorno agli affitti brevi sono cambiate, per cui la cedolare secca ha subito un aumento considerevole di aliquota. Ma vediamo un passo alla volta come funziona la cedolare secca nel caso di un B&B o un affitto breve condotto non a livello imprenditoriale.

Cedolare secca per B&B: quando si può applicare

Bisogna fare un’importante premessa a proposito della tassazione esistente sugli affitti brevi e sui Bed & Breakfast: la cedolare secca altro non è che un particolare strumento fiscale di vantaggio applicato sui guadagni che derivano da alcuni tipi di locazioni.

Di fatto questa tassa va a sostituire l’IRPEF e le addizionali, l’imposta di registro e quella di bollo sul contratto, rivelandosi molto più vantaggiosa rispetto alla tassazione ordinaria. La cedolare secca quest’anno può variare, come vedremo tra poco, dal 21% al 26%. Tuttavia non è applicabile sempre, ma solo in determinate circostanze.

Le regole generali stabiliscono che non si possa applicare se gli immobili concessi ad uso abitativo sono utilizzati per esercitare un’attività di impresa, arti o professioni. In altre parole, chi affitta case con finalità di guadagno in termini di attività, non può usufruire dell’aliquota vantaggiosa e in questo caso si applica l’IRPEF stabilita normalmente per questo genere di redditi.

Andando ad escludere le attività di impresa, un proprietario di casa che vuole mettere a disposizione un proprio immobile o parte di esso per un affitto breve a turisti o persone di passaggio, può avvalersi della cedolare secca. In particolare la legge n. 50/2017 detta anche “Tassa Airbnb” consente di avvalersi dell’agevolazione per finalità turistiche, per affitti brevi che rispettano determinati limiti, non rientrando quindi in attività imprenditoriali.

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B&B non imprenditoriale: la definizione

bed and breakfast cedolare seccabed and breakfast cedolare secca

Un proprietario di casa che intende affittare l’immobile a scopi abitativi, proponendolo come B&B, sta avviando un’attività di tipo imprenditoriale? In generale abbiamo visto che se non si è organizzati in forma di impresa, ovvero non è presente una partita Iva, si può parlare di affitto breve o B&B imprenditoriale. Ma come stabilirlo?

La legge italiana su questo è chiara: non è considerata attività imprenditoriale, quindi può avvalersi della cedolare secca, il proprietario di immobili che gestisce meno di quattro appartamenti proponendo affitti brevi di tipo turistico. Di fatto quindi il proprietario di una casa che per brevi periodi (non superiori a 30 giorni) propone lo spazio abitativo ai turisti, non sta svolgendo attività vera e propria se rispetta questi limiti.

Questo è valido anche se durante l’anno lo stesso appartamento viene proposto con la modalità dell’affitto breve a più persone. Diventa obbligatorio invece aprire una partita Iva, se gli immobili coinvolti sono più di 4. Da qui scatta l’imposizione IRPEF.

Bisogna tuttavia evidenziare un altro aspetto, che riguarda in modo specifico i Bed & Breakfast: la cedolare secca è possibile solamente se il proprietario dell’immobile non offre servizi aggiuntivi. In tal caso, pensiamo ad esempio a servizio bar, ristorazione o altro, l’attività è necessariamente di tipo imprenditoriale.

Una recente circolare pubblicata dall’Agenzia delle Entrate1 spiega che nelle locazioni brevi sono invece incluse le attività di pulizia dei locali e la fornitura di biancheria.

In breve, una definizione affitti brevi è proposta dall’art. 4 del DL 50/2017: sono contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, inclusi quelli con servizi di biancheria e pulizia, stipulati da persone fisiche al di fuori dell’esercizio d’impresa, direttamente o tramite intermediari immobiliari o portali telematici.

Cedolare secca senza partita Iva: novità 2024

La cedolare secca in linea generale si può applicare laddove il proprietario di casa non ha una partita Iva, ovvero sta solamente affittando il proprio spazio per un periodo limitato di tempo. Sugli affitti brevi la Legge di Bilancio 2024 è intervenuta apportando alcune novità, tra cui l’innalzamento dell’aliquota della cedolare secca.

Molto schematicamente, la manovra ha introdotto una cedolare secca suddivisa in due distinte percentuali, che si applicano in questo modo:

  • cedolare secca al 21% solamente sul primo immobile o appartamento destinato all’affitto breve;
  • cedolare secca al 26% per tutti gli immobili a partire dal secondo, destinati all’affitto breve, ovvero fino al quarto compreso.

Questo non toglie che superata la soglia di 4 immobili locati in questo modo, la cedolare secca non si può più applicare, lasciando spazio alla tassazione IRPEF e all’obbligo di aprire una partita Iva. L’agevolazione quindi scatta quando non è presente una partita Iva e l’attività non è di tipo imprenditoriale.

In breve, rientrano nella definizione di affitti brevi gli immobili a uso abitativo (ad esclusione della categoria catastale A/10), con durata massima di 30 giorni e locatore che pone in affitto in questo modo al non più di 4 immobili. La locazione può essere diretta o tramite intermediari come piattaforme online.

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Come si paga la cedolare secca con Airbnb

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Chi svolge l’attività di affittacamere o gestisce immobili in modo imprenditoriale paga le tasse tramite IRPEF comunicando il ricavato in dichiarazione dei redditi, come accade normalmente per tutte le attività di impresa. Vediamo invece come devono pagare la cedolare secca coloro che beneficiano di questa agevolazione, ovvero chi ha uno spazio per affitti brevi non organizzato in forma di attività redditizia.

Alcune piattaforme online di intermediazione tra proprietari di casa e turisti negli ultimi anni si sono adeguate alle normative italiane, diventando di fatto sostituti di imposta. In questi casi la tassa viene già accantonata dalla piattaforma rilevandola al proprietario, da una quota del pagamento del turista.

In breve, se gli intermediari immobiliari o i portali incassano i canoni, devono operare una ritenuta del 21% a titolo d’acconto all’atto del pagamento al locatore, anche con cedolare secca. Il locatore poi determinerà l’imposta dovuta in dichiarazione, scomputando le ritenute.

Successivamente infatti, proprio come fanno i datori di lavoro per i propri dipendenti, le piattaforme versano quanto dovuto al fisco per conto del proprietario. Un esempio di sito che funziona in questo modo è Airbnb, che recentemente ha chiesto a tutti i proprietari di casa registrati se desiderano versare la tassa in autonomia o tramite la piattaforma.

Se si opta per avere Airbnb come sostituto di imposta, quest’ultimo invierà ogni anno la Certificazione Unica che il proprietario deve poi presentare insieme alla propria dichiarazione dei redditi, inserendola tra quelle derivate da altri sostituti, ad esempio dal datore di lavoro.

Bisogna però considerare che oltre alla cedolare secca, nelle diverse regioni italiane è presente anche l’imposta di soggiorno: in questo caso le regole variano in base alla zona, per cui si consiglia di informarsi al proprio Comune.

Non tutte le piattaforme risultano sostituti di imposta, per cui nel caso questo mancasse bisogna procedere in autonomia a dichiarare i redditi e versare le imposte dovute, anche con l’aiuto di un commercialista.

Adempimenti degli intermediari non residenti

Vediamo in breve come devono procedere gli intermediari non residenti in Italia, tenendo presente che le regole cambiano in base alla situazione:

  • se hanno stabile organizzazione in Italia: devono effettuare gli adempimenti tramite la stabile organizzazione;
  • se residenti in UE senza stabile organizzazione in Italia: possono adempiere direttamente o nominare un rappresentante fiscale (secondo l’adeguamento a sentenza Corte UE che vieta l’obbligo di rappresentante);
  • se residenti extra-UE con stabile organizzazione in altro Stato UE: devono adempiere tramite la stabile organizzazione UE;
  • se residenti extra-UE senza stabile organizzazione in UE: devono nominare un rappresentante fiscale in Italia, altrimenti risponde solidalmente il gruppo di appartenenza residente in Italia.

Cos’è il CIN e quando è obbligatorio

Dal 2023 è previsto in Italia un Codice Identificativo Nazionale per ogni immobile destinato ad affitti brevi. I proprietari quindi sono obbligati a richiedere il CIN tramite la piattaforma messa a disposizione dal Ministero del Turismo.

Questo codice deve essere esposto all’esterno dell’immobile, ma anche indicato sempre all’interno di ogni annuncio che riguarda l’affitto breve. Questo adempimento obbligatorio scatta dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dell’avviso di operatività della banca dati nazionale delle strutture ricettive presso il Ministero del Turismo.

Chi non rispetta queste regole può essere sanzionato in denaro con multe da 500 a 8.000 euro sia nel caso di affitto senza CIN, sia per la mancata indicazione del codice negli annunci, sia se le unità immobiliari sono prive dei requisiti minimi di sicurezza (come estintori e rilevatori di gas).

 

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